Progressive inglese: Genesis “FOXTROT” COMPIE 40 ANNI
Tra pochi giorni, il 6 ottobre 2012, compie esattamente quarant’anni dalla sua pubblicazione originale “Foxtrot”, uno dei capolavori progressive dei Genesis e del progressive tutto. E’ decisamente un’ottima occasione per riproporlo ai lettori di Distorsioni, sviscerandone i contenuti musicali e letterari. Vi lascio alla trattazione approfondita del nostro Genesis esperto Marco Lamalfa, anche lead vocal di una delle più qualificate Genesis tribute band italiane, i pugliesi Rewind. Questo articolo completa una triade Genesis trattazione di Marco comprendente “Lamb Lies Down On Broadway” e “Nursery Crime”. Buona lettura e buon progressive. (P.W.B.)
INTRO
"Foxtrot" è un album su cui è stato scritto tutto e il contrario di tutto, è uno di quei capolavori che capita di ascoltare raramente: può addirittura dare la sensazione di stare vivendo un incontro ravvicinato con una qualche divinità. Si può solo provare ad immergersi nei solchi e lasciarsi trasportare dalla corrente sempre più veloce nei gorghi fatti di momenti lirici, ironici, romantici, apocalittici che costellano senza soluzione di continuità il suono e le parole che via via ci avvolgono. L’avrei acquistato e amato anche se mi fosse stato concesso di ascoltarne il solo intro di mellotron della prima traccia: Watcher of the skies. Faccio finta però di essere in un punto qualunque dentro al disco mentre gira e inizio proprio dalla fine: da quella “Nuova Gerusalemme” in cui tutto si spiega e tutto si placa. Tutto l’odio, la battaglia, il male del mondo vengono curati e risanati a colpi di plettro dalla chitarra magica (o divina?) di Steve Hackett. E’ la fine di Supper’s Ready, la lunga suite che ci ha trascinati lungo quasi tutto il lato B dell’album. Ci si sente appagati; si sente che l’angelo che ci guarda da dentro al sole “There’s an angel standing in the sun” ci vuole bene, ci ama e che noi lo amiamo. Dopo tanto patire, abbiamo la nostra terra promessa proprio lì, davanti a noi e siamo finalmente liberi di andarci, di viverci, di amare, di essere amati. Liberi dalle costrizioni imposte da una vita mediocre.
Dopo si ritorna nella terra di nessuno, sperando che quelle note taumaturgiche facciano ancora effetto. E così è: da 40 anni. Dopo “Nursery Cryme” “Foxtrot“ rivela la completa maturità dei Genesis e tutto il potenziale offensivo di questa band di giovani talenti capitanata da un Gabriel in stato di grazia sia a livello compositivo che vocale. Sarebbe però riduttivo identificare i Genesis solo con Peter Gabriel. Steve Hackett ormai è parte integrante del gruppo e la sua anima si sente dovunque (una per tutte: di sua composizione uno dei pezzi più amati da chi si accosta allo studio della chitarra classica e cioè Horizons). Il particolare stile lo caratterizza come un chitarrista raffinato e dal gusto particolarissimo per il suono. Mike Rutherford, ora che sente di avere al suo fianco un chitarrista completo ed eclettico, si lancia maggiormente nell’uso del basso elettrico senza mai disdegnare la 12 corde e gli arpeggi. Tony Banks è all’apice delle sue capacità e il suo tocco è onnipresente. Il suo uso dell’organo, in particolare, è magistrale: privo di manierismi alla Keith Emerson o alla Rick Wakeman, ma sempre accurato, efficace, espressionista. Phil Collins continua a crescere ed il drumming risulta, al solito, preciso e raffinato ma anche aggressivo.
