Lambchop MR. “M”
[Uscita: 21/02/2012]
# Consigliato da DISTORSIONI
Da quasi vent'anni i Lambchop sono una delle travi portanti dell'alternative americano, soprattutto del cosiddetto Alternative Country. La definizione di country va però molto stretta ad un gruppo che sin dai primi dischi “I hope you're sitting down” (1994) e “How i quit smoking”(1996) fino al troppo ridondante doppio “Aw come on... No you come on” (2004, poco riuscito va detto) ha mostrato di saper padroneggiare molti stili. Migliori esempi sono i due capolavori del gruppo, “Nixon” (2000) e “Is a woman” (2002). Il primo è un perfetto disco soul, memore della lezione di Marvin Gaye e Curtis Mayfield, con il solitamente baritonale Kurt Wagner che azzarda il falsetto. Ma non mancano episodi molto rock, persino sperimentali. Totalmente diverso “Is a woman”: quanto “Nixon” è orchestrale e magniloquente, tanto il disco del 2002 è soffuso, minimale e notturno. I brani sono lenti e sussurrati, non è disco immediato ma canzoni come “My Blue wave” e “The new cobweb summer” sono indimenticabili. Dopo alcuni dischi interlocutori, considerabili malgrado l'attribuzione ai Lambchop come opere soliste di Wagner, il nuovo “Mr M” riporta i texani in buona forma. Mike Nevers, membro storico della formazione, torna ad avere un ruolo importante in fase di produzione. L'atmosfera è quella del capolavoro del 2002. Non siamo a quei livelli, nessun brano è struggente come quelli citati sopra, ma la qualità generale del disco è buona.
Il titolo “Mr M” sta per “Mister Met”, ovvero “il Signor Incontrato”: è un omaggio agli amici perduti da Wagner, su tutti il grande cantautore Vic Chesnutt, con cui i Lambchop collaborarono per il bellissimo “The salesman and Bernadette”. Questo comporta un tono quieto e nostalgico. Gli arrangiamenti degli archi, a cura di Peter Schopsinski sono perfetti, spesso giocati su tonalità basse, e il pianoforte di Tony Crow è lo strumento guida. Le ballate iniziali, If not I just die e 2b2, conquistano immediatamente l'ascoltatore grazie alla seduzione della melodia. Gone tomorrow è più ritmata, ma sempre nell'ambito di uno stato d'animo malinconico. I brani sono piuttosto lunghi e hanno intense code strumentali a base di tastiere, archi e chitarre arpeggiate. Ma la carta vincente rimane la voce di Kurt Wagner, profonda, scura e vellutata. Infatti i due brani strumentali, Gar e Betty's overture, lasciano un po' insoddisfatti, specie la prima, mentre Betty's overture, con le sue atmosfere da cinema anni 70 (piacerà ai fans dei primi Baustelle) è più convincente. L'unico appunto che mi sento di fare é su certi coretti femminili che spuntano qua e là, un po' kitsch. Per il resto un valido disco, imperdibile per gli amanti della musica americana, che porterà nuovi fan alla band di Nashville e rassicurerà quelli vecchi delusi dagli ultimi dischi.