Fabio Zuffanti and ZBand: “Un viaggio lungo 20 anni” 28 marzo 2015, Genova, Teatro “La Claque”
“Un viaggio lungo 20 anni” è il titolo dell’evento organizzato dal compositore, polistrumentista e cantante genovese Fabio Zuffanti per celebrare, appunto, il suo ventennale di carriera. Che, per la verità, è iniziata nel 1994, anno di pubblicazione del suo primo album con i Finisterre; quindi nel frattempo gli anni sarebbero già diventati 21, ma questo show di proporzioni monumentali ha impegnato l’artista ligure per circa un anno, e nel corso di questo articolo capiremo anche perché. Sono da poco scoccate le 21:30 quando Zuffanti sale sul palco e, proprio come è uso fare Peter Gabriel con gli artisti dell’etichetta Real World che aprono i suoi concerti, spende due parole di presentazione per la band di supporto. Aprono quindi il concerto i Merry Go Round, band di Pontedera nata dalle ceneri dei gloriosi Standarte (gli appassionati di rock progressivo italiano certamente ricorderanno questo nome). Un sano hard-rock costruito sugli intrecci di due chitarre, sulle quali però si snodano virtuosismi tastieristici (con un vero organo elettromeccanico e un Mellotron originale sul palco!) che spaziano tra il gusto di Ken Hensley e quello di Vincent Crane, tra Brian Auger e i nostrani Biglietto per l’Inferno, e con una particolarissima voce femminile, sciamanica e lisergica, che evoca a tratti persino un David Surkamp dei Pavlov’s Dog.
Chiuso l’opening-act, torna sul palco Fabio Zuffanti, che presenta la ZBand, il nucleo-base che lo accompagnerà in un concerto, come vedremo, ricco di ospiti: il bassista-cantante è affiancato da Martin Grice (dei Delirium) al flauto e al sax, da Paolo “Paolo” Tixi (irrinunciabile questo suo doppio Paolo come elemento distintivo!) alla batteria, già noto in ambienti prog-rock per avere inciso due album con Il Tempio delle Clessidre, da Giovanni Pastorino, poliedrico musicista che in passato ha suonato con gruppi reggae, jazz, metal e ska, alle tastiere e dal neo-acquisto Simone Amodeo alla chitarra. L’apertura, ovviamente, non può che essere affidata al recente album solista che tante soddisfazioni sta regalando a Zuffanti, e cioè “La quarta vittima”, dal quale viene scelta Non posso parlare più forte. Preceduta, però, da una intro strumentale, Prologue, contenente il tema portante di un altro album recentemente pubblicato da Fabio, però a nome Hostsonaten: il concept-album “The rime of the ancient mariner”. In questo prologo sale subito il primo ospite sul palco, la flautista Joanne Roan, per un emozionante duetto di fiati con Grice. Altro brano, altri temi, altre atmosfere: Fabio ricorda di quando con il batterista Maurizio “Mau” Di Tollo (ora trasferitosi in un’altra regione d’Italia e, purtroppo, impossibilitato a presenziare) aveva dato vita al progetto L’Ombra della Sera, concepito per evocare le atmosfere delle grandi colonne sonore italiane degli anni ’70.
Da quell’album viene eseguita La traccia verde, sigla dell’omonimo sceneggiato, un poderoso strumentale tra jazz-rock, funky e prog impreziosito ancora da un duetto di fiati, con Martin Grice che esegue il tema al sax in unisono con Edoardo Romano (già collaboratore di Vittorio De Scalzi e Picchio dal Pozzo tra gli altri), per poi concedersi entrambi le rispettive escursioni soliste, e con l’apporto tastieristico al piano elettrico e al sintetizzatore di Agostino Macor (tastierista de La Maschera di Cera). Nel 1999 Fabio Zuffanti ha portato in tournèe in tutto il mondo un musical intitolato “Merlin – The Rock Opera”, che ha probabilmente costituito uno dei capitoli di maggior successo della sua carriera. Da quel lavoro così importante viene presentata Madman Sings con, nella parte di un Mago Merlino tormentato e sofferente, un grandissimo e coinvolgente Alessandro Corvaglia. Come atmosfere probabilmente questo è il capitolo più vicino al cosiddetto neo-prog dell’intero concerto. Dopo il breve strumentale Outside, ecco arrivare una graditissima ospite fuori programma: la cantante Simona Angioloni, infatti, è al momento impegnata in tournèe con il musical “Evìta” e, pertanto, in teoria non avrebbe potuto essere presente, ma tutta una serie di circostanze hanno fatto sì che potesse salire sul palco, ed ecco arrivare, dall’album degli Aries (un altro degli innumerevoli progetti zuffantiani), una delicata e intimista The Moon rises again, affidata alla sola voce della cantante con il piano di Giovanni Pastorino e il basso di Fabio. Chi segue Zuffanti su facebook sa che da parecchi mesi l’instancabile stakanovista del rock genovese sta lavorando a un ulteriore nuovo progetto, composto in duo con Stefano Agnini, tastierista e paroliere de La Coscienza di Zeno, senza dubbio una delle migliori band della scena prog italiana attuale. Zuffanti, per questo album di imminente uscita, ha dato vita a un bizzarro giochetto, e cioè quello di tenere segreto il nome della nuova formazione.
