Rumer BOYS DON’T CRY
[Uscita: 28/05/2012]
# Consigliato da DISTORSIONI
La vita di Sarah Joyce ha tutto l'aspetto di una favola che l'ha incamminata verso la lastricata strada della celebrità, arrivata per lei dalle vendite del suo travolgente debutto a nome "Seasons of my soul" (2010). Nata in Pakistan 33 anni fa, ha preso a prestito il suo nome d'arte dalla scrittrice Rumer Godden inglese con radici indiane. Ha una breve apparizione nel gruppo indie folk La Honda fino al sospirato debutto con un disco che ha spiazzato pubblico ed addetti ai lavori vendendo mezzo milione di copie nel solo Regno Unito. Più che alle solite Adele, Duffy, Amy Winehouse la nostra sembra attingere alle gloriose voci che hanno fatto grande nei sessanta ed oltre la musica degli states, splendide interpreti quali Joni Mitchell, Carol King, Laura Nyro e via dicendo. Con "Boys don't cry" era attesa al varco da tutti, pronti a crocefiggerla se avesse confezionato un disco di caratura inferiore o che cercasse di ricalcare le orme del fortunato predecessore. Niente di tutto è successo anche perché Sarah per questo secondo disco è voluta andare sul sicuro affidandosi a pezzi di altri, 12 splendide covers che non a caso sembrano uscite da un disco d'altri tempi come lo stesso scatto di copertina ci suggerisce.
Gli arrangiamenti non sono mai pesanti, cosa che si temeva in partenza, i tipi dell'Atlantic non hanno sciupato la candida voce di Sarah con stucchevoli orchestrazioni e il disco ne guadagna eccome. Flyin' shoes (Townes Van Zandt), Home Thoughts from Abroad (Clifford T.Ward) ed in parte l'iniziale P.F.Sloan omaggiano pesantemente la canadese di "Blue" e delle signore del canyon. Travelin' boy e Brave awakening (Terry Reid) con magnifiche prestazioni vocali sono Sandy Denny riportata in mezzo a noi, mentre Soulsville (Isaac Hayes) e The Same Old Tears On a New Background, l'ultima con voce e piano strizzano l'occhio alla Carol King leggendaria di "Tapestry".
Nella solita deluxe edition ci sono 4 ulteriori brani, tra questi una rendition di un evergreen del grande Neil Young, "A man needs a maid", originariamente sul capolavoro" Harvest" (1972), interpretata con passione e lirismo dalla Joyce 40 anni dopo l'originale. Un disco che ascolterò molto nei prossimi giorni, forse qualcuno storcerà la bocca all'ascolto ma la candida innocenza di questa pakistana mi ha letteralmente rapito, sarà pure facile fare un disco di pezzi altrui ma "Boys don't cry" possiede una purezza ed una classe non indifferente e pazienza se dei Cure ci sono attinenze solo nel titolo.
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