Brian Auger Racconti infiniti di tastiere
INTRO
Abbiamo assistito ad un recente e brillante concerto di Brian Auger, nel settembre 2013, al Blue Note di Milano. Ha offerto un ottimo repertorio di brani degli Oblivion Express, arrangiamenti di musica classica come Pavane e le immancabili Bumpin On A Sunset e Inner City Blues. Alla voce il vecchio, magrissimo e tostissimo Alex Ligertwood. Brian ha messo tutti a loro agio esprimendosi in un pittoresco italo-inglese, dialogando con il pubblico coadiuvato dal figlio Karma, conoscitore di un ottimo italiano. Alla fine del concerto tutta la band si è concessa per gli autografi, familiarizzando con il pubblico. Bravi, simpatici e professionisti. Lunga vita! Questo è il nostro tributo al più grande suonatore di organo hammond vivente!
Gli anni ‘Mod’: Trinity e Steampacket
Brian Auger è senz’altro, ancora oggi, uno dei grandi tastieristi viventi del jazz rock classico, un virtuoso dell’organo Hammond e prima ancora un pianista dal tocco raffinato e pieno di feeling, ma la sua bravura si è espressa negli anni anche con il beat, il R n’ B, il funky e con il rock progressivo nelle sue più varie forme espressive. Nasce a Londra nel 1939 e nei primissimi anni 60 fu coinvolto dal vivacissimo momento creativo che sconvolse la musica popolare in quel periodo storico. Ispirato da tastieristi jazz americani come Mose Allison, Jimmy Smith, Larry Young e dal connazionale Graham Bond, si applicò allo studio della musica e di quel meraviglioso strumento che fu (ed è) l’organo elettrico Hammond, progettato e costruito da Laurence Hammond nel 1934 negli Stati Uniti. Nel 1963 il nostro girava per i locali londinesi suonando il piano con un trio jazz chiamato Trinity, che nella primissima formazione vide Rick Laird al basso (poi con la Mahavisnu Orchestra negli anni 70), un tale Phil Kinorra alla batteria e in alcuni momenti John McLaughlin come chitarrista aggiunto. Poi con un nuova formazione composta da Mickey Waller alla batteria e Rick Brown al basso, suonarono un repertorio soul ispirato soprattutto ai Booker T. & Memphis Group, allora popolarissimi a livello mondiale.
Con la nascita del fenomeno beat e l’esplosione della Swinging London, Auger rientrò in pieno in quel momento magico, dove costume e società hanno espresso segnali di grandi cambiamenti, anche tramite la musica rock. Nel 1964 la sua prima esperienza discografica, suonando nella band di supporto al grande bluesman Sonny Boy Williamson, otto tracce pubblicate sull'LP “Don’t Send Me No Flowers” (Marmalade, 1968), e successivamente dalla Charly Records ("Jam Session", 1976) insieme a Jimmy Page e con la produzione di Giorgio Gomelsky. Dopodichè Brian mise in piedi gli Steampacket, band r'n’b con tre formidabili vocalist: Long John Baldry, Rod Stewart e Julie Driscoll più il chitarrista Vic Briggs (qualche anno dopo nei New Animals di Eric Burdon) e la sezione ritmica degli ultimi Trinity. Fu una esperienza breve, meno di un anno e nonostante la devastante carica live della band garantisse loro grandi potenzialità, presto si sciolsero, non lasciando nessuna testimonianza discografica a 33 gg., solo anni dopo alcune loro registrazioni (nove brani) furono raccolte in un LP, "Rock Generation Vol.6: The Steampacket, London, Dec. 1965" dalla la BYG Records, uscito nel 1971. Le stesse registrazioni furono pubblicate più volte nei '70 e nelle decadi successive sotto nomi diversi ("Rod Stewart & Steampacket", "Early Days", "The First Supergroup"), su LP e CD, per Springboard, Metronome Music, Repertoire, Charly Records, Platinum. Per la cronaca nel 1965 il tastierista sigla in studio, con una spinetta, la celeberrima progressione di accordi che fa da introduzione all'hit degli Yardbirds For Your Love.
L'epifania di Julie Driscoll
Nel 1967 BA rilanciò il marchio Trinity e con Clive Thacker (drums) e Dave Ambrose (basso), creò la band a cui presto si unì anche la cantante Julie “Jools” Driscoll; il loro primo lavoro: “Open” (Marmalade/Polydor 67), fu un notevole successo e raggiunse il 12esimo posto nelle classifiche inglesi 33 gg.. In esso alcuni brani leggendari come Road To Cairo, Save Me, grande hit anche dalle nostre parti (frequenti i loro tours italiani) e Season Of The Witch di Donovan, con l’Hammond di BA e la voce soul della Driscoll impegnati in un indimenticabile interplay grondante feeling, poi la cover della dylaniana This Wheel’s On Fire che arrivò al n. 5 della top ten singles negli USA, questo li portò ad un tour americano e ad alcune apparizioni tv made in USA. Da un’intervista a Brian Auger la genesi del successo di This Wheels On Fire: “Da New York erano arrivati i nastri dei “Basement Tapes” di Bob Dylan con la Band. Il primo a metterci sopra le mani fu Manfred Mann, che scelse The Mighty Quinn. Quando fu il nostro turno optammo per This wheel’s on fire, che nella versione originale era un pezzo scarno per chitarra acustica e basso. A me e a Julie piacque subito la sua atmosfera misteriosa. Provammo un arrangiamento rock ma non funzionava; allora pensammo di farne una marcia jazz con un walking bass. Con l’aggiunta del piano, dell’organo e della voce della Driscoll diventò una bomba!”. Open fu un esordio importante che li fece notare nel marasma creativo UK di quel fantastico 1967. Nel 68 fu la volta dell’lp “Definitely What!” senza la Driscoll e con il chitarrista Gary Boyle in alcuni brani, l’utilizzo dei fiati e la celebre Bumpin On A Sunset, brano di Wes Montgomery, ancora oggi cavallo di battaglia live nelle esibizioni di Brian Auger.
