Suzanne Vega TALES FROM THE REALM OF THE QUEEN OF PENTACLES
[Uscita: 03/02/2014]
# Consigliato da Distorsioni
Sono trascorsi ormai quasi trent'anni dal folgorante esordio dell'allora venticinquenne, apparentemente fragile, cantautrice che ammaliò il mondo intero con brani quali The queen and the soldier o Marlene on the wall. Era il 1985 e le atmosfere rarefatte eppure pungenti di quel disco riuscirono a far breccia nei cuori e nelle menti di una generazione soffocata, consapevolmente o meno, da suoni e immagini che altro non erano se non colonne sonore del nulla. La sua voce delicata e dolce, ma pronta a irrobustirsi e incattivirsi. La sua chitarra di seta e i suoi arpeggi elfici. Le magie armoniche del mai troppo rimpianto Michael Hedges. La biondina minuta dagli occhi di cerbiatto, devota all'arte sublime di Leonard Cohen, David Crosby e Rolling Stones (che la sua prima figlia si chiami Ruby non è un caso), si fece rapidamente largo in quel pantano sonoro con la sola forza della poesia e della passione.
Oggi, a distanza di sette album, fra cui il secondo e celeberrimo “Solitude Standing” (Luka è tuttora fra i brani più ascoltati via etere), Suzanne Vega ritorna con un album magnifico. Ha atteso otto anni per proporci nuovi brani ed il tempo non passa mai invano. Le dieci tracce di “Tales from the realm of the queen of pentacles” ci offrono perle sonore di rara bellezza. Il suono è compatto, sicuro. L'iniziale Crack in the wall è assolutamente entusiasmante. Echi di Chimes of freedom degli amati Byrds e distorsioni psichedeliche, non inedite nella sua produzione, introducono come meglio non si poteva all'ascolto di un cd che con la successiva Fool's complaint spinge ulteriormente sull'acceleratore di un incanto a metà strada fra il jingle-jungle sound e il folk rock. Antiche reminiscenze che rimandano d'impatto all'immenso “Beggar's Banquet” degli Stones. Ascoltate Never wear white per averne ulteriore conferma. Portrait of the knight of wands ci riporta soavemente alle atmosfere della Suzanne che conoscevamo, ma arricchite da intarsi sonori che manifestano la chiave di volta di un nuovo approccio emozionale.
Il disco è un arabesco di chiaroscuri, incredibilmente intenso. Una potente, emozionante spinta interiore guida tutto il lavoro. La voce e i testi incantano, pregni di una nuova, consapevole maturità creativa ed espressiva. Don't uncork what you can't contain e la successiva Jacob and the angel giocano con i nostri sensi come un caleidoscopio di colori e sfumature. E' rock, ambient, psichedelia... Arte. Mai come ora Suzanne lavora di cesello su riff, arpeggi e armonie. Registrato fra Praga, Londra, New York e Los Angeles, Tales from the realm of the queen of pentacles è un album straordinariamente vivo. Il passato è parte di questo splendido presente. Alla purezza degli esordi si aggiunge la raggiante maturità, artistica ed esistenziale di una splendida artista di 54 anni. La disarmante bellezza di Horizon (There is a road) può forse essere considerata la summa non solo di un disco, ma di una serena (per quanto possibile) presa di coscienza con la vita e i suoi estremi. Un grande ritorno. Una bella lettera da una vecchia amica. Un disco di gran classe. Bellissimo.
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