Drahla USELESS COORDINATES
[Uscita: 03/05/2019]
Inghilterra
Dopo due anni di singoli ed EP, l'esordio su disco dei Drahla è un mosaico sfaccettato di luci ed ombre espressive e resa sonora, un trio in crescita costante alla ricerca di una musica squisitamente ottantiana. I richiami ai Gang of four tracciati dalla stampa britannica sono sempre altisonanti come loro tradizione, la verità è più stimolante: un buon Crossover che pesca a metà strada fra Sonic Youth, il Dark e i Jesus Lizard. Cambi di tempo, dissonanze, atmosfera notturna, composizioni semplici ma arrangiamenti che mirano alto e lambiscono territori per i più impossibili. La sezione ritmica di Rob Riggs al basso e Mike Ainsley alla batteria fa un bel lavoro, la chitarra di Luciel Brown è lancinante, la produzione è discreta. Gli inserti di Christopher Duffin al sax non sono un mero aiuto: l'ospite dev'essere qualcosa di più, e si spera rimanga in futuro. Anche qui la stampa ha sprecato paragoni (Zorn), ma la loro origine britannica ha sortito degli sviluppi paralleli ad un grande gruppo del passato. L'introduzione di Gilded cloud pone subito un paragone imprevedibile ai Soloni della stampa: i Voivod. Stesso suono di basso, batteria arrembante e chitarra dissonante. I cambi di tempo dominano dalla seconda battuta della strofa, con dialoghi tesi fra gli strumenti.
A dispetto del titolo, Serenity è la più Sonic Youth del lotto, con una tensione che combatte con improvvisi sferragliamenti. Pyramid estate mostra i primi accenni di sax, in un brano disturbantemente piacevole. Capolavoro di arrangiamento è Stimulus for living: dopo un inizio alla Cure, il gruppo s'avventura in riferimenti ai Clock DVA, il grande ripescaggio sfuggito ai più. L'esperimento esplode in React_revolt con l'intensità notturna d'un inizio pregno d'atmosfera fumosa e cupamente novecentesca, scandita dai rintocchi del basso, finchè all'improvviso la canzone sfocia in attacchi alla Damned. Più posata, Primitive rhythm è intervallata da improvvisi effetti mai gratuiti, Serotonin level parte più melodica e termina nel rumorismo. Twelve divisions of the day è un altro (relativo) alleggerimento della tensione, e poi il disco dovrebbe finire nella squisita Unwound. Dovrebbe, perchè purtroppo è seguita da Invisible sex, summa negativa. La chitarra è scordata, e il grave errore del gruppo erompe senza errore d'interpretazione: la voce. Il canto è assente, si tratta di un recitato che non è nemmeno lo Sprechgesang ma una versione atona e afona che dopo due brani ispira noia, fastidio e nausea. I riferimenti citati sono alquanto banali: Talking heads, la scuola Bauhaus e ovviamente, Luciel Brown non ha remore a citare per dare aria di una sofisticazione che fa sorridere, il discutibile Cy Twombly, il più grande scandalo di non arte pittorica contemporanea. Se il gruppo riuscirà a farla cantare o troverà una voce degna, diventerà uno dei più grandi del prossimo decennio, per ora ci sono le luci e le ombre di, guarda un po', “coordinate inservibili”.
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