I BRANI
FACCIATA A: WATCHER OF THE SKIES
L’album è un susseguirsi di capolavori. Nessun pezzo delude, nessun passaggio sembra superfluo.Si inizia con Watcher of the skies, “Guardiano dei Cieli”. Banks esegue un’ intro (che si potrebbe definire “liturgica”) al mellotron mentre Gabriel, nei live, entra in scena travestito da alieno/pipistrello (il Guardiano dei Cieli) sul martellante crescendo di batteria, basso e chitarra.
Il testo parla di come il Guardiano dei Cieli osservi un pianeta sconosciuto (la Terra) e di come vi veda immediatamente e con profondo rammarico la definitiva rottura dell’alleanza tra esso e i suoi principali abitanti, gli esseri umani. Questi ultimi sono rei di avere a tal punto modificato la Natura per i propri scopi da averne sovvertito le leggi.
“Creatures shaped this planet's soil / Now their reign has come to end / Has life again destroyed life”
Esseri viventi hanno modellato la superficie di questo pianeta / ora il loro regno è giunto ad un limite / la vita ha di nuovo distrutto la vita?
Gli uomini sono come la coda della lucertola Terra. Come si sa, la coda è sacrificabile e non indispensabile per la sopravvivenza del rettile:
“Maybe the lizard shedded its tail / This is the end of man's long union with Earth”
Forse la lucertola ha perso la sua coda / Questa è la fine della lunga alleanza dell'uomo con la Terra
Il tema ambientalista ricorre spesso nei testi di Gabriel (anche da solista) e certo la sua non si può definire una visione positiva. Tenendo conto che stiamo parlando dell’anno 1972 si può ben vedere come le cose siano irrimediabilmente andate nella direzione indicata dal Guardiano e che per noi si avvicini sempre più il momento della resa dei conti con la Madre Terra. Il brano si svolge lungo un’ossessiva linea di basso, rullante e cassa, quasi a sottolineare l’urgenza di un cambiamento prima che sia troppo tardi. Il Guardiano dei Cieli avverte questa urgenza e cerca di mettere in guardia il genere umano:
“Come ancient children hear what I say / This is my party counsel for you on your way”
Venite eterni bambini ad ascoltare ciò che vi dico / questo è il mio discorso d'addio per voi sul vostro modo di fare
Il preludio al finale, apocalittico e ossessivo sembra dirci che questo appello sia rimasto inascoltato, ma il riff di chitarra, proprio sul finale, sembra accendere qualche piccola speranza: forse chi è sopravvissuto alla catastrofe ambientale ha finalmente capito la lezione.
TIME TABLE
Il secondo brano, Time table, ha un’apertura molto classicheggiante affidata al piano e alle dita di Tony Banks. Al termine dell’intro, voce, basso, chitarra e batteria irrompono senza però spezzare la splendida vena acustica che pervade tutto il pezzo. I testi parlano del regno e dell’impero britannico e di come il passare del tempo possa modificare le cose e le persone. Vecchi tavoli in legno raccontano la loro storia attraverso le epoche. Dapprima desco di uomini valorosi, re, cavalieri e regine, per i quali l’onore era più importante della vita stessa (“A time when honour meant much more to a man than life”) ; in seguito, solo un piano inutile, solcato dai segni del tempo e sporcato dalla polvere accumulata in qualche scantinato dove, spariti i re e le regine, gli unici esseri viventi sono i ratti che reggono le sorti dell’impero (“Gone the kings and queens now only the rats hold sway”). L’uomo e il tavolo, nel tempo, si sono entrambi degradati e il tempo li ha inesorabilmente segnati. Pezzo fantastico, che richiama al tempo stesso musica medievale, musica colta da camera e rock, senza dare mai l’impressione di essere pretenzioso o di cadere nel banale.
