Songs of Green Pheasant SOFT WOUNDS
[Uscita: 20/02/2012]
# Vivamente consigliato da DISTORSIONI
Duncan Sumpner, un giovane insegnante di Sheffield, registra come tanti un demo nel 2002 per poi inviarlo senza troppe speranze alla Fat Cat Records, una delle migliori indie labels d'Inghilterra, in squadra gente come Panda Bear, Sigur Ros e la magica Vashti Bunyan. L'etichetta dopo un iniziale apprezzamento per la musica contenuta trova difficoltà a contattarlo per il nomadismo del nostro e così quei nastri primordiali registrati con un semplice quattro piste devono aspettare fino al 2005 per essere pubblicati. Duncan intanto ha scelto come nickname il bizzarro nomignolo di Songs of Green Pheasant, le canzoni del fagiano verde, e così si intitola il suo primo eccellente lavoro, seguito da altri due, "Aerial Days" (2006) e "Gyllyng Street" (2007), anche questi validissimi, con uno stile compositivo accostabile ai soliti Devendra Banhart, Iron & Wine e compagnia bella oltre che debitore dei maestri folk passati che ultimamente stanno avendo una riscoperta e rivalutazione.
Dopo che di lui si erano perse le tracce si é temuto il peggio: magari che un ritorno dietro la cattedra a tempo pieno sia stato il naturale epilogo di un indifferenza generale per le sue delicate ed eteree composizioni. Invece ecco a sorpresa alla fine del 2011 questo "Soft Wounds", e visto che la Fat Cat Records ha nel frattempo deciso di abbandonarlo, viene registrato dall'emergente Rusted Rail, stavolta in terra d'Irlanda. Scende la puntina sul disco e ti sembra di aver messo su uno dei capolavori degli Spirit, il leggendario combo californiano formato da Randy California ed Ed Cassidy patrigno del compianto chitarrista, o almeno questa è la mia prima impressione all'ascolto di questo "Soft Wounds" delizioso quarto lavoro di Sumpner. Così suona Teenwolf, ed anche la seguenti Self portrait with a dog e Deaf saran sono davvero mirabili composizioni, tratteggiate da inserti pianistici e dalla voce sognante di Duncan, un tris di canzoni perfetto per entrare in sintonia e familiarità con l'album.
Molto suggestivi gli strumentali For people e Sad Flowers, quasi ambient o Durutti Column se preferite, il resto del disco è puro dream-folk sound con la voce celestiale di Sumpner che atterra su territori già calpestati da altri neo-sixties bands quali i Fleet Foxes, con qualche eco in lontananza dei favolosi Talk Talk dei capolavori Laughing stock e Spirit of Eden. Flesheaters è il pezzo più complesso ed elaborato del lotto: nel corso dei suoi dieci minuti scarsi gli umori cambiano più volte, inserti flautistici, echi di voci sovrapposte, archi e cori angelici, ed un suadente violino a chiudere il cerchio, davvero un pezzo da ricordare. Lemon Yellow chiude il disco così come si era aperto, lasciandoci brividi lungo la schiena - forse la mia è nostalgia acuta di sixties sound (?!) - e la certezza-conferma di avere tra le mani un altro artista da coccolare ed inserire nei segnalibri dei preferiti.
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