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19 Giugno 2012

The Blues Brothers John Landis

1980 - USA

Yhe Blues Brothers"Usavano lo scantinato perchè era un posto segreto e perchè l'eco rendeva il loro suono bello sporco, come se Howlin' Wolf e Little Walter stessero suonando a tutto volume in un brutto sogno in grado di propagarsi nella stanza fredda. Una notte, Jake portò con sé una scintillante corda di chitarra, un Mi cantino che affermò appartenere a Elmore James. La strinse forte e nel momento in cui brillò alla luce della lampadina, Jake fece un taglio sul dito medio di Elwood per poi fare lo stesso con il suo. Da quel momento, quei due ragazzi con il soul nel sangue divennero fratelli. Jake e Elwood Blues ... The Blues Brothers".

Questo breve estratto dalle note di copertina di "Briefcase Full of Blues", primo album a nome Blues Brothers registrato dal vivo e pubblicato nel 1978, ci fornisce già una fiabesca suggestione sulla creazione di quello che sarebbe prima esploso come fenomeno, per poi assurgere allo status di mito; una leggenda destinata a marchiare intere generazioni a venire.

Ora, a trent'anni dalla scomparsa di John Belushi e in concomitanza con i festeggiamenti che la Universal ha programmato per il centenario della sua attività, la versione restaurata di "The Blues Brothers" viene proiettata nei cinema in contemporanea mondiale il 20 e 21 giugno 2012.

 

1978: The Making of

Questo è l'anno nel quale nasce ufficialmente la Blues Brothers' Show Band and Revue, ma prima ancora che con il loro disco d'esordio, i personaggi di Jake e Elwood acquistano una prima popolarità grazie a un numero musicale che li vede protagonisti all'interno della trasmissione televisiva Saturday Night Live, del cui cast originale sia Dan Aykroyd che John Belushi fanno parte sin dall'inizio. Da subito, i due comici impongono al pubblico non solo il tipico abbigliamento nero, ma anche quell'attitudine giocata sulla spavalderia di chi non ha più nulla da perdere ma tutto ancora da guadagnare. E soprattutto il sound! Prendendo in prestito le parole di Dan Aykroyd, i Blues Brothers possono definirsi come 'una band di Chicago che suona blues elettrico ed urbano fusa all'esperienza della Stax-Volt di Memphis'. Potrebbe sembrare che ci sia un eccesso di enfasi in queste parole, ma la miscela di soul, blues, rhythm & blues, rock & roll e jazz della Blues Brothers Band presenta davvero caratteri di originalità stilistica non indifferenti. I punti di forza sono stati indubbiamente una produzione impeccabile in casa Atlantic, la scelta di un repertorio (nel quale nessuno dei brani incisi è stato scritto dai Blues Brothers) reso ancora più accattivante da nuovi arrangiamenti e altrettanto indubbiamente la sua esecuzione a un livello qualitativo altissimo.

 

Già, perchè 'La Banda', tanto evocata nel film da un Jake illuminato dalla luce divinablues brothers band durante una forsennata funzione religiosa celebrata dal 'reverendo' James Brown, è uno dei cardini essenziali su cui ruota il successo dei fratellini. Vi hanno militato veri e propri pezzi di storia della musica soul e rhythm & blues come il chitarrista Steve Cropper e il bassista Donald "Duck" Dunn. I due, oltre a provenire direttamente dagli MG's di Booker T, hanno legato indissolubilmente i loro nomi a quelli di artisti quali Otis Redding e Sam & Dave. Se questo può sembrare sufficiente a conferire una caratura di alto rilievo alla 'Banda', non si deve certo tralasciare il fatto che il chitarrista Matt "Guitar" Murphy abbia suonato con alcune tra le leggende del blues come Howlin' Wolf e Memphis Slim e che il batterista Willie Hall abbia militato nei Bar-Kays e accompagnato più volte Isaac Hayes. E ancora, il trombonista Tom Malone, oltre ad aver firmato gli arrangiamenti della sezione fiati della band, può vantare un lungo sodalizio artistico con Gil Evans, mentre il trombettista Alan Rubin lo ritroviamo in numerosissime produzioni smooth-jazz dell'etichetta CTI. Il gioco delle citazioni potrebbe proseguire ancora per molto, ma lascio al lettore la facoltà di approfondire ulteriormente.

