Bob Dylan Chimes of Freedom – The Songs of Bob Dylan Honoring 50 Years of Amnesty International
[Uscita: 30/01/2012]
# Consigliato da DISTORSIONI
Recita la pubblicità online a questo mastodontico tributo - 76 brani divisi in 4 cd, probabilmente il più sostanzioso a memoria d’uomo - all’arte senza tempo di Bob Dylan, il più grande (senza ombra di dubbio) songwriter vivente: ‘ “Chimes of Freedom” vede all’opera un cast stellare di artisti e gruppi diversi per spettro generazionale e musicale. I protagonisti, tra cui molti supporters di lunga data di Amnesty International, vanno dai 19 anni di Miley Cyrus ai 92 della leggenda folk Pete Seeger che interpreta Forever Young accompagnato da un coro di bambini. La diversità dei musicisti e dei generi musicali, dal rock, rap, hip-hop al pop, folk, country, jazz e blues attesta la profondità della penetrazione di Amnesty Internazional nella comunità musicale, l’importanza universale della sua battaglia per i diritti umani, e la portata dell’impatto di Dylan nella cultura. Quasi tutti i brani di “Chimes of Freedom” sono stati pubblicati per la prima volta per l’occasione, eccetto il brano che dà il titolo alla raccolta (e che la conclude), inciso originariamente da Dylan nel 1964’.
Tutto vero, cosi’ come è indubbiamente un’operazione importante questa che accompagna la pubblicazione di “Chimes of Freedom”, che vuole onorare – e vede coincidere - i 50 anni di esistenza e strenua attività di Amnesty International, la più nobile organizzazione umanitaria del mondo, e gli intensissimi 50 anni della carriera artistica di Bob Dylan: l’omonimo primissimo “Bob Dylan” uscì il 19 Marzo 1962. Il giudizio musicale però è altra cosa dalla ottima fede delle ricorrenze, e di riserve che affiorano al paziente ascolto di questi quattro cd qualcuna ce n'é: se da un lato non è possibile non constatare un’ennesima volta – la storia del rock ce l’ha dimostrato più che ampiamente - come la sterminata produzione di Dylan si presti incredibilmente ad essere rivisitata per intrinseca prodigiosa ricchezza di umori musicali e contenuti lirici, dall’altro purtroppo si deve prendere atto di come alcune di queste 76 performances si lancino in riletture disinvolte e spericolate all’eccesso, tanto da allontanarsi assai dallo spirito delle songs originarie, snaturandolo senza troppi complimenti.
Quasi sempre sono gli artisti e le bands più giovani a perpetrare quelli che in alcuni casi sono dei piccoli scempi: uno per tutti quello di costringere e mortificare le generose liriche del menestrello di Duluth - che siano di protesta, parlino di amore contorto o pacificato, o di temi religiosi - abbisognevoli di scansioni musicali ariose e spaziose, nelle battute serrate del rap e dell’hip hop, o di inserirle in un contesto musicale troppo lontano – come quello jazzistico - dalle suggestioni esistenziali ed espressive che le hanno partorite. Forse qualcuno mi accuserà di avere la vista corta, di essere un conservatore come coloro che al festival di Newport del 1965 gridarono allo scandalo di fronte all’esibizione di un Dylan and Band elettrici, troppo diverso dal folk singer che ammiravano: in tutti i modi personalmente ho trovato scandalose alcune scelte come i Maroon 5 (ma c’era proprio bisogno di gettarli nel mucchio?) che distruggono la pastorale, splendida I Shall Be Released, o l’insipido approccio rock di My Chemical Romance che non c’entrano una minchia con quel poema patrimonio dell’umanità che è Desolation Row.
