The Fog Ensemble THROBS
[Uscita: 19/10/2018]
Grecia #consigliatodadistorsioni
I greci The Fog Ensemble tornano con il loro secondo album, dopo l’omonimo debutto del 2015. Registrato allo studio Shellac di Thessaloniki, città natale della band, e pubblicato dall’etichetta indipendente Inner Ear Records, “Throbs” è un tripudio di sonorità polifoniche perfettamente armonizzate tra loro. Antonis Karakosta (chitarra e synth), Nicholas Kondylis (basso) e George Nanopoulos (batteria) hanno confezionato un lavoro più “curato” e meno ruvido, una fiaba oscura che segue un suo preciso ordine narrativo impossibile da interrompere, una sorta di dichiarazione d’intenti. Il trio si muove lungo un percorso intriso di distorsioni shoegaze, ritmica post-rock e basso dark-wave, elementi che evocano delle immagini estremamente vivide, in grado di dare forma a un’esperienza d’ascolto immersiva e in qualche modo multimediale. Il viaggio inizia con Lighthouse, un brano leggero rispetto al resto dell’album, che introduce l'ascoltatore nella fosca foresta di cemento che lo accompagnerà per tutta la durata dell’avventura. Un gioiellino post-rock, unico brano a contenere un breve interludio vocale tra scenari nebbiosi. Droog Party ha una delicata linea di synth che si schiude in un mandala shoegaze psichedelico e oscuro: si è introdotti in fluidi territori sconosciuti, un momento di suspense prima di essere trascinati nell'abisso.
I brani centrali dell’album sono emblematici per comprendere le influenze della band e il modo in cui le hanno rielaborate. Fever Bliss si fa spazio con sonorità che ricordano lo shoegaze cupo e moderno degli A Place to Bury Strangers, il ritmo è incalzante, le atmosfere tribali e sognanti. Weather Girl, con i suoi giri di basso e synth dark-wave risulta comunque allineata con il resto dell’album. La lunga intro della title-track sembra un omaggio ai Sonic Youth; il suono giocoso e cantilenante di uno xilofono assume un’accezione sempre più inquietante, da film dell’orrore, sovrastato da un'aura apocalittica e cupa che alla fine prevale. “Throbs” si chiude con Breathe, un brano caratterizzato da una partenza soffocante e da una funerea elettronica ovattata; la fine, positiva e incalzante, catapulta risolutamente fuori da un enigmatico percorso durato poco più di mezz'ora. Un viaggio volto alla scoperta della parte più oscura di se stessi, fatto di eruzioni risonanti, atmosfere sognanti e al contempo spettrali: si sente spesso il bisogno di districarsi tra gli inquietanti rovi che ostacolano il cammino. Un album potente e levigato, con lo stile di una fiaba horror, essenziale per gli amanti dello shoegaze e del post-rock.
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