 

Un'altra peculiarità dei Blues Brothers è quella di avere un passato elaborato e costruito appositamente per rendere i personaggi 'credibili', un po' come avviene in fase di pre-produzione cinematografica quando si modella ad arte il profilo dei protagonisti. E tutto ciò ancor prima che si delineasse l'idea concreta di farne una trasposizione sul grande schermo. Ma più che una sceneggiatura, ciò che Dan Aykroyd ha contribuito più di ogni altro a creare è un terreno abbastanza solido su cui Jake e Elwood potessero muoversi, giocando con la loro immagine e con le loro invenzioni, sfruttando i numerosi riferimenti culturali riconducibili all'universo del blues ma riprendendo anche in parte il mito del fuorilegge, in un punto di mezzo tra 'Nick Mano Fredda' e Robin-Hood. Sul versante strettamente musicale, Jake e Elwood vengono plasmati prendendo spunto tanto da Sam & Dave quanto dai Downchild Blues Band, mentre per quel che riguarda l'abbigliamento l'influenza dichiarata proviene dai jazzisti degli anni 40 e 50. Ed infine, un particolare come il cappello si deve alla figura di John Lee Hooker.

 

blues brothers and Cab CallowayAccennavo al fatto che Dan Aykroyd sia stato il principale (certamente non l'unico) artefice dei Blues Brothers. L'attore canadese è a tutti gli effetti non solo un cultore del blues ma nel suo passato ad Ottawa si è cimentato più volte come musicista, riuscendo in un'occasione a suonare persino con Muddy Waters. Inizialmente è proprio Dan a introdurre John Belushi al fascino del blues, prima ancora che il compianto attore incontrasse sulla propria strada il bluesman Curtis Salgado, a cui sono dedicate sia le note di copertina di "Briefcase Full of Blues" che il personaggio del mentore interpretato poi nel film da Cab Calloway. Ma tornando a Dan Aykroyd, sua è la voluminosa prima stesura della sceneggiatura su cui si regge l'intramontabile cult-movie "The Blues Brothers".

 

1980: In missione per conto di Dio

Insomma, sembra proprio che esistessero già tutti i presupposti per il salto sul grande schermo. A dirigere il film c'è John Landis, che proprio con Belushi aveva lavorato due anni prima in "Animal House", capostipite del filone college-demenziale. Landis rivede e accorcia la monumentale sceneggiatura scritta da Aykroyd, mantenendone le idee a suo avviso più efficaci e scartandone alcune troppo paradossali, come ad esempio quella dei trasformatori di alta tensione che di notte avrebbero dovuto rigenerare la Bluesmobile, conferendole poteri speciali (un po' come potrebbe accadere nei nascondigli dei supereroi dei fumetti). Nel film vengono ripresi ed ampliati gli elementi che costituiscono la cosiddetta 'back story', sulla quale è stato addirittura pubblicato nel 1980 il libro "Blues Brothers Private"; i Blues Brothers sono cresciuti in un orfanotrofio, nello scantinato del quale vengono iniziati alla musica da Curtis, sono i leader di una band di blues e soul revival e soffrono di un'endemica allergia alla legge e ai suoi tutori. E ora sono 'in missione per conto di Dio'!

 

Comico, musicale e pseudo-poliziesco, "The Blues Brothers" è forse paragonabile a una fiaba. Ed è in quest'ottica infatti, che i personaggi del film sono resi appositamente caricaturali e calati in situazioni paradossali che sembrano rispondere più a leggi (fisiche) appartenenti al mondo dei cartoni animati che a quello reale; palazzi che crollano, cabine del telefono in frantumi, auto che precipitano da centinaia di metri d'altezza o accatastate l'una sull'altra durante epici inseguimenti, colpi di pistola e di mitra ma mai nessuno che si faccia seriamente del male. La stessa Bluesmobile rimane stoicamente indistruttibile fino a quando può prestare servizio nell'incarnare (!) lo spirito della 'sacra' missione. E, comprata a buon mercato ad un'asta della polizia, la Bluesmobile esprime simbolicamente anche la possibilità per Elwood di rivaleggiare ad armi pari con i rappresentanti delle forze dell'ordine.

