The National SLEEP WELL BEAST
[Uscita: 08/09/2017]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
La luce catturata dalla foto di Graham MacIndoe sulla copertina di “Sleep Well Beast” è la sintesi perfetta di ciò che è necessario sapere sulle nuove dodici canzoni dei National. L’intimità di quell’interno illuminato è il segno di un ritorno a qualcosa di originario e nascosto, come una casa apparentemente fragile ma che, nonostante tutto, riesce a reggere alle intemperie. Mostrare tutte le proprie imperfezioni è un gioco che funziona in termini di credibilità a patto di non avere nulla da dimostrare a se stessi. Quattro anni dopo “Trouble Will Find Me”, disco da intendersi come il paradigma di un sound consolidato e raffinatissimo, il nuovo “Sleep Well Beast” vuole smarcarsi dallo scontato destino circolare di chi è condannato a rimanere immobile per riproporre se stesso all’infinito. Ed ecco allora che la scrittura diventa essenziale, puntando sulla densità emotiva di brani che sembrano registrati senza troppi indugi, evitando qualsiasi sovrastruttura intellettualistica che possa appesantire la dolce cupezza del mood.
Qui non ci sono gli anthem di Mr November, Bloodbuzz Ohio o Vanderlyle Cry Baby, piuttosto tracce che nel loro insieme completano un quadro unitario, compongono un proprio discorso su una dimensione emotiva ed esteriore, raccordandosi con il ritmo scandito dalla triste deriva dei nostri tempi e di una percepita fine della Storia. In questo senso Sleep Well Beast è forse il lavoro più doloroso e meno corale che i National abbiano dato alle stampe, ma anche quello che si disvela più lentamente per una forma di naturale obliquità che attraversa le canzoni. Un’elettronica minimale si insinua negli interstizi prendendo il posto del consueto drumming in levare di Bryan Devendorf e lasciando le chitarre dei fratelli Dessner sullo sfondo.
L’iniziale Nobody Else Will Be There ha un afflato lento con la voce di Matt Berninger che si adagia su un letto sintetico, mentre la successiva Day I Died è il brano che ti aspetti da un album dei National, prima che le pulsazioni di Walk It Back rimettano di nuovo tutto in discussione, però con una linea melodica da brividi. Dopo The System Only Dreams In Total Darkness, destinato a diventare un inno da cantare a squarciagola nei live, arriva la discesa nel crepuscolo di Born To Beg con intuizioni che ricordano i Lali Puna. Se Turtleneck è il pezzo più politico ed arrabbiato, I’ll Destroy You è una delle gemme dell’album con il suo crescendo che fa esplodere il cuore, insieme alle pieghe esistenziali di Guilty Party e Carin At The Liquor Store, queste due accomunate dalla centralità armonica del piano. In chiusura, i costrutti radioheadiani dell’omonima Sleep Well Beast ci avvisano che il viaggio onirico sta per terminare. Questo album è l’infinito racconto di come diventare adulti non significhi superare la paura del buio, ma semmai abbracciare quella stessa oscurità che ci accompagna per farla diventare parte di noi.
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