Martin Gore MG
[Uscita: 28/04/2015]
Inghilterra #consigliatodadistorsioni
Quando al lancio dell’ultimo album dei Depeche Mode “Delta Machine” nel 2013, il programmatore di synth modulari Christoffer Berg disse in una intervista che “per la prima volta Martin (Gore) ha avuto voce in capitolo nelle sue canzoni dalla prospettiva dei suoni: questo album rappresenta l’universo sonoro di Martin Gore e non il mondo elettronico di Alan Wilder per come siamo abituati ad ascoltare i dischi classici dei Depeche Mode”, molti dubbi seguirono queste affermazioni in quanto nell’album c’erano davvero troppi “contributor” per poter realmente capire chi avesse fatto cosa. Questo nuovo lavoro "MG" riprende in un certo senso il lavoro iniziato prima di Delta Machine nel 2011 insieme a Vince Clarke (ex-DM) con il moniker VCMG e lanciato prima che Gore tornasse in studio con i DM, ma anche in quel caso la mano di Clarke era più evidente nelle strutture dei brani, mentre il contributo di Gore sembrava più di tipo melodico che sonoro. Questo nuovo lavoro solista quindi è da considerarsi più collegato a quello di VCMG, in quanto contiene solo brani inediti strumentali, che ai due “Counterfeit” del 1989 e del 2003 usciti a nome Martin L. Gore e contenenti esclusivamente cover cantate, dischi in cui la schiera di collaboratori è stata ricca al punto in cui non si è mai riusciti a capire dove finivano le idee di Gore e iniziavano quelle degli altri musicisti coinvolti.
Questo nuovo MG va visto quindi come il primo “vero” album solista di Gore in cui il suo “mondo elettronico” viene realmente mostrato: dopo diciotto anni senza Wilder al suo fianco, l’autore riesce a regalare al suo pubblico finalmente un disco elettronico completo, che nulla ha da invidiare ai migliori dischi di ambient music pubblicati negli ultimi anni. L’unico collaboratore qui presente è Q Engstrom (già con DM e VCMG) che mixa l’album e aggiunge parti elettroniche su sette dei sedici brani inclusi. Se si è fan dei Depeche Mode un motivo in più per acquistare l’album è la presenza di ben tre brani eliminati da Delta Machine”. quindi inizialmente destinati al trio di Basildon: Elk è il classico intermezzo strumentale da disco dei DM (è ormai dal 1990 che Gore ci ha abituato a queste brevi composizioni strumentali da 2 minuti all’interno degli album della band madre: piccoli affreschi sonori che ci rivelano il suo mondo più meditativo); Brink è più uptempo e pertanto più simile alle cose minimal techno che Gore suona nei suoi dj-set piuttosto che alle cose che scrive per i DM; Featherlight è un altro frammento da 2 minuti e mezzo che ricorda i brevi strumentali dell’album “Sounds Of The Universe”.
E’ proprio da questi tre affreschi che nasce il concept per l’intero album: una collezione di brevi colonne sonore per possibili film fantascientifici e per immaginari viaggi cosmici. L’opener Pinking, Swanning, Islet, Europa Hymn e la chiusura Blade sembrano fuoriuscite da un disco dei DM. Exalt, Hum e Southerly invece sembrano colonne sonore sci-fi influenzate dall’ambient dei corrieri cosmici tedeschi. Spiral e Stealth sono due pezzi quasi electro-industrial, un po’ diversi da ciò che Gore ci ha sempre proposto. L’upbeat Crawly è invece un mix tra i VCMG e i DM di Delta Machine. Sintetizzatori analogici e modulari, vecchi e nuovi, fanno da padrone in questo disco, minimale e dai suoni curatissimi. Non si tratta certamente di un disco innovativo o geniale, ma di un album strumentale ben costruito, con ottimi suoni, grandi atmosfere e, ovviamente, grandi melodie. Oltre per la gradevolezza nell’ascolto, questo album di circa un’ora merita di essere ascoltato anche solo per capire a che punto del suo percorso evolutivo musicale si trova oggi uno dei migliori compositori di pop elettronico degli ultimi trentacinque anni.
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