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20 Gennaio 2012

The Adverts CROSSING THE RED SEA WITH THE ADVERTS – The Ultimate Edition

5/12/2011, Fire Records - test

Parlare di "Crossing the red sea with the Adverts", esordio di una delle formazioni seminali del primo punk inglese, non è cosa semplice: sul disco è stato scritto già tutto, si sa già tutto. Se solo ci si definisce amanti del punk rock e non si conosce quest’album sarebbe meglio ripensare i propri gusti musicali. Ogni secondo del disco è marchiato a fuoco nel cuore di ogni appassionato di punk rock; l’ispirazione del disco e della band, è talmente alta che ogni suo pezzo è un capolavoro. La track-list dell’album è leggenda essa stessa, una vera raccolta di classici del punk rock, talmente perfetta da sembrare un vero e proprio “best of”: One Chord Wonders, Bored Teenagers, New Church, On the Roof, Newsboys, Bombsite Boy, No Time to Be 21, Safety in Numbers, Drowning Men, On Wheels, Great British Mistake, Gary Gilmore's Eyes, We Who Wait, New Day Dawning. Questa ristampa, inoltre, aggiunge un secondo disco che fotografa la band live negli anni del loro massimo splendore. "Crossing the red sea" è un disco per molti aspetti unico nel panorama del primo punk inglese, ha un suono così riconoscibile da non ricordare nessun’altra band coeva. Un sound tutto suo, molto rude ma che costruisce grandi melodie, con un gusto tutto “pop” per il ritornello che in moltissimi pezzi si trasforma in vero e proprio anthem. Che il suono del disco non risulti, all’orecchio ingenuo, subito accostabile alle sonorità più comunemente definite come punk apre una questione irrisolta: quella della definizione di un canone musicale per le band etichettate come punk, e della visione del punk come puro genere musicale, definibile attraverso una serie di elementi formali.

 

Il discorso presenta delle difficoltà di base che fanno presupporre che il fenomeno-punk vada al di là di una semplice questione di suono o di stile. Come individuare un suono punk (almeno per quello che riguarda i “padri fondatori”) classico? Qual è il suono punk per antonomasia? Quello dei Sex Pistols, e della loro rilettura del sound degli Stooges e delle Dolls? Quello dei Clash? Le orge sonore post-Who dei Damned? La rilettura stradaiola del pop anni ’60 dei Ramones? Il pop punk dei Buzzcocks? Da queste poche costatazioni è possibile trarre la più ovvia delle conclusioni: quella cioè che il punk non è una semplice questione di suono. "Crossing the red sea" sta proprio lì a dimostrare questo: il punk è una questione di stile, di attitudine, di furia giovanile; l’incontro tra le radici rock’n’roll e le avanguardie post-situazioniste trapiantate nell’Inghilterra della fine degli anni
Settanta, la furia nichilista (a metà strada tra la consapevolezza artistica delle avanguardie e l’ignoranza distruttrice di un’adolescenza “bruciata”) e l’ironia iconoclasta: un fenomeno allo stesso tempo alto e basso, socialmente critico e allo stesso tempo fatto col cuore e apprezzabile solo col basso ventre degli istinti. Crossing the Red Sea anche dopo quarant’anni resta un capolavoro assoluto e unico (gli Adverts stessi neanche ci provarono a bissare il capolavoro con il loro secondo disco), un album che fotografa alla perfezione un periodo, un modo di intendere la musica e di suonarla. Questa ristampa sarà pure l’ennesima operazione commerciale che nulla aggiunge alla grandezza dell’originale, ma non diceva qualcuno che, in fondo, il punk è stato solo una questione di filthy lucre?

Luca Verrelli
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