Nels Cline/Elliott Sharp OPEN THE DOOR
[Uscita: 1/11/2012]
Quando due magnifici chitarristi e sperimentatori come Nels Cline e Elliott Sharp decidono di collaborare insieme il risultato non può che essere qualcosa di unico. Il primo non ha bisogno di troppe presentazioni, un curriculum chilometrico con decine di collaborazioni e vetta finale con l'ingresso nel 2004 nei favolosi Wilco di cui è splendida chitarra solista. Cline ha iniziato col fratello gemello Alex suonando inizialmente jazz, poi per lui dischi con Mike Watt (Minutemen) e tra le molte altre due collaborazioni con la straordinaria Carla Bozulich. Con lei ha suonato nei Geraldine Fibbers ma soprattutto nel disco a due a nome Scarnella, curioso anagramma dei loro nomi di battesimo, splendido album ricco di cerebrali sperimentazioni sonore.
Elliott Sharp invece non ha mai goduto di un briciolo della fama di Cline al di là della barriera della musica d'avanguardia. Sharp è attivo già dalla fine degli anni settanta, nel decennio successivo invece è stato una specie di prime mover riguardo l'uso dei personal computers nelle performance live con un progetto a nome Virtual Stance. E' un eclettico polistrumentista: chitarra, sax e clarinetto non sono per lui oggetti misteriosi. Questo "Open the door" sigla una incredibile fusione di due chitarre acustiche, lanciate verso contorti orizzonti sonori, con suoni frantumati ed all'apparenza disarticolati. E' un disco di difficile ascolto, inutile negarlo, lo apprezzeranno di certo gli ascoltatori/chitarristi, o tutte quelle menti aperte che si aspettano dalla musica qualcosa in più delle solite linee melodiche.
Solo 5 pezzi - o sarebbe meglio dire segmenti sonori - ma dalla durata di oltre 55 minuti. Quattro tracce sono addirittura risalenti a registrazioni degli anni novanta, poi per misteriosi motivi non sono state mai pubblicate. Ci ha pensato l'attento Bryan Day della Public Eyesore a levare le ragnatele da questi nastri, aggiungendo ai quattro segmenti una traccia live registrata nel 2007. Le due tracce extralarge presenti in "Open the door" hanno nome Isotropes, 13 minuti e Let her in, di oltre 16, e sono esercizi di sperimentazione chitarristica estrema. Per rendere l'idea si calpestano gli stessi terreni battuti da geniali chitarristi acustici dell'area Takoma Records quali Robbie Basho o il John Fahey più avanguardistico di "Fare Forward Voyagers" (1973), ma anche delle collaborazioni degli anni novanta, quando incrociò geni quali Derek Bailey e Jim O'Rourke.
Punti di contatto anche con leggende quali Fred Frith degli Henry Cow o Eugene Chadbourne, tutti musicisti che il pubblico più attento ed "open mind" conoscerà molto bene. L'iniziale Blue particles presenta ritmi serratissimi con una fusione delle due acustiche a tratti spasmodica, mentre Five tastes of sour è più claustrofobica, sa molto di Henry Cow del live "Concerts" (1976). Chiude il disco la performance live di Pietraviva catturata allo Stone di New York nel 2007 piena zeppa di devianti percorsi chitarristici. Un disco che come suggerisce il titolo apre davvero una porta e più che una pura dimostrazione di tecnica appare un tentativo di dimostrare come con una semplice chitarra acustica, anzi due, si possono comporre strutture anticonvenzionali inoltrandosi in territori inesplorati. Un disco questo "Open the door" che i fans di Wilco molto difficilmente aggiungeranno alla loro collezione, ma sono pronto ad essere piacevolmente smentito.
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