The Chrome Cranks Ain’t No Lies In Blood
[Uscita: 26/01/2012]
# Caldamente consigliato da DISTORSIONI
Il periodo di incubazione del nuovo lavoro in studio dei Chrome Cranks, "Ain't No Lies In Blood" è durato ben quindici anni, ma é valsa decisamente la pena attendere tanto: come ha detto un mio ‘collega’ di Distorsioni meglio non avrebbero potuto lavorare e rientrare, non deludendo le aspettative, anzi esaltandole di più a lavoro ascoltato. L'ultimo album in studio degli splendidi punk blues-noisers newyorkesi Chrome Cranks, "Love In Exile", risaliva al 1996 (Pcp): dopo c'era stato il superbo "Live In Exile" (Konkurrel, 1997), e due grandi, assolutamente imperdibili compilation, "Diabolical Boogie, Singles, Demos, & Rarities" (Alp, 2007), e "Murder Of Time: 1993-1996" (2009, Bang! Records).
Il nuovo materiale è altamente ustionante come nella miglior tradizione dei Cranks, nove brani che pur mantenendo intatto il sound arrogante e saturo che ha caratterizzato la band sin dagli esordi - si sono formati in Ohio nel 1988, sono sulla breccia da ventitre anni - introducono nuove sbalorditive soluzioni compositive, come il jazzismo stravolto di Rubber Rat, ribadendo una devastante e lucidissima personalità artistica che aveva ed ha ben pochi rivali in ambito punk blues (se esiste ancora una scena degna di questo nome), in territorio americano quanto internazionale. Peter Aaron, Bob Bert, William Weber, Jerry Teel sono oggi a tutti gli effetti dei sopravvissuti - me lo ha confermato lo stesso Aaron nell’ intervista che mi ha rilasciato per Distorsioni - di quella meravigliosa scena lo-fi americana ’90 (‘68 Comeback, Bassoholes, Oblivians, Cheater Slicks, Immortal Lee County Killers) che coniugò così genialmente radici blues, sporca attitudine punk ed abbraccio noise, facendo del decostruttivismo compositivo ed esecutivo un’arma micidiale.
A distanza di 15 anni, nel nuovo millennio, molto di quel furore, figlio delle antecedenti abrasive intuizioni di Pussy Galore, Gories, Gibson Brothers, si è placato o si è sublimato in qualcosa di molto meno urticante: ma il nuovo lavoro dei Chrome Cranks dimostra che la brace cova ancora sotto la cenere, che il sangue dell’eterna passione oltraggiosa e nichilista non mente, riuscendo come tanti anni fa ad aprire ancora varchi formidabili nella testa ed a scongiurare il sonno stabilizzante della coscienza musicale. Pur volendo esimermi dai noiosi particolari di rito riguardanti i brani – per i quali vi rimando alla mia succitata intervista – non posso sottacere delle tre intrigantissime e sconvolgenti covers, Black Garage Door (dei Libertines, una band ‘paisley underground’ anni ’80 di Cincinnati), ‘50s French Movie (di Chip Taylor, il famoso autore di Wild Thing, Angel of the morning) e Lover of the bayou (Roger McGuinn, Jaques Levy), un vecchio brano dei Byrds contenuto nel doppio album del 1970 “Untitled”, rivisitato dai C.C. in un’epica, rumorosa e per certi versi sorprendente performance di oltre dieci minuti. E’ eloquente e non lascia adito ad equivoci il biglietto da visita urlato da Peter Aaron nel primo brano di Ain’t No Lies In Blood: ‘I’m Trash’; in fondo non è cambiato nulla, bentornati Cranks.
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