Blonde Redhead BARRAGÀN
[Uscita: 02/09/2014]
Nono album per i Blonde Redhead, a quattro anni di distanza dal precedente “Penny sparkle”, dedicato a un grande architetto messicano i cui lavori hanno colpito particolarmente l’affascinante Kazu Makino. Colpirà altrettanto questo disco? Il gruppo più internazionale del mondo, due siciliani e una giapponese di stanza a New York, ci aveva dato con “Melody of certain damaged lemons” e “Misery is a butterfly” due tra i dischi più belli degli anni zero e difficilmente poteva ripetersi a quel livello, benché “23” fosse ancora un buon disco. Inizialmente il disco spiazza un po’: l’iniziale title track è uno strumentale condotto dal flauto sugli arpeggi di una chitarra acustica. Poi Lady M è un bel brano misterioso, in cui Simone Pace torna finalmente a pestare i tamburi che nel disco precedente tradiva troppo coi ritmi elettronici. Dopodiché "Barragàn" non si mantiene a questi livelli. Appare un po’ troppo tirato via. I pezzi non sono brutti ma non lasciano il segno, sebbene Mine to be had non sia niente male col suo ritmo ossessivo di influenza kraut.
Ascoltando canzoni come Dripping non ci annoiamo, però si ha una sensazione di incompiutezza, di non finito. Il pathos di un gioiello come Pink love, la melodia perfetta di In particular, i tempi dispari intricati dei dischi sopra citati non abitano più qui. Anche se, lo ripetiamo, con tutta la musica brutta e stereotipata che si sente in giro il trio internazionale si mantiene ancora sopra la sufficienza. Confessiamolo, da un gruppo che compie i vent’anni di carriera non ci aspettavamo il capolavoro e infatti non è arrivato. Un loro fascino i Blonde Redhead lo esprimono sempre, fermo restando che la voce di Kazu Makino può essere irresistibile o insopportabile a seconda dei gusti, però canzoni come Defeatist Anthem (Harry and I) sanno di compitino. In breve, tipico disco per completisti e fan sfegatati. Qualche curiosità: il disco è stato concepito in Italia, ad Alba, dove i tre si sono fermato un paio di settimane dopo una tournèe. Quindi è stato inciso in uno studio nel deserto del Michigan, a partire da jam session molto libere, il produttore è Drew Brown, già al lavoro con Beck e Radiohead.
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