 

E così, possiamo immaginare Jake e Elwood correre sulla stessa strada cheblues brothers at palace hotel idealmente un tempo fu percorsa da Bonnie & Clyde e dalla Banda Bonnot (chiaramente il riferimento non è all'omonimo gruppo musicale). Una corsa se non in senso contrario, quantomeno di traverso rispetto alla direzione che la storia prese alla fine degli anni 70, il cui disimpegno marcatamente edonista sembra ben rappresentato da pellicole come "La Febbre del Sabato Sera". Già, perchè se Tony Manero va a farsi il Mondo lasciandosi tutti dietro, i Blues Brothers il Mondo andranno a guardarlo attraverso le sbarre della prigione per aver salvato, a modo loro, il destino del loro luogo d'infanzia. E quando Elwood, pubblicizzando il concerto al Palace Hotel, afferma che sarebbe stata l'occasione 'per ballare al ritmo giusto', sembra quasi voler evidenziare la differenza con la moda della disco-music imperante in quel momento. Vale la pena riportare un piccolo retroscena presente nel documentario "The Stories Behind the Making of The Blues Brothers", la cui visione consiglio a tutti gli appassionati: Cab Calloway aveva intenzione di proporre una versione disco del suo cavallo di battaglia Minnie The Moocher, ma John Landis vi si oppose nettamente. Questo creò degli attriti tra lo showman e il regista che vennerò però del tutto superati dall'enorme e rinnovata popolarità di cui la canzone godette in seguito.

 

Arriviamo quindi a un altro dei motivi che hanno reso celebre il film, ovvero l'eccezionalità di un cast che vede la partecipazione di alcuni esponenti storici del panorama blues e soul: James Brown, Aretha Franklin, Ray Charles, il già più volte citato Cab Calloway e John Lee Hooker. Le scene che li vedono protagonisti sono tra le più trascinanti e hanno valso loro una seconda ondata di notorietà. E qui risiede uno dei meriti principali della pellicola, quello cioè di aver permesso alle nuove generazioni di allora (ma anche di oggi) di entrare in contatto con della musica che, in definitiva, può dirsi senza tempo, e che nel film gode di un rinnovato splendore grazie anche all'ottima produzione firmata da Bob Tischler. Ad esempio, la versione di Think che Aretha Franklin canta per fare la romanzina al suo uomo Matt "Guitar" Murphy è probabilmente la migliore mai incisa. E ancora, quando Ray Charles si mette al piano elettrico ed attacca con le prime note di Shake a Tail Feather, tutto il quartiere attorno al suo negozio di strumenti musicali comincia a ballare, e anche al di qua dello schermo verrebbe voglia di partecipare a questo momento di pura gioia collettiva. John Lee Hooker, invece, appare in un breve ma significativo cammeo nel quale interpreta sua immortale Boom Boom.

 

blues brothers palace hotel everybody needs somebody to loveAnche Jake e Elwood si sono dati parecchio da fare nelle loro performance. Solo per citarne alcune: She Caught The Katy (originariamente di Taj Mahal), per come è suonata ed arrangiata, è da considerarsi un vero e proprio gioiellino, mentre la versione di Everybody Needs Somebody To Love (Salomon Burke), palesemente influenzata da quella che ne fece a suo tempo Wilson Pickett, è diventata negli anni qualcosa di molto simile a un inno. Peccato che nella colonna sonora non compaia I Can't Turn You Loose (Otis Redding), brano usato regolarmente dai Blues Brothers per aprire e chiudere i loro concerti e che nel film fa da sottofondo alla scena di devastazione del centro commerciale. E per finire, il tubo catodico deve essere stato sicuramente un elemento non del tutto trascurabile nella scelta del repertorio, se oltre alla cover del tema della serie televisiva Rawhide troviamo anche un' affascinante rivisitazione di Peter Gunn Theme (Henry Mancini).

La colonna sonora, indubbiamente tra le più belle della storia del cinema, è quindi parte integrante della fortuna di "The Blues Brothers". Interessante notare come alcuni brani bresenti nell'album siano stati arricchiti dalla presenza di coriste e dal timbro di un sax baritono rispetto alle versioni presenti nel film. In alcuni casi, ad incidere invece sulla struttura musicale di ciò che ascoltiamo parallelamente allo scorrere delle immagini, è il montaggio finale della pellicola, ovvero quello che solitamente viene imposto all'ultimo al regista dalla casa di produzione e che nel migliore dei casi prevede soltanto dei tagli.

