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24 Maggio 2013

Antonio Ciarletta Acid Brains

Aprile 2013, pp. 297 - Harsh

acid brainsL’imponente volume è interamente dedicato alla psichedelia. Psichedelia coma forma mentis, come filosofia, come vera e propria scuola di pensiero che, al di là della stigmatizzazione riduttiva a genere musicale, a sottocategoria specifica del rock, è diventata nel corso del tempo e con l’evolversi dei costumi e delle mode, una riflessione approfondita e interiorizzata sul senso, una chiave di lettura personale della visione delle cose, una verità soggettiva, un’espressione artistica, un linguaggio. La critica da cui parte l’autore è molto interessante. L’esplosione psichedelica legata al culto hippie, all’evasione spesso superficiale ed illusoria dalla realtà, alla ribellione giovanile, al voler rifuggire dalle regole a dai dettami della società, ha finito per incarnare a sua volta un canale alternativo da sfruttare nel perverso gioco del genere di consumo da svendere e massificare per fare profitto. I discografici hanno legato il mondo magico e ovattato degli anni sessanta alla mitologia rock, le stesse critiche storico sociologiche hanno amplificato la sottocultura dello sballo (droghe, acid test e grandi happening) contribuendo ad alimentare un’idea distorta e limitante di questo fermento. Qualcosa i cui intenti erano scoprire mondi altri, affacciarsi su prospettive nuove, rifiutare le convenzioni, rivendicare una diversità culturale, sperimentare, venire a contatto con le forme più diverse di sensibilità, predisporsi all’apertura.

 

In questo senso ecco che allora si può rivalutare e ripensare la cultura della psichedelia e ritrovare una linea di continuità che ci fa rileggere sotto un nuovo aspetto il percorso che va delle origini fino ai nostri giorni. Gli acid brains a cui il libro si rivolge non solo soltanto i ‘fattoni freakettoni’ che girano scalzi, abusano perennemente delle droghe e annusano le margherite. Sono invece una categoria assai interessante di viaggiatori cerebrali che sa osare rimanere fedele a se stessa, acuta osservatrice della realtà che conserva spirito critico e che in qualche modo codifica linguaggi di opposizione, cerca vie per evadere e sopravvivere, si nutre di ideali come forma di resistenza. Grazie al web e al dilagare della riscoperta che ha consentito un’infinità di ‘ripescaggi’ dal passato, questa manica di eclettici dissociati che strisciava nelle nicchie più recondite e sotterranee del diverso ha potuto finalmente riunirsi, porsi a confronto, far sentire la propria voce. Finiti gli anniciarletta alpacha presentazione acid brains d’oro possiamo rivalutare sotto questo filone anche la rivoluzione trance portata dai Velvet Underground, così come alcune voci isolate della cultura del post punk: Echo and the Bunnymen, Teardrop Explodes, Wah!. L’esplosione della musica industriale stessa o dell’elettronica si annoverano tra le correnti di derivazione della psichedelia, ne sono mosse da stessi intenti di ‘evasione’, di critica del sistema capitalistico, di senso di alienazione esorcizzato dalla manipolazione dei rumori stessi.

 

Allo stesso modo tutto viene commisto, i codici di categorizzazione esplodono, le influenze si miscelano e si fondono nei modi più disparati. Ed allora in che modo possiamo continuare a parlare di psichedelia? Con quale approccio? L’autore prova ad individuare le nuove panoramiche offerte dagli anni zero del nuovo millennio fino ai nostri giorni. Compiendo un’analisi trasversale attraverso molteplici generi che in qualche modo possono farsi convergere verso questa invisibile base unitaria. Dal revivalismo più ortodosso alla new weird americana, dal drone al folk onirico, si può affermare che c’è una psichedelia con una nuova identità, che è propria di questi tempi ed è una fervida piattaforma creativa. Che si serve di forme intelligenti di citazionismo, andando ad attingere in modo rielaborato e trasfigurato (hauntology) o in modo addirittura inconscio come in un sogno, come in un sentore di ricordo appannato, rimosso e sopravvenuto in forma di reminescenza (hypnagogic). Il libro ci vuole fornire una mappa concettuale dei nuovi linguaggi psichedelici ma senza avere nessuna pretesa esaustiva.  Ci si addentra nella minuziosa e dettagliata descrizione di band come: Oneida, Psychic Ills, Alex Delivery, Bear In Heaven, High Places, White Hills, Psychic Paramount,La Otracina, Right Moves per ciò che riguarda la costa Est degli Stati Uniti.

