Kisses From Mars BIRTH OF A NEW CHILDOOD
Disco di esordio su etichetta Disco Dada (la stessa di Simona Gretchen, Umberto Palazzo e Ilenia Volpe, tanto per fare qualche nome) per il quartetto ravennate dei Kisses From Mars al quale si è arrivati dopo un paio di EP di buon livello partiti ancora nel lontano 2004. E per questo lavoro, i ragazzi romagnoli scelgono sin dalla copertina un approccio oceanico. Mi spiego meglio, “Birth of a new childhood” è un viaggio in mare aperto, tra momenti di calma che si alternano a tempeste chitarristiche salvo poi veder tornare il sereno all’orizzonte ma, fino a quando? Un viaggio introspettivo, di quelli che solo il mare aperto può farti vivere a fondo. E anche i titoli delle canzoni un po’ ti portano in questa atmosfera, da Albatross a Tide (brano scelto per il loro primo video ridotto, per esigenze filmiche, dagli originali 10 minuti ai più “digeribili” quattro), viaggi onirici prevalentemente strumentali dove la voce ed i cori si inseriscono solo parzialmente più a far da cornice al tutto piuttosto che ad esserne protagonisti. Senses è, appunto, una esplorazione sensoriale mentre Sunset of the Giant ci racconta della inevitabile caduta del gigante consumistico occidentale e Pyramid è un trip ancestrale tra divinità e magia mentre, la conclusiva Sedna ci porta tra synth e chitarre in stile math all’esplorazione di nuovi mondi ma anche a divinità marine Inuit adirate con i pescatori che stanno distruggendo i mari.
I membri del gruppo sono tutti chitarristi che si alternano a suonare anche altri strumenti e si sente, proprio perché sono le chitarre a farla da padrone in un disco che possiamo definire di post-rock, che affonda le sue radici negli echi Pinkfloydiani degli anni ’70 per arrivare ai Mogwai, agli Explosions in the sky oppure ai nostrani Verdena di questa ultima decade. Volendo trovare un difetto, lo si potrebbe definire un po’ ridondante in alcuni dei momenti che attraversano le sette tracce per più di un’ora di musica da ascoltare sicuramente con le vostre cuffie piuttosto che in un live prevedibilmente irruento e che, mi raccontano, essere speso accompagnato da una ballerina che, mischiandosi tra il pubblico, cerca di trasmettere attraverso il movimento, le sensazioni evocate dai suoni. Un disco in ambito post-rock composto senza avere la pretenziosità di altri lavori di genere e forse, un pochino in ritardo rispetto all’esplosione del fenomeno, ma se saprete guardarlo senza la pretesa di trovarci rivoluzioni epocali potreste trovarci momenti di emozione e con spunti di improvvisazione davvero interessanti.
Commenti →