GET ‘EM OUT BY FRIDAY
Atmosfere completamente diverse nel successivo Get 'Em Out By Friday. Brano teatrale, a più voci come è consuetudine in alcuni testi di Gabriel. Il tema fantascientifico e vagamente horror (anche se venato sempre di ironia tutta britannica) ritorna in questo racconto nel quale Gabriel & co. ci raccontano di una particolare e grottesca speculazione edilizia. In pratica, una società immobiliare caccia gli abitanti di un intero quartiere (si presume centrale) per trasferirli in un altro nuovo quartiere periferico (Harlow New Town) a costi maggiorati. Mr. John Peebles (una specie di Zio Paperone senza pietà) è lo speculatore che approfitta della buona fede della gente per relegare tutti in appartamenti senza l’anima, tutta british style, propria delle case unifamiliari inglesi:
“The winkler called again, he came here this morning, With four hundred pounds and a photograph of the place he has found. A block of flats with central heating. I think we're going to find it hard”.
Il buttafuori ha richiamato per dire che sarebbe passato stamattina / Con quattrocento sterline e una fotografia del posto che ha trovato / Un gruppo di appartamenti con riscaldamento centralizzato / Credo che ce la vedremo brutta
La parte fantascientifica viene fuori proprio in una data del futuro (che casualmente nel testo ricade proprio nel mese di settembre dell’anno 2012) quando una ricerca genetica svela che l’umanità si sta progressivamente rimpicciolendo di statura. A questa notizia John de Peebles (sempre lo stesso o un erede altrettanto spietato?) intuisce subito che, costruendo appartamenti più piccoli, si potrebbe stipare molta più gente nello stesso spazio e allora ricaccia i malcapitati dalle dimore di Harlow New Town (sempre di giovedì) per poter attuare il suo diabolico piano di rimpicciolimento degli appartamenti. Dal punto di vista musicale il brano è molto influenzato da Phil Collins e Mike Rutherford poiché è la parte ritmica a fare da padrone (il basso in particolare è suonato con molta energia). Il pezzo ha una partitura molto complessa (quella melodica segue l’andamento non lineare dell’intero pezzo e si basa su veloci contrappunti di organo e chitarra) in pieno stile progressive.
CAN-UTILITY AND THE COASTLINERS
Can-utility and the coastliners è il brano che chiude la facciata A dell’album. Si ritrova il tema mitologico già affrontato nell’album precedente, Nursery Cryme. Il testo è criptico già dal titolo: Can-utility è un gioco di parole che richiama Canuto (in Norvegese “Knut”) un antico re d’Inghilterra venuto dai paesi del nord (Scandinavia) e il cui regno comprendeva anche Danimarca e Norvegia. La leggenda vuole che per dimostrare il suo potere (ma alcune interpretazioni dicono che fosse per l’esatto contrario, cioè per dimostrare agli adulatori di corte che anche il potere di un re non è infinito) egli si fosse fatto installare il trono davanti all’oceano e avesse ordinato al mare di arrestare la marea. Ovviamente, la leggenda finisce con l’affondamento del trono e con un’ ulteriore condanna senza appello della vanagloria umana. La melodia è quasi tutta basata sul tipico arpeggio veloce delle chitarre a 12 corde che caratterizza tanti pezzi dei Genesis ai tempi di Steve Hackett, ma ha nel prologo al finale la sua parte migliore, con le tastiere di Banks in primissimo piano impegnate in uno stretto fraseggio con la batteria di Collins, sempre evocativa e mai banalmente relegata al ruolo di solo strumento ritmico. Un piccolo appunto (in questo pezzo) si può fare solo alla voce di Gabriel che, portata su registri poco consoni alla sua estensione, viene ad essere in alcuni punti meno brillante e chiara del solito.
