Mauro Ermanno Giovanardi IL MIO STILE
[Uscita: 20/04/2015]
#consigliatodadistorsioni
Era già quasi pronto lo scorso anno il nuovo lavoro di Mauro Ermanno Giovanardi che però ha deciso di metterlo in pausa per farsi trasportare dalla collaborazione artistica con i Sinfonico Honolulu da cui è nato anche un album “Maledetto colui che è solo”, fatto di cover di brani anni ’60-70 intervallate da brani inediti. Allo stesso tempo, ha portato in giro per i teatri d’Italia con la collaborazione di Massimo Cotto, lo spettacolo “Chelsea Hotel”. Questo tipo di scelte aiuta a comprendere un artista che non ha mai badato troppo alle esigenze commerciali quanto piuttosto a seguire le proprie passioni e sentimenti senza cavalcare l’onda di possibili successi.
Vedasi il passaggio sanremese che gli ha dato ulteriore visibilità nel panorama musicale italico, ma che ha deciso di non sfruttare con uscite a raffica ed apparizioni televisive consuete a chi è abituale frequentatore di questo tipo di scenari. Infatti questo disco arriva a ben quattro anni dal precedente, sintomo che il nostro ha voluto prendersi tutto il tempo necessario per elaborare emozioni, pensieri, luoghi e persone incontrate lungo il percorso, e produrre il nuovo restart dopo l’esperienza La Crus: anche “Ho sognato troppo l’altra notte” soffriva di una sindrome da distacco che non gli ha permesso di scollarsi del tutto l’etichetta de “il cantante dei La Crus” forse ancora più del precedente “Un cuore a nudo”.
Con questo nuovo lavoro (Targa Tenco 2015 per il miglior album italiano) Joe aggiunge nuovi strati sulla sua tela e applica la velatura guardando le sue classiche melodie fatte di sonorità anni ’70, attraverso il gospel di Se c’è un Dio, le orchestrazioni dei fiati di Sono come mi vedi , il soul della conclusiva Anche senza parlare. Gli strati sottostanti rivelano le tinte western morriconiane già apparse negli ultimi lavori (Aspetta un attimo e Più notte di così). E poi c’è la poesia delle parole, quelle lame di colore grigio che squarciano il suono con la profondità che solo Giovanardi riesce ad imprimere con la sua vocalità e consapevolezza che la sofferenza del cuore è qualcosa di vissuto sulla propria pelle. Così, episodi come Nel centro di Milano - il miglior brano del disco che conferma come il cantante brianzolo abbia un rapporto talmente profondo con la questa città da riuscire a dipingerla come nessun’altro - ed il singolo Quando suono, placida teoria della prospettiva senza tempo. Se c’è un Dio gioca con le parole per esibire un’ambiguità neppure troppo celata (Amo il tuo difetto/ le dita sul grilletto).
A completare il quadro l’unica cover concessa, quella Il tuo stile di Leo Ferrè in una versione devastante e potente che riesce a pagare finalmente il giusto tributo che l’artista monegasco quest’anno sembra avere anche grazie al disco dei Tetes de Bois. Insomma, questo è un gran bel disco, che aggiunge spessore alla figura dell’artista milanese e lo porta ulteriormente a confermarsi l’unico vero crooner della canzone italiana. Se negli Usa hanno Frank Sinatra e in Inghilterra Morrisey noi possiamo dire di avere Giovanardi, e le esperienze da cui il nostro proviene (Sir Chime and the Lovers, Carnival of Fools prima ancora che i La Crus)- oltre alle capacità interpretative - non ci fanno certo sfigurare al confronto.
Video →
Correlati →
Commenti →