Josè Antonio Marina Il fallimento dell’intelligenza
“Il fallimento dell'intelligenza - Teoria e pratica della stupidità” è l'accattivante titolo con cui Josè Antonio Marina, nato a Toledo nel 1939, professore di filosofia all'Università di Madrid, affronta in questo libro un argomento che chiunque sia dotato di raziocinio si sarà posto almeno una volta nella vita: perché gli esseri umani, e spesso le società intere, si comportano in maniera stupida? Libro pubblicato già da alcuni anni, eppure attualissimo: già nelle prime pagine si portano come esempi di fallimento dell'intelligenza il razzismo e i luoghi comuni sullo stupro (ovvero i pregiudizi che si impongono sul ragionamento), fatti di cruda cronaca che, anche pericolosamente intrecciati, riempivano (e riempiono) le cronache mentre leggevamo il libro. Questo non è un testo per addetti ai lavori come psicologi o filosofi, si rivolge al più vasto pubblico dei lettori curiosi. Lo stile è piano e colloquiale, e solo un paio di volte l'autore si concede parole difficili. Marina fonde psicologia, filosofia, antropologia, neuroscienze in un discorso comune.
La definizione corrente di intelligenza, ovvero la capacità di risolvere problemi, se non soddisfa la stragrande maggioranza degli psicologi a maggior ragione non soddisfa l'autore. Per Josè Antonio l'intelligenza è la capacità di orientare il comportamento verso la scelta migliore, cioè la più adeguata al contesto (tenendo conto che esiste una gerarchia dei contesti). Esempio paradossale: drogarsi potrebbe essere una buona risposta per risolvere un problema personale, ma non è un comportamento intelligente perché non risolve il problema per sempre, anzi ne crea altri. Interessante come Marina, sulla scia della psicologia sistemica, valuti i comportamenti come sempre da rapportare a un contesto, pur facendoci notare come a saltare sul carro del relativismo siano anche i propugnatori di idee inaccettabili come i neonazisti.
Fondamentale per Marina (foto a sinistra) è l'educazione e dall'antropologia prende questo interessante esempio: Margaret Mead spiega come sia per la tribù degli Arapesh che per quella dei Mundugumor il fondamento della buona riuscita della società è l'educazione dei bambini. Ma per gli Arapesh il mondo è bello e ospitale, e in questo mondo i bambini sono educati a vivere, mentre per i Mundugumor il mondo è ostile e pericoloso, e i bambini sono educati a vivere in un costante stato di paura, questo per dire come la cultura dominante influenzi la personalità e le emozioni. Secondo l'autore, riprendendo Fukuyama, una società fallisce quando precipita in un edonismo che esclude compassione, rispetto e ammirazione. Anni fa ebbe grande successo un libro intitolato “Messaggio per un'aquila che si crede un pollo”. Quel divertente best seller però non affrontava il vero problema dell'umanità, i polli che si credono aquile. Costoro non leggeranno certo il libro di Josè Antonio Marina, o lo liquideranno come “buonista”: i lettori intelligenti e curiosi invece non se lo perdano.
Commenti →