Flying Vaginas And That’s Why We Can’t Have Nice Things
[Uscita: 20/02/2014]
Dietro ai Flying Vaginas (Filippo, Ettore, Bubi) si nasconde il cuore palpitante e la concettualità stessa di Mia Cameretta Records. Forse è proprio per questo che in un primo momento questo EP di esordio ci lascia spiazzati. Alcune delle caratteristiche sonorità sporche e sghembe, che da sempre hanno contraddistinto i lavori usciti dal VDSS studio, vengono inaspettatamente meno. Non si tratta in realtà di infedeltà verso la bassa fedeltà ma dell’ennesimo colpo di coda che meglio incarna la versatilità e l’irrequietezza di questa ragione sociale che cresce nel nome di una ricerca sempre aperta, vivacemente sperimentale ma anche fortemente ancorata all’etica punk, al lato esuberante e creativo del rock. Nei sette brani di questo “And That's Why We Can't Have Nice Things” convive attitudine shoegaze e una parte delle atmosfere diluite e trasognate di certo paisley rurale e onirico alla Opal. Ne fuoriesce un pop cerebrale e brillante, riverberato dal gioco di equilibri tra luci e ombre, da un sapiente uso del tuning e della distorsione anche in presenza di strumentazione classica e minimale.
Languidi ma mai tediosi, resi freschi dal feedback sempre ben intarsiato e da un sotteso revival sweet jangly che molto si avvicina al guitar post punk scozzese di Josef K e Orange Juice senza scendere nelle banalità sdolcinate ereditate successivamente dal brit pop. I tre ragazzi riescono a muoversi sapientemente ispirati dalle lezioni del passato quanto dalla loro personalità intelligentemente defilata e sfrontatamente nerd. Rileggono i My Bloody Valentine nell’acquerello di D.S.M (Don’t Save Me), impongono un’accelerazione in Steve Brick And The Portland Concrete che dosa il registro vocale etereo e la verve esplosiva della batteria. Wake esaspera la reiterazione metallica delle corde. Happiness And Flour riesce a sincopare e velocizzare brillantemente, attraverso l’incrocio tra chitarra e batteria, l’armonia melodica e vellutata del canto, ottenendo un piacevole contrasto. Hey Nostradamus ci riporta ai ritmi twang e alla psichedelia trasognata dei sixties un po’alla Primitives. Spumeggianti e vivaci Trainman Grief e Doodle compiono il più illuminato assemblaggio tra passatismo e genuinità nu gaze condita da quel tocco di stile e intuizione che è il nostro alt- rock, un di più puramente italiano.
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