Marc Almond DANCING MARQUIS
[Uscita: 07/07/2014]
Se siete inguaribili fan di Marc Almond per voi ci sono due buone notizie. La prima è che Marc pubblica un nuovo disco dopo un periodo di scarsa produzione, dovuta anche a un grave incidente in moto. La seconda è che il disco è piacevole. Certo, intendiamoci, nel suo caso come in quello di molti altri, ci troviamo di fronte ad un artista che è sulla scena da oltre trent’anni, e il meglio di sé l’ha dato da tempo. Fatta questa doverosa premessa, il disco che abbiamo sul lettore è gradevole, pur senza picchi di bellezza assoluta. Non ci sono quegli eccessi di cattivo gusto dichiaratamente camp che rendevano dischi come “Enchanted”(1990) irresistibili o insopportabili, a seconda dei gusti. Questo disco vede Marc Almond realizzare il sogno di una vita, incidere con Tony Visconti, il produttore del periodo glam di David Bowie, e presenta una serie di canzoni ispirate a personaggi eccentrici che hanno colpito l’immaginario di Marc, lui che più eccentrico non si può. The dancing Marquis per esempio è Henry Paget, il quinto conte di Anglesey, mentre Sebastian Horsley, artista dalla carriera molto discussa, performer, pittore e scrittore, morto il 17 giugno 2010 per overdose, ha ispirato Death of a dandy.
Quella con Visconti non è l’unica collaborazione illustre: Jarvis Cocker ha scritto apposta per Almond Worship me now, mentre Love is not on trial è scritta da Carl Barat, ex Libertines. Il disco è piuttosto vario, affrontando tutte le molte possibilità del pop: la ballatona acustica, Burn bright, uno dei pezzi più riusciti, di cui Visconti è responsabile del soffice arrangiamento (ma anche di alcune schitarrate, come il solo della title track, che nei dischi di Marc Almond non eravamo abituati a sentire, e ci piacciono); l’electro della già citata Worship me now, il filone con cui Marc si sposa abitualmente, anche se i suoi capolavori assoluti sono lavori totalmente acustici come “Torment and toreros” o “Mother fist and her five daughters”; e alcuni buoni numeri di rock decadente come So what’s tonight o Tasmanian tiger, la più vicina ad atmosfere anni ’80. In breve, se siete storici fan del cantante di Southport avrete un nuovo piacevole disco in più; se però non lo conoscete o, peggio, l’avete sempre sottovalutato come semplice epigono del sinthpop, siete ancora in tempo per emendarvi dai vostri peccati e procurarvi sia i tre splendidi dischi a nome Soft Cell, sia la discografia anni ’80, ricca di gemme incise sotto il segno di Jacques Brel e Scott Walker.
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