Il capolavoro “Streetnoise” – La fine dei Trinity
Nel 1969 arrivò il momento della registrazione del doppio album “Streetnoise” (Marmalade/Polydor), sempre con la produzione di Gomelsky e due squisiti strumentisti, Clive Thacker (batteria) e Dave Ambrose (bass guitar): fu una produzione ambiziosa che rimane a pieno titolo nella storia del rock inglese degli anni 60. I brani di BA e della Driscoll si alternarono a grandi covers di autori come Laura Nyro, Richie Havens, Nina Simone e songs tratte dal musical “Hair” di Mc Dermott/Ragni, sino a Light My Fire dei Doors nobilitata da una memorabile interpretazione di Julie Driscoll. Un grande disco, che nacque così, con la band spinta a fare delle scelte compositive e di repertorio imposte dall’urgenza del business. Dichiara ancora Auger: “Per il nostro secondo album insieme, Streetnoise, l’etichetta prenotò uno studio per due settimane, pretendendo che gli consegnassimo il disco subito dopo. Era il 1969, eravamo impegnatissimi con i concerti. Non c’era tempo per scrivere pezzi nuovi, e decidemmo di interpretare i nostri artisti preferiti: Miles Davis, Laura Nyro, Doors, Richie Havens e Nina Simone, un idolo di Julie”. Una scelta un po’ forzata che diede comunque ottimi risultati!
Fu però anche il momento della rottura artistica tra BA e la Driscoll, che con il suo futuro marito, il pianista jazz Keith Tippett andò a registrare “1969”, sorta di atto di nascita del Canterbury Sound. Subito dopo BA partorì l’ultimo prodotto targato Trinity, intitolato “Befour”, con il redivivo Gary Boyle alla chitarra solista e un jazz rock progressive di buon livello, con una scatenata cover di I Wanna Take You Higher di Sly Stone, arrangiamenti di brani classici di Faurè e Albinoni (Pavane) e Mayden Voyage di Herbie Hancock. Un buon lavoro, ma privo di quell’esplosivo mood jazz/soul che caratterizzò i precedenti dischi con la Driscoll. Un'ottima compilation del primo lustro d'attività dell'artista è "Brian Auger/Brian Auger & the Trinity/Julie Driscoll: The Mod Years: 1965-1969, Complete Singles, B Sides and Rare Tracks" (1999, Disconforme SL). Nel 1970, BA partecipò ad una esperienza comunitaria di musicisti jazz fusion denominata Wassenaar Arrangement con sede all’Aja in Olanda, ma prestò BA si staccò da questo giro e tornò in GB dove mise in piedi una nuova band,un marchio destinato a durare nel tempo, gli Oblivion Express.
Brian Auger’s Oblivion Express
Tornato in patria nel pieno del momento più creativo del prog rock, prima partecipò alla registrazione dell’unico lavoro dei Mogul Trash, in veste di musicista e producer; questi furono una interessante band jazz prog, con il chitarrista James Litherland e il bassista John Wetton (poi grande protagonista della scena prog inglese con i Family e i King Crimson). Il disco, uscito per la RCA nel 1971, restò per molti anni un cult album. Poi Brian decise di rimettere il suo Hammond L 100 (suonato senza l’ausilio del Leslie) di nuovo on the road e fece nascere il progetto Oblivion Express, un progetto mai veramente interrotto e tuttora vivo e vegeto, nel 1970 con il batterista Robbie Mc Intosh, il bassista Barry Dean e il chitarrista Jim Mullen. Con questa formazione registrò il primo “Brian Auger’s Oblivion Express” per la RCA, un disco prog jazz caratterizzato da suoni dinamici e originali, con le schegge rock della lead guitar di Jim Mullen e le tastiere ovviamente protagoniste.
