Sundays & Cybele CHAOS & SYSTEMS
[Uscita: 24/02/2017]
Giappone #consigliatodadistorsioni
Secondo Julian Cope «nell’ultima decade il rock giapponese ha illuminato l'occidente con il proprio genio». E Sundays & Cybele, stroboscopica band di fiori e laser avrebbe forse un suo spazio riservato in un futuro “Japanrocksampler” per una prossima generazione impegnata a svelare i nascosti segreti dell’universo umano («this infinity that continues to be born and disappear», dal bellissimo testo di Tell Me The Name Of That Flower intermezzo pastorale di tarda, umida primavera californiana). Dopo lo sfolgorante flower-pop da Electric Prunes di Alpha Centauri ascoltato in “Heaven”, ecco una doppia endiadi, ed una doppia “&”, che generano caos elettro-percussivo da cerimoniale del Sol Levante su cui montano onde di elettricità troposferica. Nu-psichedelia in questo "Chaos & Systems" nello stile comunardo dei Goat, cantata in meraviglioso idioma nipponico, frenetica, ondulatoria, un messaggio cifrato inviato ad altri mondi. Schizoide sì, ma con quella nonchalance formalmente impeccabile e tutta orientale, che sa non scomporsi anche di fronte ad una zebra rosa che cavalca un monopattino robotico alla stazione di un treno a levitazione magnetica. E ringraziando poi, con un composto inchino.
Ecco ad esempio Butterfly's Dream, un hard rock incapsulato in una pasticca di anfetamina per la chitarra di un Hendrix che surfeggia con Santana e col Nokie Edwards dei Ventures, e poco importa se la lingua giapponese ci riporta involontariamente alla memoria le sigle dei manga; perché qui il viaggio nello spazio è garantito anche senza l’Arcadia o la Future Comet.
E a mettere in pari la vicenda cosmogonica tra “Caos e Sistema” ci pensa il delirio di wha-wha che ruba ai primissimi Funkadelic il calore erotico sprigionato da gemme come «If you will suck my soul I will lick your funky emotions», Clinton dixit. Per ultimi arrivarono i 13 minuti di Paradise Come: e trionfò la pace, la faccia luminosa delle lune psichedeliche di Giove; un prato ipersaturo di colore, polline, profumi, incensi e mirra. Naif, per credenti integerrimi in arcobaleni non fatti per il grigio di chi sogna sempre di meno. Ma sincero. C’è da meravigliarsi che lo stesso Cope, durante «un viaggio acido in cui restai supino e immobile per sei ore, convinto di sentire urlare le gocce di pioggia» ascoltasse i Taj-Mahal Travellers e non i S&C. O forse fu premonizione.
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