Thalia Zedek Band 29 Marzo 2014, Torino, Blah Blah
Se la vedi al di fuori del palco, Thalia Zedek non ha praticamente nulla dell’icona indie-rock (che pealtro non è, se non per un pugno di fans irriducibili). E’ una signora cinquantatreenne, non molto alta, vestita con jeans e camicia oversize, con un sorriso timido e un po’ corrucciato perennemente stampato sul volto. Quando attacca il jack della chitarra è un’altra storia, però. Non che diventi un animale da palcoscenico, questo no: rimane sempre una compassata signora con l’espressione timida e corrucciata. Ma ha stile. Tantissimo stile. Il modo in cui tiene la chitarra, la scioltezza con cui snocciola una ballata elettrica dopo l’altra, l’intensità della voce che a tratti ricorda quella di una Marianne Faithfull più giovane e yankee: tutto ciò trasuda attitudine, quella che solo certi rocker underground americani in pista da trent’anni sanno sfoderare con altrettanta eleganza e compostezza di modi. Il concerto del Blah Blah chiude il tour europeo dell’ex-Come; dal giorno dopo Thalia farà nuovamente rotta verso l’altra parte dell’Oceano, dove tra le altre cose l’aspetta in Canada un double bill con i Thee Silver Mt. Zion che ci immaginiamo da sogno. Nel locale torinese, fortunatamente pieno (al contrario di ciò che è successo a Ravenna, con meno di trenta persone tra il pubblico), la musicista di Washington presenta i suoi ultimi due lavori discografici.
Gran parte della scaletta è imperniata infatti sui brani dell’EP “Six” e dell’album “Via”, di recente pubblicazione. Ecco così scorrere canzoni come Julie Said, Winning Hand, Walk Away, Straight & Strong, la tortuosa e splendida Afloat. Tutte molto simili nella struttura - che fondamentalmente è quella della ballata epica alla Neil Young, con crescendo strumentali alla Dirty Three che tuttavia non si perdono mai in lungaggini e improvvisazioni non richieste – eppure non ci si annoia neanche per un attimo. Il merito è del carisma della Zedek, sul cui volto e sulle cui corde vocali sono impressi tre decenni di rock indipendente, ma anche dell’ottima band che l’accompagna: basso, batteria, tastiere e violino. Il suono è pieno, rotondo, avvolgente. Tra le rare incursioni nel passato, spiccano Bus Stop e quella meraviglia intitolata 1926, tratta dal primo album solista “Been Here and Gone”. La canta per ultima, soltanto lei e il tastierista, ed è la stessa emozione provata in quell’ormai lontano 2001: quella di fumare l’ultima sigaretta e perdersi nella notte newyorkese, là dove troppa gente conosce il tuo nome. Il nome di Thalia Zedek molti dei presenti, attirati anche dalla gratuità del concerto, non lo conoscevano. Ma quando lei scende dal palco, hanno tutti il sorriso felice di chi per un’ora e poco più ha visto esibirsi un’artista vera.
Commenti →