Soley ASK THE DEEP
[Uscita: 08/05/2015]
Islanda
Secondo disco per l'islandese Sóley Stefánsdóttir che dopo aver suonato con i Seabar ha intrapreso dal 2010 la carriera solista, pubblicando dapprima un ep, poi nel 2011 “We Sink” suo debutto sulla lunga durata, e adesso con il quanto mai evocativo titolo di "Ask the Deep” giunge al secondo lavoro uscito per la berlinese Morr Music. Nel frattempo l'anno scorso ha pubblicato un ep, “Kròmantic”, interamente strumentale che raccoglieva sue composizioni per colonne sonore e installazioni suonate con il suo piano, etereo e sfuggente. Qui oltre al piano, ci sono l'elettronica e le percussioni, oltre naturalmente alla bella e fascinosa voce di Soley. Se non bastasse già il titolo a indirizzare le nostre aspettative verso suoni scuri e atmosfere raggelanti e vagamente minacciose, anche la copertina del disco con il viso della cantante che sembra liquefarsi dilatandosi verso l'alto e il video tratto dal primo singolo Halloween ci confermano definitivamente quali atmosfere troveremo nelle dieci tracce, i cui titoli peraltro non contribuiscono a rasserenarci: Devil, One Eyed Lady, Breath, Lost Ship. Ma Soley non è una dark lady luciferina, bensì una tipica creatura della sua terra, un'isola divisa fra la forza ctonia e misteriosa proveniente dalle viscere del pianeta e l'algida e impalpabile rarefazione delle aurore boreali.
Queste due nature convivono in questo Ask The Deep che fin dalle prime note dell'iniziale Devil sembra volerci proiettare verso luoghi oscuri e tenebrosi, con il synth che disegna suoni cupi, le note gravi del piano a introdurre la voce di Sóley che inizia a raccontarci i suoi incubi fiabeschi popolati di demoni: «Have I danced with the devil?», un viaggio che prosegue fra navi fantasma guidate da un gruppo di fanciulle che hanno seguestrato loro coetanei; incubi di un sepolto vivo in "Ævint˛r": «All alone you are going down / Do you wonder is there anyone to look for you?». In One Eyed Lady le parole «Kill for Love» sono ripetute come un sinistro mantra che sembra volteggiare sul lato scuro dell'anima. E fra una chiesa infestata di demoni (I Will Never) e un invito a sprofondare nei contorti meandri degli abissi (Follow me Down), si giunge alla conclusiva e bellissima Lost Ship, aperta da incubi elettronici su cui si innesta un piano le cui note restano sospese nell'aria, mentre nel testo Sóley materializza il suo conflitto con i demoni, «It's saying I'm stronger than my devil mind». Disco affascinante e inquieto, piacerà a chi già si è avvicinato all'anima islandese anche attraverso la letteratura e le saghe tradizionali: vi ritroverà l'aura misteriosa delle leggende nordiche e l'asprezza di un popolo che per sopravvivere ha dovuto costantemente lottare contro una natura affascinante e straordinaria, ma spesso matrigna.
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