Artisti divisi sul referendum scozzese
Probabilmente dal 18 settembre prossimo la cartina politica europea potrebbe subire un cambiamento che sconvolgerà ancora una volta il nostro continente. La possibile, per alcuni probabile, indipendenza della Scozia, non soltanto romperà l’unità politica britannica, ma rischia di creare una complessa serie di eventi a catena dagli imprevedibili sviluppi. Molte sono le fibrillazioni indipendentiste che scuotono i Paesi europei, Belgio e Spagna in primo luogo, che dalla vittoria separatista della Scozia trarrebbero inevitabile spinta. Può apparire paradossale che mentre si tenta faticosamente e non sempre positivamente di costruire una grande Unione Europea i singoli Stati rischino di frazionarsi. Ma questo è proprio il risultato di un processo che si sta attuando sulle spalle dei popoli, governato dalle regole e dall’ideologia del liberismo più sfrenato e dal potere dei mercati finanziari. La globalizzazione non solo non ha portato a quel governo illuminato del pianeta sognato di Kant, ma al contrario sta provocando un risveglio del senso identitario che ha almeno un duplice aspetto: da un lato la rivendicazione delle radici, della piccola patria e di uno spirito etnico che vuole escludere l’altro e difendersi dal mercato globale ripiegandosi su se stessi, dall’altro sviluppa il senso della comunità, non su base etnica, ma come mezzo per riappropriarsi del potere di scelta sul proprio territorio e sul proprio destino in funzione antiliberista e di contrasto al dettato egemonico della finanza e del grande capitale.
Billy Bragg
E’ quest’ultima la strada intrapresa dagli scozzesi che hanno più volte dichiarato di non aver nulla in comune con movimenti razzisti come la Lega di casa nostra, con buona pace dei fautori del mito (equivocato) del film “Braveheart”. Non a caso fra i sostenitori del sì c’è Billy Bragg che già in aprile, in un articolo sul Guardian aveva argomentato a favore del sì all’indipendenza in funzione antiliberista. Per il musicista il sì non soltanto sarebbe positivo per gli scozzesi, ma forse ancor di più per gli stessi inglesi, molti dei quali in questi anni guardano con invidia ai loro cugini del Nord, la cui legislazione, al contrario di quanto accade nell’iperliberista Inghilterra, ha mantenuto uno stato sociale forte e dove la privatizzazione è stata minima. Per Bragg è necessario far cadere il ruolo preponderante ed egemonico che Londra esercita sul resto del Paese, il processo di devolution sembra essere la strada maestra: «Il parlamento inglese sembra essere la risposta più semplice a questo problema, ma esso è un corpo troppo grande, troppo distante e troppo centralizzato per consegnare davvero il potere devoluto alle comunità locali. Una serie di assemblee regionali, ciascuna con gli stessi poteri di cui ora gode quello scozzese, potrebbe far superare le preoccupazioni degli elettori che le grandi decisioni vengono prese altrove da poteri che non hanno alcun interesse per il benessere della nostra società»
‘A Night For Scotland. Vote Yes’
Ma Bragg non è stato il solo artista a schierarsi sulla questione, secondo tradizione consolidata del mondo anglosassone gli artisti hanno generalmente un forte senso civico e sentono il bisogno di far sentire la propria voce sulle questioni politico-sociali, si pensi recentemente alle prese di posizione sui bombardamenti di Gaza: tutto il contrario di quanto accade a casa nostra, qui purtroppo la stragrande maggioranza degli artisti preferisce star zitta pur di non inimicarsi parte del pubblico. Se il regista Ken Loach è schierato su posizioni molto vicine a quelle di Bragg, è stato Sean Connery uno dei primi e più accesi fautori del sì come mezzo per non soggiacere più ai dettami di Londra. L’attore è sostenitore dello Scottish National Party e dell’attuale governo regionale. Sempre per il sì si sono pronunciati lo scrittore Irvine Welch e Stuart Murdoch dei Belle & Sebastian, inizialmente alquanto scettico. Per dare il loro appoggio alla causa del sì Franz Ferdinad e Mogwai, due fra le indie band scozzesi più popolari, hanno annunciato la loro partecipazione a una manifestazione/ concerto che si terrà a Edimburgo il prossimo 14 settembre. Vi parteciperanno altri artisti, fra cui la band indie Frightened Rabit, sotto il titolo ‘A Night For Scotland. Vote Yes’.
I Mogwai sembrano voler far leva sull’orgoglio nazionale e sull’opportunità che la separazione offrirà alla Scozia: «Una volta nella vita abbiamo l’opportunità di prendere il nostro posto sulla scena globale e mostrare al mondo di cosa siamo capaci», mentre per il rapper scozzese Stanley Odd il referendum può rappresentare un’importante svolta nella politica: «verso la lotta alla povertà e alla disuguaglianza sociale e per riconoscere l’importanza dei pubblici servizi». Molto deciso Morrissey, per l’ex Smiths: «Devono tagliare i legami con lo stupido Regno Unito. Amo la Scozia, e mi piace lo spirito scozzese e non hanno bisogno di Westminster.». Ma la dichiarazione più intrigante è quella di Annie Lennox, la battagliera cantante spesso in prima fila nelle lotte civili: «C'è un'opportunità per qualcosa di innovativo e visionario. La Scozia potrebbe avere un qualche tipo di nuova, etica, visionaria posizione e potrebbe assumere alcune idee nuove. Questo potrebbe essere sorprendente, veramente sorprendente..».
‘Scotland, please stay with us’
Questo è invece l’appello lanciato invece da David Bowie in febbraio in occasione dei Brit Awards. Sulla stessa lunghezza d’onda le 200 personalità che ad agosto hanno firmato un appello per il no - «le cose che ci uniscono sono molto di più di quelle che ci dividono» - firmato fra gli altri da Mick Jagger, Bryan Ferry, Sting. Per il no anche Paul McCartney, David Byrne e l’attrice Emma Thompson: «Perché insistere sulla costruzione di un nuovo confine tra gli esseri umani in un mondo sempre più piccolo, dove stiamo ancora lottando per vivere fianco a fianco?», evidentemente preoccupata da possibili derive di stampo leghista. Meno netta, ma venata di qualunquismo è la dichiarazione per il no di Rod Stewart: «Mi dispiacerebbe vedere l'unione rotta dopo tutti questi anni, è sempre stata una casa spirituale. Ma siccome io non vivo lì non dovrei pronunciarmi sull'indipendenza. Se è buono per gli scozzesi sono felice.. .». Il risultato di questo referendum potrà avere ripercussioni ben aldilà dei confini britannici, quali non è facile dirlo; l’unica cosa certa, vada come vada, è che gli scozzesi hanno già deciso che Elisabetta sarà comunque la loro regina e capo dello stato, God Save The Queen!
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