Sono inorridito di fronte ad una Bob Dylan’s 115th Dream ridotta ad un fumetto parodistico da un istrionico Taj Mahal (bluesman che ho pur sempre apprezzato), contrariato da una Blind Willie McTell enfatizzata all’eccesso da Tom Morello The Nightwatchman e da una incolore Outlaw Blues dei Queens Of The Stone Age, icona rock che perde una buona occasione per confrontarsi decentemente con il repertorio di Dylan, a differenza di un altro grande rocker americano, Steve Wynn, che proprio recentemente lo ha reinterpretato in un suo lavoro, “Wynn Plays Dylan” (Marzo 2011, Interbang Records), davvero degnamente. Sorvolo sui suddetti patetici tentativi di artisti rap ed hip hop di imbrigliare Dylan in vesti ritmiche che gli sono del tutto estranee: dovrebbero metterli agli arresti domiciliari. Sottolineate le performances negative bisogna però dire che per fortuna ci sono in questo quadruplo tributo a Dylan molte covers azzeccate da parte di artisti meno conosciuti, quelli più folk-oriented ed appartenenti al panorama alternative country americano, per aver saputo rispettare il mood originario pur azzardando arrangiamenti ex novo: piacciono l’eterea 4th Time Around di Oren Lavie, i crepuscolari We Are Augustines (Mama, You Been On My Mind), The Gaslight Anthem (Changing of the Guards), Silversun Pickups (una suggestiva e notturna Not Dark Yet), la giovanissima Miley Cyrus (featuring Johnzo West) con un'agile e fresca You're Gonna Make Me Lonesome When You Go, Flogging Molly che trasformano simpaticamente The Times They Are A-Changin’ in un inno irish d’assalto nella migliore Pogues tradition; Raphael Saadiq che ci regala una sarcastica Leopard-Skin Pill-Box Hat molto fedele (e meno male!) allo spirito del seminale “Blonde On Blonde”.
Non malaccio Seal (partivo molto prevenuto) che con Jeff Beck mette su una decorosa Like A Rolling Stone, bravi i My Morning Jacket che ci servono una emozionante You’re A Big Girl Now. Un caso a parte Kronos Quartet che affidano al fascino soffuso dei loro archi l’esecuzione di una sorprendente Don’t Think Twice, It’s All Right. Ma tirando le somme le cose migliori arrivano dai veterani, o se preferite dagli anziani, che si accostano
con il dovuto rispetto (e non per la prima volta), sensibilità e riservatezza interpretativa alla delicata materia dylaniana: magnetica Patti Smith in Drifter's Escape (una delle cose migliori in assoluto del tributo) Kris Kristofferson (Quinn The Eskimo), Mark Knopfler (Restless Farewell), Elvis Costello (License To Kill), Sinead O’Connor (Property of Jesus), Marianne Faithfull (Baby Le Me Follow You Down, live), Lucinda Williams (Tryin’ To Get To Heaven), Eric Burdon (Gotta Serve Somebody) sino alla magica Joan Baez che interpreta con la consueta classe cristallina Seven Curses dal vivo, Steve Earle che non delude con un’epica One More Cup Of Coffee, Pete Townshend che fa sua Corrina Corrina con ineccepibile carisma.
Deludono un po’ invece Jackson Browne e Carly Simon con due rivisitazioni prosaiche e leziose rispettivamente di Love Minus Zero/No Limit e Just Like A Woman, così come Simple Twist Of Fate di Diana Krall (molta classe come al solito ma performance freddina in questo caso) e la One Of Us Must Know del Simply Red Mick Hucknall, un altro che sarebbe stato meglio lasciar fuori da questa operazione. Parecchio delude anche l’interpretazione live troppo macchinosa ed iper-arrangiata di All Along The Watchtower da parte della Dave Matthews Band. Il monumentale tributo di “Chimes Of Freedom” è saggiamente sigillato alla fine – non lasciandoci con l’amaro in bocca - dalla voce senile ed emozionante di Pete Seeger (Forever Young) e da quella del Maestro, che ha fatto da spartiacque nella storia del rock, imprimendogli direzioni estetiche e poetiche come pochissimi altri artisti. Un’operazione riuscita per una buona metà ed oltre in ultima analisi questa “Chimes Of Freedom”, assolutamente consigliabile, che forse però sarebbe potuta essere contenuta in 3 CD invece che 4: e la forte impressione finale, dopo aver sfornato a caldo i suddetti giudizi, é che un ascolto é assolutamente insufficiente per valutarla e giudicarla a fondo, tanta e diversa é la carne al fuoco.