 

comets-on-fireSi prosegue ad Ovest con: Comets on Fire, Howlin’ Rain, Lowdown, Residual Echoes. Si passa per Huston con Indian Jewelry e Black Angels; Baltimora: Dean Deacon, Beach House e Pontiak. Ogni artista viene trattato sulla base di un raggruppamento territoriale ma anche in base a delle caratteristiche precise. Particolare rilievo è pure dato all’Inghilterra e alle band nostrane tipo Julie’s Haircut e Jennifer Gentle, addentrandosi in descrizioni affascinanti di personaggi, etichette, contesti, curiosità e produzioni discografiche. La trattazione è veramente monumentale e completa, c’è dentro tutto con tanto di interviste (James Blackshaw, Valerio Cosi, Nelson Gomes e Alfonso Simões dei Gala Drop). Uniche note critiche che si possono muovere è una eccessiva capillarizzazione dei dieci capitoli che a tratti si presentano veramente come troppo dispersivi. Un eccesso di carne al fuoco che sicuramente, in mancanza anche di un indice analitico finale, ma anche di paragrafi e sottoparagrafi più specifici, non aiuta ad orientarsi nel calderone delle quasi trecento pagine, specialmente non facilita l’eventuale neofita che volesse affacciarsi a curiosare su una materia che non gli è propriamente congeniale Del resto le premesse iniziali lasciavano presumere che si proponesse una panoramica e una prospettiva sempre inquadrata dall’altro, che facesse tirare le fila conclusive al lettore stesso, portandolo a formarsi una propria idea critica,  inclusa la possibilità di rielaborare e rivedere tali idee nel corso di consultazioni scansionate.

 

my_cat_is_an_alienMoltissimi i discorsi anche solo vagamente accennati che meriterebbero analisi sociologiche e culturali più approfondite. Ad esempio nei paragrafi dedicati allo shitgaze, ed allo spopolare dell’approccio DIY a scapito delle produzioni iper rifinite che vengono sempre più viste come inutile surplus. Quanto di tutto questo è dovuto ai meccanismi di decentramento che ha operato la rete, quanto tutta questa marginalità sempre più divulgata viene veramente metabolizzata per attitudine e passione piuttosto che per posa hipster? Altro discorso interessante è quello che si apre nel capitolo dedicato alla new weird americana, o meglio, sarebbe sociologicamente interessante capire ed approfondire le motivazioni che hanno portato ad una riscoperta e alla rivalutazione di outsider quasi dimenticati dalla memoria comune, costituita da tutta quella schiera di personaggi anacronistici ed emarginati che a loro modo erano mossi da frenetica ansia di scoperta, da ferma volontà di oltrepassare i limiti e le convenzioni del proprio tempo. I nuovi mezzi di comunicazione ne hanno favorito in qualche modo l’approfondimento, ma c’è da chiedersi perché si è sentita la necessità di attingere proprio da quella ‘strange music’ che fu ai tempi bollata come folle, deviata, quasi perversa. Si fatica a trovare modelli di riferimento o di fatto si vuole prendere le distanze da ciò che appare scontato? Prevale la nuova estetica della stranezza o attraverso questi obliqui viaggi a ritroso si può autenticamente offrire un ripescaggio delle origini e delle tradizioni?

 

Di certo alcuni poeti del nuovo millennio hanno riletto il blues, il folk e la psichedelia conferendogli una personalizzazione contaminata ma anche nuova, autenticamente ispirata. Tra i più autorevoli: Devendra Banhart, Raymond Raposa, Marissa Nadler, Joanna Newsom, Josephine Foster, Animal Collective, Akron/Family, Jackie-Othalassa flyer Motherfucker, Six Organs Of Admittance. Discorso analogo anche per l’esplosione in Inghilterra del folk psichedelico, spesso imbevuto di krautrock, progressive o free jazz. Si ricordano i Volcano the Bear, James Blackshaw, Alexander Tucker. C’è poi un capitolo speciale dedicato all’elettronica sperimentale e alla nicchia drone music psichedelica nostrana. Fabio Orsi, My Cat Is An Alien, Maurizio Abate. Sotto il nome di Italian Occult Psychedelia va oggi annoverata una proposta indipendente che porta avanti un discorso di qualità ed originalità che si riaggancia solo in minima parte alle musiche della memoria. E’ un approccio convergente in cui la hauntology e l’hypnagocic pop sono stati il ricordo diventato poi motore propulsivo di una creatività che oggi ha un’identità marcatissima.

 

L’onirismo spettrale di Be Invisible Now! con sonorità grevi ed ottundenti, i cerimoniali orgiastici dei Mamuthones, l’ossessione religiosa, la purezza ancestrale dei Father Murphy. Tutte creature dell’etichetta Boring Machines che in qualche modo ha dato inizio ad un trend e ad un approccio che poi molte altre etichette emergenti hanno fatto proprio negli ultimi anni. Altro filone italico che sta riscuotendo un ottimo successo di critica è anche legato ai b-movies, all’horror-splatter e all’epopea spaghetti western. In questa guida c’è proprio tutto, diventa solo piuttosto difficile organizzarla, o forse intuitivamente se ne lasciano le modalità di impasto e impalcatura proprio a chi se ne serve, adattandola al mutare dei tempi e alle nuove convergenze. Si ridà così alla materia trattata quella plasmabilità e quella mutevolezza che ne sono le caratteristiche più immediate, insieme alla creatività e alla fantasia che ne rappresentano lo spirito, le molteplici chiavi di lettura rimesse sempre ad un’interpretazione fortemente ed essenzialmente soggettiva.

 

Romina Baldoni

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