Franck Carducci Band + Mary Renaud 30 Gennaio 2016, Genova Bolzaneto, Teatro “Rina e Gilberto Govi”
Il polistrumentista e cantante italo-francese Franck Carducci si era esibito, fino a oggi, una sola volta in Italia, al festival “2 Days Prog +1” di Veruno, in provincia di Novara. In quella occasione aveva conosciuto Marina Montobbio, tenace e brillante organizzatrice di eventi che può vantare in campo musicale amici a dir poco illustri (un nome su tutti: Steve Hackett, l’ex-chitarra dei Genesis). Con la caparbietà che la contraddistingue, a poco più di due anni di distanza da quella magica e riuscitissima serata la Montobbio è riuscita a riportare a suonare in Italia il valido Carducci, per una singola data live genovese incastonata in un tour che sta toccando diverse nazioni europee.
Mary Renaud
Come opener erano annunciati gli Arancia Balkanica, folk-band genovese, ma a causa di qualche imprevisto non hanno potuto essere presenti. La band di Franck Carducci non si è certo persa d’animo per questo e ha fatto un graditissimo regalo a sorpresa al pubblico genovese, mandando in avanscoperta Mary Renaud, che in genere nella formazione ricopre il ruolo di corista, ballerina e cantante solista in alcuni momenti. Lei, fattasi prestare al volo una chitarra, è salita sul palco e ha snocciolato una breve sequenza di dolcissime, azzeccatissime canzoni, tra Bob Dylan e Cat Stevens, un soffio di blues, una goccia di country e un tocco di melanconia prog, nelle quali ha rivelato ottime doti autoriali e chitarristiche. Per il pubblico è stato certamente meglio così: dopo tutto una band genovese a Genova può essere ascoltata dal vivo in molteplici occasioni, mentre qui si è trattato letteralmente di “cogliere al volo” il passaggio di una validissima artista straniera.
Franck Carducci Band
Le luci si spengono e un arpeggiatore elettronico a dir poco potente annuncia l’arrivo della band al completo, formata da Franck Carducci (basso, chitarra e voce), dalla già citata cantante e ballerina Mary Renaud, dai chitarristi Mathieu Spater e Christophe Obadia, dal tastierista Olivier Castan e, in qualità di ospite speciale, dal batterista Jimmy Pallagrosi, proveniente dalla band inglese dei Karnataka. Gli strumentisti si presentano sul palco tutti mascherati, ma dopo un attimo le maschere volano via e Carducci svela lo stesso trucco sul viso con la “saetta” che era stato usato in passato da David Bowie (più avanti in questo resoconto scopriremo anche perché). Due ore di show di inusitata potenza, tra glam, puro rock’n’roll, delicati intrecci acustici di chiaro sapore genesisiano, sequenze elettroniche da autentico space-rock, rarefazioni floyidiane e puri “viaggi” lisergici. In scaletta certamente svettano Artificial Paradises e la galoppata metal di Mr. Hyde and Dr. Jekill. Sbalorditiva la prestazione di Pallagrosi, che dà il giusto “tiro” a tutto e dimostra un tale affiatamento da sembrare un componente della band da sempre. Sul finale di concerto, Carducci spiega che in genere è uso concludere i suoi show con The Last Oddity, brano scritto pensando a una sorta di “sequel” della famosissima Space Oddity di Bowie. Ma stasera – annuncia – non sarà esattamente così: ed ecco arrivare una toccante cover acustica per due voci, chitarra e tastiere della Space Oddity originale.
Subito dopo parte l’attesa The last oddity, che sfocia in un epico e commovente crescendo finale con citazione dalla genesisiana Supper’s Ready. Quando le luci si accendono, la Montobbio al microfono annuncia: “Non vi sembra che manchi qualcosa?”. E naturalmente Carducci non delude e inforca il cappello del Cappellaio Matto per la sua Alice’s Eerie Dream, forse il suo massimo cavallo di battaglia, una sfacciata e irriverente rilettura in chiave moderna della favola di Alice nel Paese delle Meraviglie, con una Renaud sul palco a dir poco devastante per le povere coronarie degli spettatori uomini! Quando tutto sta per finire, Carducci urla: “This is for Lemmy!”. Altro doveroso omaggio, con una Ace of Spades riletta più in chiave da classico hard-rock, e con spettacolare assolo batteristico finale di Pallagrosi. E non è ancora finita: Ancora Carducci annuncia: “This is for Marina!”. Una dedica alla organizzatrice, nota fan zeppeliniana, con una bellissima Rock’n’roll, in un turbinio sempre più concitato e parossistico. Una band poliedrica e imprevedibile, quindi, capace di divertire tantissimo il pubblico, perché i musicisti per primi si divertono sul palco e questo traspare da ogni nota. Un calderone di composizioni intelligenti e raffinate, miste alle cover più imprevedibili, da parte di sei musicisti sul palco che fondono una tecnica ineccepibile a un piglio scanzonato da pura “pub-band”. Speriamo di rivederli ancora in Italia al più presto.
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