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4 Aprile 2013 ,

Nu Creative Methods SUPERSTITIONS

2013 - Music à la Coque
[Uscita: 23/01/2013]

nu creative methodsDavvero questo disco sembra fuoriuscire da un tempo lontano o addirittura collocarsi fuori dal tempo. In una dimensione onirica e ovattata, come in un quadro naif che racconta a tinte vivide paesaggi di armonie perdute, di giorni felici trascorsi nell’ordinario, di semplicità, di purezza, di istinto, di gioia ed entusiasmo. Nu Creative Methods, pur suonando come un ensemble quasi da happening, sono un duo: Pierre Bastien e Bernard Pruvost. Si cimentano con una considerevole mole di strumentazione bizzarra: dal corno al toy piano, dallo xylo drums all’armonica, dal sax al liuto e tanto ma tanto altro. Il disco “Superstitions” proviene da vecchi nastri del 1984 usciti per la label italiana ADN. Ora finalmente grazie all’iniziativa di Music à la Coque, coraggiosa e storica etichetta barese indipendente gestita in toto da Pino Montecalvo, vengono sottratti dal dimenticatoio, dai meandri del tempo e collocati in un CD che ne mette in risalto la grandissima attualità e freschezza precorritrice con l’aggiunta di una traccia inedita.

 

Tutto è assolutamente depurato da qualunque intrusione elettronica. Il bizzarro e lo straordinario, l’avanguardia e l’intuizione fuoriescono esclusivamente dalla fantasia multicolore degli artefici. Un concretismo ambientale ed etnico, giochi di equilibri ottenuti manipolando il suono, testandone tutte le possibili potenzialità. Stridori, disarmonie, giochi di effetto, sublimazioni. Tutto scorre nei canali uditivi e sensoriali sotto forma di messa in scena rocambolesca ed estemporanea. Tutto ha quell’impronta di grezzo, di non rifinito ma di estremamente vibrante e affascinante. C’è un po’ di teatro dell’assurdo in queste improvvisazioni in bassa fedeltà, un po’ di espressionismo, il grottesco demenziale deimusic à la coque Fugs, l’astrattismo cacofonico dei Faust, i collage informali di Zappa e Beefheart. Ci sono forti rimandi alle origini intese come primitivismo espressivo. Le scene descrittive situazioniste che interpellano i linguaggi altri e che traggono in ballo la chiave di lettura personale.

 

Quindi la poesia, le nostre corde liriche, la parodia stessa della condizione umana. Grand Hôtel et de Palmes è una vera e propria jam giocata sugli intarsi dadaisti delle timbriche. Un effetto quasi tattile sui vari materiali di volta in volta percossi: vetro, legno, metallo, corde, pelli. Un gioco che finisce per trascinare ad una specie di cerimoniale esotico e ad un intenso rapimento sensoriale. Un approccio amatoriale che si insinua con precisione chirurgica nelle nicchie della psiche traendone evocazioni ancestrali. Barrio Chino è introdotta da uno stridore ottenuto dal piano a lamelle. Sembra l’esorcismo del subconscio. E’ inquietante nell’incedere, diventa pressante - a tratti opprimente - nella reiterazione. Tabarikala è uno sciame di distorsioni frenetiche.

 

Un’apoteosi timbrica il cui contrasto più suggestivo è l’intensificarsi frenetico del battito e la distorsione lo-fi che lo attraversa, diventando via via più disturbante ed abrasiva. Una specie di radio mal sintonizzata. La title track sembra l’evolversi di un rituale pagano. Vi convivono distorsioni ed armonie in un collage di pura frenesia. La completa assenza delle pierre bastienvoci esalta la coralità degli strumenti e la loro interazione sempre fuori fuoco e leggermente dissonante. Ciò a voler tradurre un gioco costruttivo e impulsivo che predilige l’istinto, la fantasia e la volubilità del genio umano in una parodia rocambolesca degli eventi e dell’aleatorio loro concatenarsi. La messa in scena di sketch grotteschi ma anche spassosi che dipanano un artigianato musicale che è quella base grezza, quella tela bianca da imbrattare, su cui potrà sbizzarrirsi il nuovo risveglio creativo della musica a venire.

 

Voto: 7/10
Romina Baldoni

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