Metz METZ II
[Uscita: 04/05/2015]
Canada #consigliatodadistorsioni
C'è un suono paradigmatico di un certo "sentire" americano, che da più di vent'anni non smette mai di affascinare le nuove generazioni che via via si affacciano sul proscenio underground. Stiamo parlando di una tradizione ormai consolidata, che, prendendo l'abbrivio e le mosse da cose vecchie ma sempre buone, vale a dire da punk e hardcore, così come dall'ambigua e polivalente emanazione denominata post-rock, iniziò a manifestarsi seriamente intorno alla prima metà degli anni Novanta, per poi proseguire senza particolari innovazioni fino ai giorni nostri.
Che fosse il minimal rock degli Shellac (così definito dallo stesso Steve Albini) oppure il math dei Don Caballero, o magari l'emo-noise dei Drive Like Jehu (una via traversa che incrociava Sonic Youth e Fugazi), la componente fondamentale prevedeva "tempi dispari e botte da orbi" - Jesus Lizard docet. Ecco, i canadesi Metz, classico trio chitarra/basso/batteria, si collocano all'interno di questo panorama sonoro, e pur senza raggiungere le sopracitate vette, la loro proposta risulta solidissima e intensa. Punto di forza: l'attitudine iper-energica, ma non solo. Se parlare di originalità, in questi casi, ha senso quanto un dibattito dialettico tra Salvini e Cacciari, anche eventuali denigranti appelli al passatismo e al "già sentito" risulterebbero fuori luogo.
Se il precedente album d'esordio si concentrava maggiormente sugli intrecci strumentali più heavy, l'altrettanto allocutivo “Metz II” sembra preferire un approccio più saettante: sì alle deflagrazioni, ma sempre a rotta di collo. Insomma è l'hardcore la miccia sonora, così come le essenziali e caustiche liriche punk rappresentanol'elemento aggiuntivo. L'urlo è quello interiorizzato di Cobain - Eyes Peeled è sintesi tra grunge e violenza hardcore -, le chitarre disegnano traiettorie noise e arrembanti assalti all'arma bianca. L'elettricità a tratti insostenibile lascia presagire contesti live apocalittici. L'unico break concesso è quello di Zzyzx, ma si riparte subito in accelerata: I.O.U., Landfill e Nervous System sono tre mitragliate.
Sostanzialmente una pioggia di armonici, detriti e rumore, dall'apertura di Acetate alla conclusiva Kicking A Can Of Worms, per trenta minuti scarsi. Roba nuova? No. Tutto già fatto a suo tempo? Non esattamente. Qui, più del mero esercizio stilistico e/o calligrafico (peraltro assente, a nostro giudizio), a fare la differenza sono due fattori: la carica e la cieca determinazione della band. Possono bastare? Noi crediamo di si.
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