Berry Miles I Settanta
A chi non piacerebbe trascorrere una serata seduti in poltrona, magari con un bicchiere di buon vino, ad ascoltare storie, vicende, aneddoti dell’America controculturale e dell’underground londinese degli anni Settanta? Se poi a narrare è un testimone diretto e un protagonista che ha conosciuto e condiviso esperienze con Allen Ginsberg, Patti Smith, Paul McCartney, Peter Orlovsky, Lawrence Ferlinghetti, William Burroughs, i Clash o i Damned, per non citare che una minima parte dei numerosi personaggi che affollano le appassionanti pagine del libro, ancora meglio. Ebbene, visto che questa ipotesi è riservata solo a pochi fortunati, il bel libro di Barry Miles "I Settanta" ne rappresenta un eccellente sostituto. Il suo stile colloquiale, mai pedante, attento a colorire la narrazione con spunti gustosi e a raccontare senza reticenze, è l’ideale per farvi trascorrere qualche ora in modo davvero intenso e appassionante. Grazie alla prosa scorrevole di Miles, abile nel disegnare con poche azzeccate e colorite pennellate le caratteristiche e gli aspetti del carattere dei protagonisti da lui incontrati ci trasformiamo in testimoni di eventi grandi e piccoli che viviamo attraverso la pagina scritta.
Eccone un esempio, un dettaglio colto durante la sua lunga permanenza nella comune di Allen Ginsberg, dove Miles aveva il compito di riordinare il vasto e disordinatissimo archivio sonoro del poeta: «Maretta moriva dalla voglia di fare sesso con Allen, il quale tuttavia si ribellò "Mi disgustava, era così magra, la fica come una pinna di squalo all’assalto, e la pelle era sudicia, non si lavava"». Straordinario nella descrizione dell’ambiente e della varia umanità che girava intorno ai poeti beat e alle varie scene rock, come in questo flash di un concerto di Wayne Coyne: «Sembrava che sniffasse cocaina sul palco, da un tubicino che portava al collo. Il pubblico lo adorava. Dedicò Stuck on You ai Dave Clark Five e dopo un goffo spogliarello gli rimase addosso soltanto un paio di collant color carne con un ciuffo di finti peli pubici incollato sul davanti, peli che pettinava e gettava agli spettatori. Ormai li aveva conquistati tutti, li faceva ridere. Trionfante, indossò una vagina artificiale: "Quando volete, io ci sono!" strillò e durante una canzone intitolata Dead Hot Momma, il cui protagonista ha una relazione incestuosa con il cadavere di sua madre, si infilò tra le gambe aperte di un manichino sdraiato per terra»
I Settanta, il decennio in cui si è consumato più sesso, droga e rock’n’roll, sono vissuti in prima persona da Miles in questo libro di memorie attraverso luoghi topici e mitici dell’undergroud inglese e americano, la New York del Chelsea Hotel e del CBGB’S, la Frisco di Big Sur, la comune di Ginsberg a Cherry Valley, la stravagante Organon di Wilhelm Reich, la casa alla Bowery di Burroughs, la redazione di NME dove Miles ha lavorato. Si può ben dire che non ci sia luogo o protagonista di quel decennio folle e trasgressivo, ricco di contraddizioni e di speranze, che Miles non abbia incontrato. Del resto l’autore è stato protagonista non secondario di quel mondo, ha creato la rivista underground It e la mitica galleria d’arte Indica Gallery, ha collaborato con i maggiori musicisti rock e scrittori beat, dei quali ha anche prodotto i dischi di spoken words, è stato critico musicale, editore e oggi saggista e biografo. Un libro assolutamente da leggere per tutti coloro che hanno vissuto quegli anni e per chi non c’era sarà bello scoprire cosa si è perso.
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