Father John Misty PURE COMEDY
[Uscita: 07/04/2017]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
Ci sono due motivi per apprezzare “Pure Comedy”, il nuovo album di Father John Misty, il terzo sotto la più recente denominazione del songwriter e chitarrista trentaseienne americano di Washington D.C., al secolo Joshua Michael “Josh” Tillman, che ha già all’attivo un consistente carico di pubblicazioni discografiche con il nome d’arte di J.Tillman e, prima ancora, andando a ritroso, come membro delle band Fleet Foxes (dove suonava la batteria), Demon Hunter e Saxon Share. Il primo motivo per apprezzare il disco è la grande valenza dei testi e dei contenuti dei brani che riportano alla migliore tradizione di un cantautorato fortemente impegnato dal punto di vista politico. Oggi che alla guida degli States c’è il reazionario Donald Trump, le motivazioni si fanno sempre più pressanti: è auspicabile che gli artisti si mobilitino per dar fiato ad un impegno sociale e politico ben più fattivo ed efficace anche in un mondo musicale che negli ultimi tempi sembrerebbe aver cambiato registro.
Anche per quanto concerne la dimensione musicale (il secondo motivo) il disco di Father John Misty risulta particolarmente gradevole e godibile, in quanto, assieme ad una strumentazione (diciamo così) tradizionale, con pianoforte, chitarra acustica, organo, l’artista utilizza cori e sonorità di abbellimento, con un sapiente uso di effettistica elettronica. Il risultato è una bella architettura di suoni, raffinata e ben costruita sul piano armonico, che fa da contrappunto ad una voce che porge con serenità e pacatezza contenuti forti, che mette in atto con lucidità e determinazione una serie di accuse nei confronti della società contemporanea e dei malesseri di cui si è resa colpevole, ma anche un’autocritica intesa a infondere il dubbio come metodo per uscire dall’empasse.
Tra le righe di una visione che parrebbe apocalittica s’intravede un messaggio di ottimismo, la necessità di trovare una via d’uscita, di “squarciare il buio e andare verso la luce”. In Pure Comedy - è strano come la parola “commedia” venga qui riferita ad argomenti che sono per lo più propri della tragedia - si tornano a gustare antichi sapori: la ballad politica viene rivisitata in chiave moderna, con una strizzatina d’occhio ai vecchi Neil Young e Bob Dylan, ma anche alla Joni Mitchell dei tempi migliori, mentre a tratti sembra di stare a sentire l’Elton John degli ‘early years’ (il timbro di Father John Misty lo evoca in maniera lampante). Si tratta di un album di altissima qualità, che ha un suo grande fascino. Quelli che potrebbero essere i suoi difetti (una certa verbosità e la tendenza ad allungare i brani con la ridondanza di certe tirate strumentali) alla fine si trasformano in un ulteriore pregio, aggiungono un senso di drammaticità e di riflessione che non guasta all’economia generale.
L’album, che si avvale, con quella dello stesso Tillman, della produzione di Jonathan Wilson, si compone di tredici brani, tra cui segnaliamo sicuramente la title track, che è in apertura e fa entrare decisamente nel clima dell’intero disco quanto a temi e suoni, per passare a Total Entertainment Forever, unico brano ad avere una sua dimensione ritmica ben più movimentata e che evoca una “bedding Taylor Swift”. Dovendo citare il momento più rappresentativo, citeremmo certamente la struggente e dylaniana Leaving LA, il brano più lungo con gli oltre suoi tredici minuti di durata, mentre tenteremmo di candidare all’ingresso nel Guinness dei primati per il titolo più esteso la terza e l’ottava traccia, rispettivamente Things It Would Have Been Helpful To Know Before The Revolution e When God Of Love Returns There’ll Be Hell To Pay For. Senza nulla togliere agli altri pezzi, che hanno ragione d’essere in un album austero, coerente, di indiscusso pregio.
Video →
Correlati →
Commenti →