Sudden Death Of Stars ALL UNREVEALED PARTS OF UNKNOWN
[Uscita: 10/03/2014]
Un sestetto proveniente dalla città di Rennes, nella piovosa e un po’ magica Bretagna, i Sudden Death Of Stars, decisamente un bel nome!, si sono formati nel 2009 e prima di questo “All Unrevealed Parts Of Unknown” - decisamente un bel titolo! - hanno dato alle stampe l’esordio “Getting Up, Close Down”, originalmente uscito per una piccola label francese, ed un ep natalizio questo dicembre. La svolta nella loro carriera, fino ad allora puramente amatoriale, è avvenuta nel 2012 quando Tjinder Singh dei Cornershop, in vacanza in Bretagna li sentì suonare ad un festival, se ne innamorò e decise di scritturarli per la sua etichetta, la Ample Play Records, che ha subito ristampato il debutto e ora fa uscire questa loro ultima fatica. E in un catalogo che annovera nomi come Smoking Trees o Red Bugs, la neopsichedelia, ma forse dovremmo chiamarla retropsichedelia, della band di Rennes col suo sguardo puntato verso i favolosi sixties ci sta benissimo. Infatti possiamo tranquillamente annoverare i Sudden Death Of Stars fra le band, Temples, Doug Tuttle, Quilt, che in questi ultimi anni trovano fonte di ispirazione nella psichedelia degli anni d’oro, fra californiana Summer of love e Swinging London, quella dolce e profumata di incenso e funghetti di ascendenza barrettiana.
Già l’iniziale The Void con le sue chitarre folk e il suono del sitar ben ci introduce nella musica dei bretoni. La successiva Over The Top ci orienta invece verso atmosfere garage e velvettiane e così proseguiamo il viaggio scintillante e spensierato che il resto del disco, in tutto dodici brani per quaranta minuti totali, ci fa fare oscillando tra psichedelia, garage, folk e un pizzico di shoegaze, riferimenti a Beatles, Small Faces, Velvet Underground, Rain Parade, Quintessence, Fairport Convention. Nulla di sconvolgente, ma il disco si fa ascoltare con piacere, i nostri non si prendono troppo sul serio, sono consci dei loro limiti e proprio per questo comunicano con la loro musica gioia e gradevolezza. E poi non mancano piccole perle, come le suggestioni orientali della scintillante Bright Sunday, l’ipnotica ballata lisergica Magical Mirrors con un fiammeggiante Farfisa e la voce acida del cantante, la cinematica cavalcata Blackboard o l’incantato folk psichedelico Halcyon Days. Da ascoltare.
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