Active Heed HIGHER DIMENSIONS
[Uscita: 30/06/2014]
# Consigliato da Distorsioni
Umberto Pagnini, l’Alan Parsons di Milano, pubblica il suo secondo album a nome Active Heed. Perché il paragone con Alan Parsons? Perché Pagnini, autore di testi e musiche dei suoi dischi, è un vero e proprio “deus ex machina” che segue ogni fase dello sviluppo e della produzione del suo lavoro ma, al tempo stesso, agisce dietro le quinte, preferendo affidare a professionisti di sua fiducia l’intera esecuzione, quasi come un moderno direttore d’orchestra. Rispetto al precedente album “Visions from realities”, in questo nuovo “Higher dimensions” troviamo riconfermato nella squadra soltanto il cantante PelleK, dal caldo e suadente timbro che evoca quello di molti protagonisti delle attuali produzioni prog scandinave. In Higher dimensions suonano inoltre Gian Maria Roveda alla batteria, Mirco Ravenoldi alle chitarre e Cristiano Roversi, che si alterna tra tastiere e basso. Quest’ultimo è un nome da anni ormai molto noto agli amanti del progressive rock, fondatore di bands apprezzate come i Moongarden, i Catafalchi del Cyber o i CCLR, con l’ex-PFM Bernardo Lanzetti e con Gigi Cavalli Cocchi (drummer anche per Ligabue). Tornando agli Active Heed, le atmosfere romantiche che caratterizzavano l’album di debutto, decisamente più soft e acustico, ricevono qui una energica sterzata verso il prog-metal, come si può notare fin dalla opener The war of tempos.
Questo genere è però, con maestria, gusto e personalità, stemperato, come una pozione in un alambicco, con il gusto e lo stile caratteristico di molte produzioni britanniche a cavallo del decennio 1976-1986, diciamo dai Genesis di “A trick of the tail” agli IQ di “Nomzamo”, giusto per indicare due coordinate di riferimento di massima. A tal proposito gli esempi più riusciti di questo ottimo album sono A little bit expired, che sembra partorita dallo Steve Hackett della sua produzione solista più ispirata, e Kick-ass Grammar, che addirittura non sfigurerebbe in una extended version di “Duke”, mentre in Gaps in time gli intrecci delle chitarre acustiche, il flauto, le ondate del Mellotron e gli arabeschi dell’organo non possono non farci pensare alle più nobili espressioni del prog dei primi ’70. In A pet called Prime, invece, la batteria mixata alta, secondo un escamotage stilistico caro a Phil Collins, evoca i Genesis di Squonk. Viceversa, The numbers of God e No speed limit sono i capitoli più affini al mondo metal. Active Heed è, insomma, un progetto che per gusto, stile e personalità sembra destinato a imporsi sul podio delle migliori produzioni prog-rock italiane in questi Anni ’10 del terzo millennio.
Commenti →