Sangue del mio sangue Marco Bellocchio
Soggetto e Sceneggiatura: Marco Bellocchio; Fotografia: Daniele Ciprì; Musiche: Carlo Crivelli; Interpreti: Roberto Herlitzka, Pier Giorgio Bellocchio, Lidiya Liberman, Alba Rohrwacher, Federica Fracassi, Alberto Cracco, Filippo Timi, Elena Bellocchio. Produzione: Italia, Francia, Svizzera 2015; Durata: 106'; Uscita italiana: 9 settembre 2015.
L'ultimo film di Marco Bellocchio - a cinquant'anni esatti dal folgorante esordio con "I pugni in tasca" (1965) - segue due differenti piani narrativi: una storia ambientata nel 1600 durante l'Inquisizione e un resoconto sui giorni nostri. Unico comune denominatore: Bobbio, la città natale del regista.
La Trama
La prima parte di "Sangue del mio sangue" si sviluppa all'interno del convento francescano di Bobbio, qualche secolo fa: l'inquisitore, padre Cacciapuoti (Alberto Cracco), attende il soldato Federico Mei (Pier Giorgio Bellocchio, figlio di Marco) per indagare sul suicidio del fratello di quest'ultimo, padre Fabrizio.
La morte del frate sarebbe stata causata dalla “tentatrice” suor Benedetta: in attesa della confessione della donna (sul suo presunto patto col Diavolo che l'avrebbe condotta a sedurre l'uomo) il religioso suicida non ha ancora ricevuto una degna sepoltura in luogo consacrato; situazione che arreca umiliazione e disperazione nell'animo di Federico e di sua madre. Benedetta è sottoposta a molteplici torture, ma la verità non viene stabilita. Nel frattempo anche Federico, diventato amante delle due sorelle (Alba Rohrwacher e Federica Fracasssi) che lo ospitano, è sessualmente attratto da Benedetta. Per la suora indemoniata non ci sono alternative: visto che non riescono ad “estorcerle il demonio”, i frati del convento decidono di murarla viva all'interno del convento stesso.
Nel passaggio temporale tra XVI secolo e terzo millennio Bellocchio traccia una parabola che parte dal mondo maschilista dominato dalla chiesa per approdare ad un'Italia preda della corruzione e della finzione, sottoposta al potere finanziario. Quattrocento anni dopo all'ex carcere di Bobbio, anticamente convento, bussa un altro Federico Mei (interpretato anche in questo caso da Pier Giorgio Bellocchio), ispettore tributario della regione, intento ad aiutare un ricco imprenditore russo nell'acquisto dell'immobile. Qui vive, quasi nascosto dal mondo (si muove solo di notte intessendo relazioni con una specie di setta della quale è il leader), un misterioso conte (Roberto Herlitzka) che per oltre trent'anni ha garantito il benessere socio-economico della cittadina.
Ma i tempi sono cambiati e nell'Italia attuale l'unica religione è il denaro, tutto è aleatorio, falso e fittizio: Federico viene smascherato, risulterà essere un finto funzionario regionale; alcuni cittadini si spacciano per falsi invalidi; il pazzo del paese (uno stralunato e bravo Filippo Timi) ha ottenuto la pensione fingendosi zoppo; la moglie del conte è disperata in quanto, abbandonata dal marito, non ha ottenuto né alimenti né pensione. Il triste epilogo sfocia nell'inevitabile quando arrivano le auto della polizia, probabile preludio di arresti eccellenti.
Considerazioni
Lo spettatore si trova al cospetto di un'opera a due facce. Nella ricostruzione storica si apprezzano le doti del Bellocchio regista, soprattutto riguardo alla bellezza delle immagini nel convento, quasi in assenza di luce artificiale (eccezionale la fotografia caravaggesca di Daniele Ciprì) e ai numerosi, efficaci primissimi piani. Il racconto della Bobbio attuale invece è meno riuscito, con una trama sconclusionata e sembra reggersi quasi esclusivamente sul talento recitativo di Herlitzka. La sceneggiatura dello stesso cineasta emiliano e i dialoghi non sono sempre all'altezza della situazione apparendo spesso discontinui e superficiali.
Nel finale di Sangue del mio sangue passato e presente tornano a ricercare un punto di convergenza. Benedetta murata viva da anni viene liberata alla presenza del vecchio soldato Federico Mei, diventato cardinale, il quale cade a terra tramortito dalla visione della donna, per niente invecchiata, nuda e ancora intatta nella sua giovinezza dalle sembianze “botticelliane”. Nella scena successiva, l'ultima del film, vediamo anche il vecchio conte accasciarsi al suolo dopo aver ammirato, rincorrendola, la bellezza semplice della giovane Elena (Elena Bellocchio, altra figlia del regista).
In tutte e due le epoche storiche la grazia femminile supera i vecchi mondi mettendoli da parte alla ricerca di nuovi spiragli. Nonostante alcuni guizzi d'autore, l'opera ultima di Marco Bellocchio, uno degli ultimi “grandi” del nostro cinema ancora in attività, non convince appieno: siamo sicuramente lontani dal livello raggiunto dal regista in alcune grandi pellicole degli ultimi anni come "L'ora di religione"(2002), "Buongiorno notte" (2003) o "Vincere" (2009).
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