Slivovitz ALL YOU CAN EAT
[Uscita: 17/11/2015]
#consigliatodadistorsioni
Mangiane finché vuoi. O per meglio dire, “All you can eat”. L'immancabile ciuccio-portafortuna sembra prendere alla lettera l'invito gettandosi impulsivamente sull'imponente banchetto. E' questo l'originale disegno di copertina del quarto progetto firmato dall'eclettico ensemble degli Slivovitz, lavoro inedito che arriva a tre anni dalla convincente prova “Bani Ahead”. All you can eat segna il ritorno sulla scena di uno dei collettivi musicali più interessanti dell'ultimo periodo.
Partendo dalle jam partenopee del 2001 e passando per itineranti tour europei gli Slivovitz sono riusciti nel corso degli anni ad acquisire una raffinata identità artistica che li colloca prevalentemente nella ricercata area del jazz-rock e della sperimentazione etno, una progressiva maturazione testimoniata dai tre album pubblicati a cavallo tra il 2006 e il 2012. Derek Di Perri (armonica a bocca), Marcello Giannini (chitarra), Pietro Santangelo (sassofono) e Riccardo Villari (violino) rappresentano lo zoccolo storico della band; a loro si sono aggiunti, dopo fisiologici cambi di line-up, il trombettista Ciro Riccardi (dal 2008), il batterista Salvatore Rainone (dal 2009) e per ultimo il bassista Vincenzo Lamagna (dal 2011).
L'esotica rapsodia della crepuscolare cartolina desertica di Persian nights apre il quarto atto Slivovitz anticipando in scaletta i secchi botta e risposta tra sax e violino nel frenetico funk Mani in faccia. L'ammaliante melodia che segue, Yahtzee, potrebbe accompagnare gli sfuocati fotogrammi in bianco e nero di una pellicola sul ladro di Baghdad tanto visionariamente cinematografico risulta esser il sound orientaleggiante della sezione ritmica.
Perentorie incursioni di fiati si divincolano tra intermezzi funky e nostalgici interludi di armonica nella frammentata atmosfera di Passannante mentre di trame garbatamente retrò si coprono le sfumature jazz di Barotrauma (La zappa sui piedi).
Ovattate linee di sax avvolgano Hangover, momento tra i più introspettivi ed intensi dell'intero progetto; la pressante timbrica orchestrale r'n'b di Currywurst corre spedita nell'anticipare la solennità rockeggiante di Oblio, traccia conclusiva pervasa da interessanti sprazzi solistici.
“All you can eat” è un sorprendente viaggio strumentale suddiviso in otto tappe dal forte impatto emozionale; richiami alla fusion seventies made in Italy (come dimenticare le radici partenopee e l'influenza di uno straordinario combo come quello di Napoli Centrale?), divagazioni vintage- funk nonché eleganti armonie al sapore di celluloide si miscelano in un colorato collage sonoro dal quale emerge prepotentemente la tecnica sopraffina di ogni singolo musicista e la naturale predisposizione collettiva all'arte dell'improvvisazione. Tra abili contaminazioni e intense melodie la conferma della bontà di un'idea artistica in continua evoluzione. Un gradevole sorso di acquavite napoletana.
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