Ebbene, come annunciato sui social network dallo stesso Fabio, quale occasione migliore di questo show del ventennale per far crollare questo velo di mistero? Ed è Agnini a rivelare che la nuova formazione si chiama La Curva di Lesmo, un nome che è un omaggio al primo fumetto di Guido Crepax, edito nel 1965, in cui appare il personaggio di Valentina. Il livello di attesa raggiunto dal folto pubblico è tangibile nell’aria: da mesi, ormai, si parla di questo album “segreto” ed è giunto il momento di dare spazio a una ghiotta anteprima. Quindi brano tutto nuovo e band tutta nuova, con Stefano Agnini alle tastiere, Andrea Orlando (anch’egli de La Coscienza di Zeno) alla batteria, Luca Scherani (Coscienza di Zeno e arrangiatore di molti album di Hostsonaten) alla fisarmonica, Laura Marsano (già ne La Maschera di Cera) alla chitarra elettrica, Fabio Gremo (bassista de Il Tempio delle Clessidre e chitarrista degli Ianva) alla chitarra classica e, naturalmente, Zuffanti al basso. Ma, soprattutto, due cantanti di chiara fama e due ospiti attesissimi dal pubblico: il conosciuto cantautore genovese Max Manfredi interpreta il personaggio maschile e Jenny Sorrenti (già nei Saint Just e autrice di ottimi album solisti, con musicisti della scena napoletana del calibro di Enzo Gragnaniello e del compianto Pino Daniele) interpreta il ruolo femminile. Una lunga suite, intitolata L’Isola delle lacrime, nonché uno dei momenti più alti, più emozionanti, più coinvolgenti dell’intero concerto, per il quale non è eccessivo il termine “memorabile”. Ancora un estratto dal felice parto La quarta vittima: è la title-track, con le sperimentazioni vocali di Simona Angioloni e un delizioso “scat” a due voci tra lei e Fabio.
Ci stiamo avvicinando alla fine dello show e non può mancare, in una cronistoria zuffantiana, un capitolo dedicato a La Maschera di Cera, band con cui Zuffanti ha pubblicato cinque album in studio e due dal vivo. Dalla loro opera più recente, “Le porte del domani”, viene scelto il brano che era stato lanciato in anteprima mediante un ottimo video, intitolato La Guerra dei mille anni. Qui la ZBand abbraccia e accoglie sul palco ancora Alessandro Corvaglia alla voce e ancora il tastierista Agostino Macor, per l’occasione al mandolino, mentre Zuffanti passa alla chitarra acustica e cede il basso a Carlo Barreca dei Fungus, altra storica formazione rock genovese. Un’occasione per ricordare la tragica e prematura scomparsa proprio di un altro componente dei Fungus, Alexander J. Blissett, avvenuta pochi giorni prima di questo concerto. Non si può non chiudere il concerto con quella band da cui tutto è partito nel 1994, i Finisterre: ed ecco un monumentale, epico susseguirsi di Ode al mare e un estratto da Orizzonte degli eventi affidato a un vero e proprio muro di suono dato dalla fusione delle due bands quasi al completo, con due batteristi (Andrea Orlando e Paolo Tixi), tre tastieristi (Macor, Pastorino e Boris Valle), due chitarre (Stefano Marelli, anche alla voce, e Amodeo), il basso di Zuffanti e i fiati di Martin Grice. C’è ancora tempo per due brani, Una sera d’inverno, con una memorabile, toccante prestazione chitarristica di Laura Marsano, vera protagonista del brano (che chiude l’album La quarta vittima) e un estratto della Rainsuite degli Hostsonaten (da “Winterthrough”, album appartenente alla “Tetralogia delle stagioni” di questa band) con la line-up sul palco rinforzata da Luca Scherani e Edmondo Romano.
Nonostante siano quasi le due di notte, Zuffanti regala ancora due bellissimi bis: La notte trasparente, originariamente del repertorio de La Maschera di Cera ma per l’occasione rivisitata da una commovente interpretazione di Jenny Sorrenti, e Musica Strana, motivetto apparentemente scanzonato ma in realtà dal retrogusto amaro, probabilmente “l’hit” di maggior successo di Zuffanti, tratto dall’album “La foce del ladrone”, la sua opera più cantautorale. Tre considerazioni, al termine di tutto ciò: la prima è che la musica di qualità paga ancora, e lo dimostra il fatto che il teatro La Claque (pur non essendo, obiettivamente, una location enorme) era gremitissimo, con gente anche in piedi o seduta per terra; la seconda è che Zuffanti le cose le sa fare veramente bene e lo ha dimostrato una volta di più: uno spettacolo con una grinta e un ritmo micidiali, senza un attimo di noia, gestito alla perfezione nonostante gli innumerevoli cambi palco; la terza è che chi era presente è andato via con la sensazione di non aver assistito soltanto a un concerto, ma a un vero e proprio “unicum”, ineguagliato e senza precedenti per quanto riguarda la storia del neo-progressive rock italiano.
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