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23 Aprile 2012 , ,

Alabama Shakes BOYS &GIRLS

2012 - ATO Records/Rough Trade
[Uscita: 10/04/2012]

Alabama Shakes -Boys&GirlsProvengono da Athens in Alabama, profondo Sud dove segregazione razziale e conservatorismo non hanno impedito che nascessero musiche dai connotati forti ed energici che si sono abbondantemente abbeverati alla tradizione dei neri americani. E a queste radici si rifanno gli Alabama Shakes, soul, rhythm’n’blues, southern rock, blues li ritroviamo nelle undici tracce di questo “Boys & Girls” a cui sono approdati dopo un’intensa attività dal vivo, con cover di Led Zeppelin, Otis Redding e AC/DC e un ep uscito nell’autunno scorso, e che potrebbe adesso lanciarli improvvisamente verso il successo. Infatti nel giro di pochi mesi gli Alabama Shakes sono sulla bocca di tutti, firmano per la ATO di Dave Matthews, lodi dalla stampa USA, Jack White li ha voluti come supporto per il suo tour e la rete che ha contribuito a farli conoscere ad un pubblico sempre più vasto.

 

La band vive soprattutto intorno alla forza e all’energia della sua cantante Brittany Howard, dall’ampia estensione vocale, ora roca e rabbiosa, ora struggente e intensa, la sua voce anarchica come quella di un puledro selvaggio può ricordare sia Aretha Franklin che Janis Joplin, anche se questi restano modelli ancora lontani. Accompagnano la Howard una band composta dal bassista Zac Cockrell, il chitarrista Heart Fogg e il batterista Steve Johnson che supportano con buon mestiere le performance della cantante, unica coloured del gruppo. La prima traccia del disco Hold On esplode in modo decisamente convincente sul lettore, un grintoso soul rock con venature blues, trascinante e avvolgente, grazie ad un’ottima base ritmica e alla voce della Howard che oscilla fra rabbia e dolore, non starebbe affatto male nella colonna sonora di Blues Brothers.

 

Purtroppo però il resto del disco non è sempre all’altezza del suo incipit, e con l’eccezione di Be Mine, brano che ripropone un emozionale rock distillato in black music e con un bel finale alla Joplin, o della title track che denota l’influenza dell’Otis Redding più melodico e malinconico, le altre canzoni non escono da un soul molto mainstream e scontato che delude le aspettative che la carica rock della prima canzone aveva suscitato. Malgrado questo forse il disco non mancherà di portare fortuna commerciale al gruppo, ma rimane il sospetto che dietro il gran battage mediatico si nasconda un’astuta operazione commerciale pianificata per creare un nuovo fenomeno musicale: come si spiega altrimenti il clamore con cui la stampa britannica ha rilanciato la presenza di una star come Russell Crowe per il debutto londinese degli Alabama Shakes?

Ignazio Gulotta

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