Swervedriver FUTURE RUINS
[Uscita: 25/01/2019]
Inghilterra
È passato poco più di un mese dall’addio al 2018 e subito gli Swervedriver ci riportano indietro di almeno venticinque anni con “Future Ruins”, sesto capitolo per la band di Oxford dagli esordi di “Raise” nel 1991. Di acqua sotto i ponti ne è passata e anche quella scena che si sbattezzava tra vagiti psichedelici e astrazioni shoegaze ha avuto il modo di poter vivere una seconda vita adulta: così, dopo Lush, Ride, My Bloody Valentine e Slowdive, anche gli Swervedriver nel 2015 con “I Wasn’t Born To Lose You” sono tornati a fender jaguar, coltri di fuzz, malinconiche cantilene, arpeggi psichedelici e cieli inglesi. “Future Ruins” va a parare dalle parti dell’ultima produzione della band, quegli “Ejector Seat Reservation” e “99th Dream” che sbollirono l’anima hard-psichedelica dei primi due album.
Il sesto lavoro della band di Adam Franklin punta a costruire impalcature post-psichedeliche (Future Ruins, Theeascending), pop-song trapuntate di fuzz (Mary Winter, Drone Lover, Spiked Flower), episodi di arioso shoegaze (The Lonely Crowd Fades in The Air, Good Times Are So Hard To Follow) e iterazioni post-rock dagli esiti differenti: a volte sospesi in un vortice lisergico (Golden Remedy), altre sopiti in un grigiore urbano (Everybody’s Going Somewhere & No One’s Going Anywhere) o come nel caso della finale Radio Silent, rinchiusi in un’epica malinconia. Nonostante dalla frantumazione di shoegaze e brit-pop sono nati nuovi trend musicali in seno al rock alternativo, fare i conti con ciò che rimane di quei due generi musicali sembra oggi non avere molto senso. Si può guardare a “Future Ruins” come l’onesto lavoro di musicisti sopravvissuti al corso del tempo in maniera più che dignitosa.
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