Pasquale Wally Boffoli
L'opinione di Stefano Cicu - Subterranean Homesick Bob on Facebook
Dopo l’ascolto integrale del quadruplo box ''Chimes Of Freedom'' non posso che confermare quelle che all'inizio erano solo mie semplici impressioni: in questo mega tribute c'è - anche a mio parere - dell'ottimo materiale. Sono da sempre un appassionato di covers (dylaniane soprattutto, ma non solo), e credo che Dylan sia, diciamo così, una sorta di ''patrimonio dell'umanità''. Se così tanti artisti e colleghi (famosi e meno famosi), sin dai primi anni '60, hanno deciso di tributargli il loro personale omaggio incidendo le sue canzoni, questa è - se mai ce ne fosse bisogno - la dimostrazione dell'importanza straordinaria e dell'impatto dirompente che la sua musica ha sin da subito avuto.
Il fatto poi che musicisti di diversa estrazione e stile (e ''Chimes Of Freedom'' ne é lampante testimonianza) lo abbiano nel corso degli anni riletto, dimostra la ''trasversalità'' di Dylan come artista. Le cose interessanti in questo megabox (ben 76 tracce, l'ultima delle quali è proprio l'originale che dà il titolo all'album) sono parecchie, ma c'è anche inevitabilmente un bel po' di roba trascurabile, per non dire inutile. Ciò che mi lascia perplesso è in effetti proprio l'eccessiva portata del tutto. Ottima la scelta di combinare tra loro i due anniversari (cinquanta candeline a testa), quello di Amnesty e quello di Dylan, ma i curatori avrebbero dovuto/potuto scremare un po' di più. Un triplo, a mio parere, sarebbe stato più che sufficiente.
Metterei senz'altro tra le cose migliori: One too many mornings di Johnny Cash & Avett Brothers, One more cup of coffee di Steve Earle, Drifter's Escape di Patti Smith, Outlaw Blues dei Queen Of The Stone Age, Tonight I'll be staying here with you dei Sugarland, Simple twist of fate Diana Krall, Bob Dylan's Dream di Bryan Ferry, Tomorrow is a long time di Zee Avi, It's all over now dei Bad Religion, Corrina Corrina di Pete Townshend, Don't think twice dei Kronos Quartet, Buckets of rain dei Fistful Of Mercy, Seven curses di Joan Baez, Man of peace di Joe Perry, The lonesome death of Hattie Carroll dei Cage The Elephant, One of us must know di Mick Hucknall, Subterranean Homesick Blues di Michael Franti, Mama, you've been on my mind dei We Are Augustines, Forever young di Pete Seeger.
Queste invece alcune delle covers che non mi convincono: License to kill di Elvis Costello, Girl from the north country di Sting, With God on our side di K'Naan, Rainy day women di Lenny Kravitz, Make you feel my love di Adele (che è ormai peggio del prezzemolo), You're a big girl now dei My Morning Jacket, Desolation row dei Chemical Romance, Blind Willie McTell di Tom Morello, Most of the time di Bettye Lavette, Shelter from the storm di Ed Roland & Sweet Tea Project, Blowin' in the wind di Ziggy Marley, Changing of the guards dei Gaslight Anthem, Señor di Dierks Bentley, Property of Jesus di Sinead O'Connor, Bob Dylan's 115th dream di Taj Mahal, The times they are a-changin dei Flogging Molly, Tryin' to get to heaven di Lucinda Williams, Boots of spanish leather degli Airborne Toxic Event, I want you di Ximena Sarinana.
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