FACCIATA B: SUPPER’S READY
Si gira il lato A, già sazi di musica progressive al suo meglio. Il meglio, però, deve ancora venire poiché sul lato B (oltre alla splendida Horizons di cui si è già parlato) c’è una suite leggendaria lunga più di 20 minuti, Supper’s Ready. Il tema è religioso o perlomeno ha frequenti riferimenti sacri, soprattutto per ciò che riguarda l’Apocalisse di San Giovanni e narra dell’eterna lotta tra il bene ed il male, tra la cialtroneria e la verità. Il pezzo è suddiviso in più movimenti e prende tutta la seconda facciata dell’album. Ci si lascia trasportare dalla romantica melodia iniziale (Lover’s Leap) per poi immergersi nel viaggio allucinante che porta due innamorati a fare un salto nel tempo (si presume all’indietro) ritrovandosi come se fosse passata un’eternità di tempo (“It’s been a long time … Hasn’it?” – E’ passato così tanto tempo... non è vero?). Dopo il salto, i due amanti si ritrovano e incontrano due personaggi, entrambi a loro modo messianici. Il primo è un contadino il quale rispetta la natura (che potrebbe essere il Cristo), l’altro (il personaggio definito come Guaranteed Eternal Sanctuary Man - L’uomo Che Garantisce Il Santuario Eterno) un tecnocrate, un politico cialtrone, uno in grado (a parole) di guarire qualsiasi male e di restituire pace e vita eterna a coloro che saranno disposti a seguirlo e, ovviamente, a ricompensarlo lautamente.
Basta pensare alle centinaia di falsi predicatori televisivi e cibernetici esistenti per capire subito quale dei due sia il messia falso. L’inganno è palese e qualcuno cerca di avvertire coloro che, attratti dalla salvezza facile si accostano al ciarlatano (“You, can't you see he's fooled you all” – Non vedete che vi sta fregando tutti?), ma in parecchi vanno a ingrossare le sue schiere. Il testo di Supper’s ready è zeppo di giochi di parole e anche i nomi dei personaggi sono spesso caratterizzanti. Ad esempio Itsacon, il nome di uno dei due personaggi nel titolo del successivo movimento (Ikhnaton and Itsacon and their Band of Merry Men), vuol dire proprio “E’ un ciarlatano”. I due (Itsacon e Ikhnaton) sono due dei generali del messia fasullo; coloro i quali dovranno istruire le truppe (del male) nella lotta contro quelle del bene. Chiunque non sottoscriva il contratto per il Santuario Eterno viene giudicato un nemico e come tale deve essere soppresso con la forza. In un primo tempo la lotta appare impari (ricordando anche in alcuni punti la storia de “Il signore degli Anelli”) e le forze del bene soccombono alla crudele spietatezza del nemico.
I due innamorati (simbolo di purezza) vedono questo scempio come se fossero in grado di esserne testimoni senza esserne direttamente coinvolti. Girovagando sul campo di battaglia, ricolmo di corpi morti, incontrano un giovane che come Narciso, specchiandosi in un laghetto si trasforma in un fiore (celebre è a questo punto la trasformazione di Gabriel che in concerto indossa proprio un girocollo a forma di fiore). I due innamorati cadono nel laghetto e si ritrovano nella Fattoria Willow (Willow Farm). Questa è un mondo senza senso. I bellissimi doppi sensi delle parole – spesso intraducibili in italiano – danno il senso di un caos senza capo né coda e forse è una finestra verso il possibile scenario che il mondo potrebbe mostrare se le forze del male avessero la meglio; un mondo fatto di cose futili e folli e volto al consumismo sfrenato, dove basta un fischio affinché le cose cambino
“We've got everything, we're growing everything, We've got some in - We've got some out - We've got some wild things floating about “
Abbiamo avuto ogni cosa, stiamo facendo crescere ogni cosa, ne prendiamo un po’- ne diamo un po’ - abbiamo un sacco di cose che galleggiano pazzamente intorno
La voce di Gabriel in questo movimento assume talmente tante sfumature diverse che si pensa che a cantare siano almeno in tre. E’ il preludio all’Apocalisse (Apocalypse in 9/8). La lotta finale si svolge mentre gli innamorati sono stati sotterrati come se fossero semi
