Jester at Work A BEAT OF A SAD EARTH
Eclettico artista pescarese, Antonio Vitale si nasconde nello scrigno musicale Jester at Work sin dal 2009 proponendo un'idea rigorosa di folk-rock complesso e moderno. Il nuovo EP “A Beat of a Sad Heart” non si discosta molto da questa definizione. Eppure vi è qualcosa in più che ha a che fare con la definizione stessa di suono. Il lavoro è curato maniacalmente nella ricerca di una personalità sonora nitida fatta di registrazioni ricercate sul filo del lezioso. Tanto che non sembra affatto la maturità a mancare a questo artista completo, ma una certa quiddità istrionica. Le tracce sono perfette nella loro compostezza e anche nel discreto riferimento a mostri sacri quali Lanegan, Dulli e Zappa i quali costituiscono certamente il pantheon del quale tutto l’EP in questione è un votivo; perfette dunque prevedibili, perfezione ciclica ben rappresentata dal cane latrante che apre e chiude Me and Grace, per altri versi ottimo esempio di scherzo contemporaneo per chitarra e ironia. In verità tuttle le sei creazioni di cui consta “A Beat of a Sad Heart” sono caratterizzate da una notevole tensione verso il ripensamento di un genere che si vuole a metà strada tra il folk e il blues e che Behind the Wall ben rappresenta nel suo proporsi come brano di formazione sia creativa che umana laddove centrale è il rapporto tra adultità e libertà in ogni senso decisivo. Il disco scivola quindi via in modo gradevole senza tortuosità anche grazie al velluto che la voce di Antonio Vitale stende intorno a piccole gioie come l’introversa Sad Heart della quale segnaliamo il pregevole video che ne accompagna l’uscita. Non mancano tuttavia note più ruvide nata da una visione più impressionista della composizione e People Lie ne è un esempio graffiante che scava la pelle urlando che un altro blues è possibile. È questo il brano meno controllato, a fare il paio con Bold, del lavoro di Jester at Work che rientra in meno saturnini consigli con il classico country rock di Lighthouse Man.
Se abbiamo delle riserve, quindi, su questo ottimo lavoro è solo perché abbiamo delle riserve sul ruolo del cantautorato nella contemporaneità musicale, ruolo che tuttavia Jester at Work sa interpretare con sicumera da palcoscenico internazionale. Un’ultima nota sull’impegnativo - e quindi parte integrante della produzione artistica - package del disco illustrato da Andrea Ciccotelli che vorrebbe civettare con le grandi icone del prog ma che appare fuori luogo e veramente troppo hype, come si usa dire oggi.
Ottima recensione , mi spiace che l’artwork non le sia garbato, comunque il cognome e’ Ciccotelli. Saluti Hype.
abbiamo provveduto a correggere il suo cognome. Chiediamo scusa per l’inconveniente.
p.w.b. – dir.edit.art. distorsioni webmagazine