 

Le scene inedite

E' il caso di Peter Gunn Theme. Almeno per il sottoscritto, il sospetto di stare ad ascoltare qualche anomalia nel film c'è sempre stato. Avendo poi visto quello che si potrebbe definire come il 'Director's Cut' ne ho la conferma. E mi godo anche una piacevole sorpresa. La scena integrale della Bluesmobile per le vie di una Chicago notturna, fino all'arrivo al fatiscente hotel dove vive Elwood, scorre lungo quasi tutta la durata del brano (in verità anche qui c'è un piccolo taglio), di cui possiamo apprezzare una versione ancora più suggestiva ed ipnotica per via della presenza di alcune brevi ma intriganti parti di chitarra effettata (echo o delay). Musica del tutto aderente con le immagini: uno spezzone inedito del vicolo che conduce al parcheggio segreto della Bluesmobile, un nascondiglio illuminato soltanto da lampadine rosse alla cui entrata campeggiano gli avvisi di alta tensione. Detto così sembra roba da poco, ma per quel che mi riguarda la scena, dal carattere fortemente fumettistico, è di quelle che avrebbero sicuramente alimentato il mio immaginario adolescenziale.
 

Un'altra parte interessante è quella di Maxwell Street, dove Aretha Franklin e MattBlues Brothers "Guitar" Murphy gestiscono il Soul Food Cafe. E non solo perchè si può ascoltare del tutto John Lee Hooker ed il suo classico Boom Boom, ma anche perchè nell'edizione integrale si può godere di una panoramica un po' più estesa della strada e della gente che la anima, l'umanità di quella Maxwell Street dove è nato di fatto il blues elettrico, noto anche come 'Chicago Blues'.

 

Personalmente, ritengo che nel complesso Landis abbia fatto un buon lavoro durante il processo di accorciamento della pellicola e che effettivamente una parte delle scene tagliate, seppure costituisca materiale interessante per i cultori, rischia di appesantire e rallentare lievemente la visione. Vale però la pena di riportare un altro paio di episodi. Il primo è ambientato in un impianto in cui vengono stoccati contenitori di sostanze chimiche, luogo in cui Elwood lavora (senza occhiali neri) e dal quale dà le dimissioni. Come se già sapesse che andare in 'missione per conto di Dio' comporterà necessariamente ingaggiare delle battaglie, il minore dei fratelli Blues prepara il proprio piccolo equipaggiamento da sabotatore facendo una rapida incetta di bombolette. Ed è nella scena in cui i Nostri arrivano furtivamente al Palace Hotel che ne scopriamo il contenuto; dopo aver spruzzato del mastice sulla leva dell'accelleratore del camper proveniente da Nashville (parte che già conosciamo bene), Elwood immette nei pneumatici delle macchine della polizia un composto a base di butano che successivamente li farà scoppiare. In questo montaggio, i Blues Brothers arrivano sul palco molto dopo che Cab Calloway e la banda hanno terminato Minnie The Moocher, e questo è decisamente uno di quei casi in cui si avverte un certo calo di ritmo.

Ad ogni modo, mi sento vivamente di consigliare agli appassionati la visione del film completo di tutte le sue parti, mentre sembra che nelle date programmate dalla Universal la versione che verrà proiettata sarà semplicemente quella restaurata trasposta in digitale.

 

Oltre il mito

L'icona dei Blues Brothers è ora pronta a confrontarsi con il nuovo millennio. Possiamo archiviare il fallimento del sequel "Blues Brothers 2000" come un goffo passo falso che nulla aggiunge e nulla toglie alla magia che negli anni ha mantenuto quasi del tutto intatto quello status di mito al quale accennavo all'inizio. Certo, l'idea di comicità nel frattempo è almeno in parte cambiata, come del resto anche le modalità con le quali viene ascoltata (e consumata) la musica, e viene perciò da chiedersi quali possano essere le reazioni degli appartenenti alle nuove generazioni di fronte al grande schermo, ammettendo speranzosi che le date del 20 e 21 giugno non siano soltanto occasioni per una nostalgica celebrazione.

Per concludere, credo di poter parlare non solo a titolo personale quando affermo che "The Blues Brothers" è stata un'importante scuola di formazione musicale, una buona e piacevole opportunità per entrare in contatto con la storia del soul e del blues, una storia che qui troviamo tramandata direttamente da alcuni dei suoi rappresentanti più illustri. Ed infine, permettetemi di dedicare questo articolo a mio padre, il quale dopo avermi fatto da 'cattivo maestro' una prima volta, ha pazientemente condiviso con il sottoscritto ripetute e innumerevoli visioni del film.

Ora non mi rimane altro che augurarvi un buon divertimento.

Aldo De Sanctis
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