C’erano brani trascinanti come Dragon Song, The Light e l’omonima Oblivion Express, il disco aveva anche una cover sleeve apribile a poster, molto bella, un ottimo esordio che lo fece inserire, con un ruolo pionieristico, nel neonato genere fusion, che marcherà in modo indelebile la storia del jazz moderno. Da qui in poi gli Oblivion Express fecero molti live tours, suonando con la crème del rock dell’epoca, dai Led Zeppelin a Frank Zappa, da BB King all’Allmann Brothers Band, l’elenco è lunghissimo. Inoltre inanellarono una serie di ottimi lp, espressi in una ricca discografia per tutti gli anni 70: da ricordare in particolare “A Better Land” del 71, “Second Wind” del 1972, “Closer To It” del 1973 e i due fantastici, imperdibili “Live Oblivion volume 1&2“ del 1975, registrati l’anno precedente a Los Angeles, con lunghe ed ispirate improvvisazioni ed elementi funky sempre più presenti.
Del 1975 anche due buoni album in studio, “Reinforcements” ed “Happiness Heartaches”, con il cantante/chitarrista/compositore Alex Ligertwood, suo fidato collaboratore anche in anni recenti, per molti anni lead vocalist con Santana. Su di lui un aneddoto particolare: nel 1970 Ligertwood viveva a Roma dove cantava con un gruppo prog chiamato Genesi in seguito diventati Logan Dwight, la band era cappeggiata dal tastierista Gianni Mereu e da Donatella Luttazzi (figlia del compianto Lelio); dopo averli visti dal vivo in un locale romano, BA propose a Ligertwood di seguirlo con gli Oblivion Express, il cantante non se lo fece dire due volte e volò via con Auger e il resto della band, lasciando i poveri Genesi senza vocalist e in braghe di tela. Con BA suonarono anche altri musicisti importanti, come il batterista Steve Ferrone (poi con Mullen e McIntosh nell’Average White Band), il percussionista Lennox Langton, il bassista Clive Chaman (ex Jeff Beck Group), il chitarrista Jack Mills con Brian dal 72 al 77 e molti altri ottimi professionisti. Al crepuscolo dei ruggenti 70, nel 1978, una breve e fortunata reunion con Julie Driscoll divenuta nel frattempo signora Tippett, con il lavoro intitolato “Encore”, un ottimo disco fatto di atmosfere jazz/soul, cool e raffinate, una conferma della naturale bontà dell’incontro tra le tastiere di Brian e la splendida voce di Julie. Anche negli anni 80, musicalmente dominati dalle code del punk e dalla new wave, BA continuò la sua attività musicale con un buon seguito di pubblico, continuando a registrare sia come Oblivion Express che come solista alcuni album in tono minore: "Search Party" (1980), "Here and Now" (1982), "Keys to the Heart" (1987).
Padrino dell'Acid Jazz
Brian Auger è stato senz’altro il maggiore ispiratore di quel movimento definito ‘Acid Jazz’: proprio in quegli anni muoveva i primi passi con band come Incognito e James Taylor Quartet, che basavano il loro sound sul ruolo protagonista dell’organo Hammond. Nel 1989 BA fu il direttore musicale della serie di telefilm Villa Fantastica per la TV tedesca. Partecipò alla live jam “Super Jam”, con Dick Morrissey ai fiati, Pete York alla batteria e i cantanti Zoot Money e Maria Muldaur; frequenti anche i suoi concerti in Italia, paese con cui BA ha avuto sempre un rapporto preferenziale. Negli anni 60 Renzo Arbore fece incidere a Brian una cover del brano The Cat di Jimmy Smith, divenuto per l’occasione Gatto Nero, che fu un buon successo nazionale ed un hit radiofonico con la trasmissione pomeridiana Per Voi Giovani. Nel 1993 andò in tour con il vecchio amico Eric Burdon, ne uscì il notevole doppio cd live: “Access All Areas”, grande compendio di blues, soul, rock e jazz, nobilitato dai due fantastici solisti e da un ottima band di supporto. Da ricordare anche le più recenti collaborazioni, nei primi duemila, con il chitarrista blues italiano Rudy Rotta, che fruttano il disco "Captured Live" (2006), con registrazioni del 2002.
In famiglia
In seguito diede corpo ad un nuovo mark dei New Oblivion Express, con le figlie Savannah Grace e Ali, entrambe vocalist di qualità, il figlio Karma, ottimo batterista e il bassista Derek Frank: pregevole con questa line-up il doppio CD del 2005 "Live at the Baked Potato". Con Karma, Savannah Grace più Chris Clermont (guitar) e Dan Lutz (bass) incide nel 2000 "Voice of other times", contenente tra l'altro un brillante arrangiamento di Splatch, noto brano del bassista Marcus Miller tratto dall'album "Tutu" (1986) di Miles Davis: il terzo millennio regala un musicista attivo che si ritaglia in un confortevole ambito familiare un nuovo contesto artistico. Nel 2012 un album solista: “Language of the Heart”, con Jeff Skunk Baxter, ex Doobie Brothers e Julian Coryell, figlio del chitarrista jazz americano Larry Coryell. In tempi recentissimi BA ha collaborato con il musicista latin rock El Chicano. Del 2013 un buon lavoro in coppia con il chitarrista Jeff Golub, "Train Keeps A Rolling", con nella tracklist anche freschi arrangiamenti di classici storici del tastierista (Isola Natale, The Cat, Happiness is just around the bend, Whenever you're ready).
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