Steven Wilson TO THE BONE
[Uscita: 18/08/2017]
Inghilterra #consigliatodadistorsioni
Il Peter Gabriel di “So”, I Talk Talk di “Colour of spring” e i Tears For Fears di “Sowing the Seeds of Love”. E’ lo stesso prolifico musicista inglese Steven Wilson, nel comunicato stampa che accompagna "To The Bone", nuovo e quinto suo album album solista, ad alleggerire le responsabilità del recensore dettando le coordinate con le quali è stato realizzato. In realtà, ascoltando il disco, le influenze citate non saltano all’orecchio in maniera così evidente, a meno di non voler considerare gabrieliani i due suggestivi duetti con voci femminili in Pariah con l’israeliana Ninet Tayeb e in Song Of I con Sophie Hunger (splendido il primo, soltanto bellissimo il secondo) o ricondurre ai Tears For Fears i brani più movimentati e danzerecci quali The Same Asylum As Before, People Who Eat Darkness o Permanating, anche se quest’ultima possiede una componente pop-soul più vicina a un incrocio tra XTC e Paul Weller. L’intimismo di Mark Hollis dei Talk Talk trapela invece da canzoni più tranquille come Refuge o la prima parte di Detonation.
Che succede quindi? Solo che l’ex leader dei Porcupine Tree abbandona parzialmente i territori new progressive per i quali è conosciuto e amato per muoversi in uno strano ambiente pop fatto di ritmi convulsi, chitarre vorticose, ballate fascinose e un pizzico di programming, vincendo la sfida per la quale “chi non si aspetta l’inaspettato non troverà mai la verità” (Eraclito), realizzando ancora una volta un disco bellissimo e fuori da ogni schema. Del prog wilsoniano restano il gusto inesauribile per le magnifiche melodie accattivanti alle quali ci ha abituati fin dai tempi dei P.T., gli arrangiamenti elaborati e la struttura dei brani che pur nella loro brevità canzonettistica hanno cambiamenti di
umori e situazioni alla stregua di piccole suite di pochi minuti.
Del pop oltre i nomi citati è d’obbligo segnalare la presenza di chi del pop post-Beatles è stato una bandiera indimenticabile: quell’Andy Partridge (gli XTC non sono citati a caso) che insieme a Wilson scrive (ecco ancora l’inaspettato) due tra i migliori brani dell’album To The Bone e Nowhere Now. Si ritorna al prog con il sontuoso finale di Song Of Unborn, maestosa ballata in perfetto stile Blackfield: varrebbe da sola il prezzo di un CD che invece nella sua inaspettata ibridazione tra prog e pop si rivela in ogni sua parte assolutamente affascinante.
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