Viva La Sposa Ascanio Celestini
Sceneggiatura: Ascanio Celestini; Fotografia: Luca Bigazzi; Montaggio: Cecilia Zanuso; Interpreti: Ascanio Celestini, Alba Rohrwacher, Salvatore Striano, Francesco De Miranda, Veronica Cruciani; Produzione: Italia 2015; Durata: 87'; Uscita italiana: 22 ottobre 2015
Ascanio Celestini, uno dei più grandi narratori teatrali europei, realizza la sua opera seconda -dopo "La pecora nera" del 2010 incentrato sulla situazione degli istituti psichiatrici- interamente girata nel quartiere Quadraro (periferia di Roma dalla quale proviene la famiglia del regista). Come quasi tutti i suoi monologhi, anche "Viva la sposa" annovera personaggi che sembrano sfociati direttamente dai mondi poetici di Pier Paolo Pasolini e Fabrizio De Andrè, da sempre i principali riferimenti artistici e culturali dell'attore romano: rassegnati e sottoproletari, prostitute e papponi, piccoli delinquenti e delitti, pestaggi ed abusi di potere. E' lo stesso Celestini a delimitare le differenze tra il “suo” teatro e il cinema affermando che il primo, costituito da un solo uomo sul palcoscenico, è “più evocativo” del cinema in quanto si “basa sulle parole”, mentre sul grande schermo si parte dai luoghi e soprattutto “dai personaggi, non dalle storie”. I personaggi, le storie e le ambientazioni del cinema di Ascanio Celestini, con i suoi interni spartani, disadorni, “poveri”, costituiscono una rarità nel cinema italiano e guardano casomai a grandi autori europei come Ken Loach, Aki Kaurismaki e i fratelli Dardenne. Proprio questi ultimi, ben conoscendo le esibizioni teatrali di Celestini (molto amato in Belgio) e apprezzandone stile e tematiche ricorrenti, hanno accettato di coprodurre Viva la sposa.
I protagonisti principali del film sono: Nicola (Ascanio Celestini), alcolizzato cronico che vive tra il furgone e una misera stanza insieme a Salvatore (Francesco De Miranda), un tredicenne del quale forse è padre; la madre del ragazzino (Veronica Cruciani), una prostituta che tuttavia conserva intatta la sua dignità di donna e mamma; Sofia (Alba Rohrwacher), amica e potenziale fidanzata di Nicola, che pur rendendosi conto dell'immobilismo senza via d'uscita che li circonda e millantando di ipotetici viaggi all'estero, resta a sua volta “prigioniera del quartiere” risultando nient'altro che l'alter ego di Nicola. Tutti questi “naufraghi resistenti” -come li definisce Ascanio- gravitano nel raggio di 1500 metri ed hanno come “centro del mondo” il bar di quartiere. Nicola si guadagna da vivere facendo monologhi e spettacolini coi burattini alle feste dei bambini. Una mattina, alla guida del suo furgone, investe un passante uccidendolo: in verità l'uomo si era buttato volutamente sotto il mezzo sperando in una ricompensa della controparte. Era il suo sistema abituale per “fregare” il prossimo; la stessa “tecnica” viene ereditata dal figlio Sasà (Salvatore Striano) il quale, “per arrotondare”, collabora con un pericoloso clan di malavitosi (a seguito della morte del padre, Sasà diventerà amico di Nicola).
Il filo conduttore musicale è rappresentato dall' Ave Maria di Schubert che sottolinea alcune scene decisive. I notiziari trasmessi dalla TV costituiscono un altro importante elemento del film: da qui lo spettatore “vede” i pestaggi perpetrati dalla polizia nei confronti di alcuni manifestanti e, a più riprese, appare in onda una famosa attrice straniera che come set del proprio matrimonio ha scelto L'Aquila, con lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla situazione ancora drammatica della (non)ricostruzione post-sismica (forse un'ironica critica al baraccone mediatico rappresentato dal G8 del 2009 e dai vari politici accorsi a L'Aquila). L'autore del film ha sottolineato come i suoi personaggi “vivono in maniera fatalista”, ma che questo tipo di storie (cioè di individui che frequentano sempre i soliti posti e fanno le stesse cose; ad esempio l'alcolismo cronico di Nicola che annuncia più volte di smetterla di bere, ma non rinuncia mai a birra e sambuca) non riguarda necessariamente gli “ultimi”, ma si può riferire a tutti gli strati sociali.
Una comunità, quella del Quadraro, che non solo ha rinunciato alla lotta di classe, “ma non ha mai nemmeno minimamente pensato di iniziarla” perchè tutto sommato si adagia alla quotidianità. Celestini tiene a precisare di aver scelto queste storie non “per raccontare la miseria” dei protagonisti, ma per l'umanità e la dignità che essi cercano di mantenere e difendere prima di ogni altra cosa. Nella seconda parte di Viva la sposa la tensione tragica si palesa con la rievocazione di un tragico avvenimento degli ultimi anni: la ricostruzione fedele dei dialoghi avvenuti in questura tra i poliziotti e Alberto Bigioggero (nella scena del film Nicola), presente al momento del pestaggio con cui la notte tra il 13 e 14 giugno 2008 a Varese la polizia torturò e uccise l'amico Giuseppe Uva (nel film Sasà). L'ennesimo omicidio di stato commesso dalle forze dell'ordine di una lunga serie che, oltre a quello di Uva, comprende: Federico Aldrovandi (ucciso a Ferrara nel 2005), Riccardo Rasman (disabile psichico, Trieste 2006), Stefano Cucchi (Roma 2009), Michele Ferrulli (Milano 2011), Riccardo Magherini (Firenze 2014), solo per citare i casi più noti.
Tuttavia, oltre alla ferrea presa sulla realtà che permea l'opera di Celestini, Viva la sposa contiene anche scene “meno comprensibili”, quasi surreali, sostenuti dalla sapiente fotografia di Luca Bigazzi: il riferimento iniziale a Pinocchio (“come sono contento di essere diventato un burattino e come ero triste quando ero un ragazzo”, confabula più o meno Nicola mentre è a letto, probabilmente in dormiveglia); le “apparizioni” della bellissima sposa che, oltre a comparire in televisione, viene avvistata in un distributore di benzina da Nicola e Salvatore. O forse era tutto un sogno? Allo stesso modo enigmatico appare anche il finale del film, con il primo piano del giovanissimo Salvatore allo specchio: “i Dardenne mi hanno detto che non l'hanno capito, però gli è piaciuto” ha raccontato l'autore, regista e interprete, Ascanio Celestini. Un artista “sempre impegnato” a sensibilizzare il pubblico sulle anomalie della democrazia (?) italiana; un film in cui attualità politica, trama e contesto sociale vanno costantemente di pari passo. E allo stesso modo in questo film, come nel sublime teatro di Ascanio, per il pubblico si ripete la consueta escalation di emozioni: all'inizio lo spettatore sorride, poi riflette, infine si indigna e si commuove.
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