“With the guards of Magog, swarming around,The Pied Piper takes his children underground. Dragons coming out of the sea, Shimmering silver head of wisdom looking at me “
Con le guardie di Magog in giro a portar violenza, il pifferaio magico porta i suoi bimbi sottoterra. Il dragone esce fuori dal mare, con la luccicante testa d'argento della saggezza, guardandomi
Gli innamorati ritrovano una nuova canzone scritta con il sangue, durante la battaglia, dal greco Pitagora, ma si tratta della stessa melodia dell’inizio (quella di Lover’s Leap) ed è come se tutto ricominciasse daccapo, come se la storia del mondo intero fosse un eterno giro della morte. Alla fine però il bene vince in As Sure As Eggs is Eggs - Aching Men's Feet (anche se non si sa per quanto durerà) e, al cospetto del Signore, un angelo in cielo ne canta le lodi
“There's an angel standing in the sun, and he's crying with a loud voice, "This is the supper of the mighty one", Lord of Lords, King of Kings, Has returned to lead his children home, To take them to the new Jerusalem”
C'è un angelo in piedi nel sole, e sta gridando a gran voce:"Questa è la cena dell'onnipotente", Signore dei Signori,Re dei Re,è tornato per ricondurre a casa i suoi figli, per portarli alla nuova Gerusalemme
FOXTROT ed il Progressive inglese degli anni '70
Musicalmente, Supper’s Ready è uno dei momenti culmine del rock progressivo di tutti i tempi. La lunga suite alterna momenti lirici (Lover’s leap, As Sure As Eggs is Eggs…), momenti caotici (Willow farm) e momenti di straordinaria creatività (Apocalypse in 9/8). Impossibile descriverne le atmosfere; si tratta di qualcosa di talmente originale che va solo ascoltata. Un momento però in particolare è da sottolineare fortemente, quella Apocalypse in 9/8 (in 9/8 è scandito ritmicamente il movimento) dove l’assolo di Tony Banks e la ritmica che sostengono la battaglia finale sono da incastonare in un ipotetico gioiello dedicato al rock progressivo. Il genio compositivo di Banks & c. (poiché credo che si possa tranquillamente attribuire al tastierista la gran parte della scrittura della suite) è al culmine; i testi di Gabriel interpretano a pieno le aspettative indotte dalla musica. Foxtrot è un disco anti commerciale come solo i dischi degli anni ’70 potevano essere (non vi è, ad esempio, alcuna concessione all’ascolto radiofonico poiché tutti i brani, anche quelli diversi dalla lunghissima Supper’s Ready, sono di durata ragguardevole e in generale non adatti per la radio). Nei solchi vi sono dimostrazioni di bravura eccelse (Tony Banks su tutti) e un suono di insieme (tipicamente marcato Genesis) senza alcun compromesso.
Cinque solisti bravissimi che suonano come una vera band, senza prevaricazioni o barocchi eccessi di virtuosismo da parte di uno qualunque di essi, che invece erano tipici nelle produzioni di altre band progressive coeve (EL&P in testa). L’unico appunto su questo disco può essere fatto alla qualità della produzione. La registrazione originale (che ha subito nel tempo diversi rimaneggiamenti in digitale) non è all’altezza di un album così bello, ed in alcuni punti si avverte una certa superficialità nella scelta dei vari take da incidere, derivante certamente dalla cronica ristrettezza di mezzi economici che attanagliava la band e dalla conseguente fretta di stampare. Dopo questo quarto disco in studio però, i Genesis inizieranno ad ottenere finalmente anche una consacrazione a livello commerciale. Questo si noterà sia negli allestimenti live che nelle produzioni successive. Nel disco seguente, “Selling England by the Pound”, la qualità dell’incisione sarà finalmente alla pari della bravura della band e all’altezza dei prodotti delle migliori band progressive contemporanee (Yes, King Crimson, EL&P). Ci sarà anche spazio per la sperimentazione di nuovi suoni (tra tastiere, ad esempio, compariranno i synth). Nel complesso Foxtrot è un disco senza alcuna ombra o esitazione, venato di una liricità e di un’intensità capaci ancora di dare (spero a tutti coloro che lo riascolteranno) dopo quarant’anni brividi ad ogni ascolto.
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