Litfiba EUTòPIA
[Uscita: 11/11/2016]
Lo scenario è identico a quello di “Terremoto” (1993): la guerra, la piovra, la corruzione. Del resto nulla da allora è cambiato. Abbiamo solo aggiornato i nomi dei protagonisti, perche la fiction richiedeva un ricambio e confermato qualche personaggio di spicco, per non perdere audience. Come quello dei Litfiba ad esempio, che credevamo scomparsi con l’affondamento della Seconda Repubblica e riemersi poi con la Terza, riciclandosi all’occorrenza. Come tanti altri. Su questa nuova puntata i Litfiba fanno un ingresso trionfale: atterrano con il loro elicottero armati fino ai denti di un anticonformismo da festa liceale, come dei Rambo. Triviali nei riff e nei testi che sembrano un calderone di frasi rubate ai muri delle periferie e dei centri abitati della nostra Italia. Proclami di appartenenza a una tribù finto-ribelle che non sa fare di meglio che alzare la voce ed imbrattare quel che è di tutti, pur di far sentire in qualche modo il proprio disgusto. Alzando uno striscione o un pugno in qualche corteo. Fieri di essere contro, non potendo essere con. Uniti in nessun ideale se non in quello di un populismo antagonista esattamente identico, equivalente, speculare a quello contro cui si schiera.
Ecco, “Eutòpia” è scritto, suonato, cantato e registrato esattamente in questo modo. Con la voce di Pelù e la chitarra di Renzulli avanzate rispetto a tutto il resto, come l’avamposto di un drappello di irriducibili e fanatici guerriglieri. Sparano, Piero Pelù e Ghigo Renzulli. E sparano forte. Ma sono fuochi spettacolari e goffi da scenografia kaiju eiga, come la Fiamma di Megalopoli lanciata da Megaloman per distruggere un male che si ripresenterà opportuno alla puntata successiva. La musica dei Litfiba, ma non è una novità, è diventata fumettistica. Rendendo plausibile la leggenda non vera secondo cui quella di Pelù sarebbe la voce guida della sigla di Jeeg Robot. Dall’inizio alla fine, un trionfo osceno ed imbarazzante di luoghi comuni. Caricature di riff su algoritmi mal riusciti di scale pentatoniche e parodie a iosa dei Litfiba, come se dentro lo stereo fosse rimasta imprigionata la cover band (ce ne sarà pure una no, ne hanno fatta una anche per i Negramaro) della formazione toscana. Omologati a una forma canzone ormai inaridita, i Litfiba cercano di ravvivare un fuoco che è già cenere, soffiando in modo che da lontano si veda qualche favilla, giusto per illudere il vicinato che sulla griglia sia rimasta una fetta di carne viva da bruciare.
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