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11 Gennaio 2013 , ,

John Mayall and The Bluesbreakers L’UNIVERSITA’ DEL BRITISH BLUES

1964-2013 - Decca, Polydor

ohn_mayalls_bluesbreakers-the_diary_of_a_band._volume_one(decca)2Le origini

 

Padre fondatore del blues inglese insieme al più anziano Alexis Korner e all’armonicista pioniere Cyril Davies, John Mayall è stato ed è tuttora una figura centrale nella storia del rock blues a livello mondiale e del british blues in particolare. Nato nel novembre 1933 a Macclesfield nei pressi di Manchester, appassionatosi ai suoni del blues tramite la figura paterna, Murray, chitarrista jazz, ascoltò giovanissimo i dischi 78 gg. di Leadbelly, Albert Ammons, Lonnie Jhonson, Eddie Lang e di altri maestri del blues e del jazz anni 40: stimolato da questi grandi musicisti, iniziò a suonare il piano, la chitarra e l’armonica all’età di 13 anni. Nel 1950 venne mandato in Corea per tre anni, militare durante la sanguinosa guerra tra Nord comunista e Sud filo americano, i ricordi di questa dura esperienza di vita ricorreranno nei testi di alcune sue songs. Tornato a Manchester, studiò al Manchester College Of Art e con altri innamorati della black music, il cui ascolto con la fine della seconda guerra mondiale e la lunga permanenza di truppe USA in Gran Bretagna si era radicato tra i giovani inglesi, cominciò a suonare jazz e blues.

 

Tra il 1956 e il 1962 suonò con alcune band amatoriali: The Powerhouse Four e The Blues Syndacate, con il compagno di studi Peter Ward come batterista, il trombettista John Rowlands, il sassofonista Jack Massarick, il chitarrista Devey Graham (esiste un cd, “Time Capsule”, con rarissime incisioni di quel periodo, in commercio solo tramite il sitojohn mayall capsule ufficiale di Mayall). Poi accostatosi ad Alexis Korner, questi lo incitò a suonare blues professionalmente, e nel 1963, viste le sue continue insistenze, Mayall, che nel frattempo lavorava come grafico, si trasferì dalla più provinciale Manchester a Londra, città in preda a grandi fermenti culturali e in cui circolavano, a quel tempo, molte idee nuove gravide di stimoli per i futuri giganteschi cambiamenti a livello musicale, sociale, culturale e giovanile, che di lì a poco avvennero non solo in GB, ma in tutto il mondo occidentale.

 

 

 

The Sixties:  John Mayall e la Crociata del Blues

 

Fu il momento della nascita dei Bluesbreakers, un marchio che farà la storia del blues bianco. La band fu tra le prime star di venues come il Flamingo, il Klook’s Kleek, il Bluesville e in primis del neonato Marquee, storico locale londinese, tempio del jazz, del blues e del rock, dal 1958 sino alla fine degli anni 80. Dopo la registrazione per la Decca del loro primo 45 gg. "Crawling Up The Hill/Mr.James" con la produzione di Ian Samwell, arrivò il momento anche del loro primo lp, che fu registrato dal vivo: “Mayall Plays Mayall: Live at Klook’s Kleek” (Decca, 65) con John McVie (basso), Roger Dean (chitarra), JOHNLMAYALLKLOOKSHughie Flint (batteria) e Nigel Stanger (sax), fu la prima storica line-up a lasciare la prima traccia a 33 gg. dei Bluesbreakers, il disco vide molte composizioni dello stesso Mayall nella sua tracking list e fu caratterizzato da un ruvido ma straordinario swing jazz/blues. Fu in questo periodo che i Bluesbreakers accompagnarono John Lee Hooker in tour in GB alternandosi con i Groundhogs di Tony McPhee; tra i bluesman afroamericani che fruirono del loro supporto live ci furono anche due grandi come T.Bone Walker e Sonny Boy Williamson II. In seguito dimostrando il suo eccellente fiuto nel cercare talenti musicali tra le numerose promesse di quegli anni iper creativi, lasciando loro una certa libertà di esprimersi a livello individuale, incontrò Eric Clapton, giovane chitarrista già affermato, allora con gli Yardbirds, che sostituì Roger Dean e da quel fortunato connubio venne fuori l’lp: “Bluesbreakers With Eric Clapton” (Decca, 66), prodotto da Mike Vernon e registrato nel Decca Studio n.2 a West Hampstead nel marzo 1966, noto anche come “Beano Album”.

 

Nel disco covers del Chicago blues che saranno dei veri must come All Your Love di Otis Rush, Hideway di Freddie King, Parchman Farm di Mose Allison e Ramblin’ On My Mind di Robert Johnson, composizioni dello stesso Mayall come Little Girl e Double Crossing Time scritta a quattro mani con Clapton: il risultato fu eccellente, il blues fluì dai solchi di ohn_Mayall_y_The_Bluesbreakers_Featuring_Eric_Clapton-Blues_Breakers_With_Eric_Clapton-Frontalquel vinile come per magia e la Gibson Les Paul Standard double humbucking di Clapton tracciò un percorso stilistico propedeutico per tutti i chitarristi rock blues di là da venire; nel disco anche i sassofonisti Alan Skidmore e Johnny Almond e la sezione ritmica McVie-Flint. L’album fu il primo successo commerciale per Mayall e arrivò al n.6 delle charts; fu quello il periodo in cui, sui muri di Londra, mani anonime scrivevano: “Clapton Is God…”.  Brani di questo periodo si trovano anche nell’antologie “Raw Blues” e “Looking Back”, nella raccolta  live postuma “Primal Solos” del 77 e nel box "Crossroad" di Eric Clapton.

 

Alla fine del 66 Clapton mollò Mayall e i Bluesbreakers (l’ultima gig con lui il 25 giugno 66 al Flamingo), si vocifera (anche) per questioni di donne e molto influenzato dall’impatto live del trio di Buddy Guy, che Clapton vide dal vivo al Marquee, si lanciò prima nell’avventura Cream insieme al bassista Jack Bruce e al batterista Ginger Baker, conosciuti sempre nel giro Mayall/Bluesbreakers, e poi in una fortunatissima carriera solista che ancora oggi lo vede tra i protagonisti evergreen della musica rock. Come sostituto arrivò un giovanissimo che aveva già brevemente suonato con Mayall: Peter Green, proveniente dai PeterJOHNMAYALLROAD Barden’s Looners; con lui alla lead guitar, John McVie al basso, Ainsley Dunbar alla batteria, Mike Vernon alla produzione, fu registrato: “A Hard Road” (Decca 67), in cinque giorni nell’ottobre-novembre del 1966, il disco fu un altro capolavoro, classici del blues: The Stumble, Dust My Blues, You Don’t Love Me, composizioni di Green come Supernatural, di Mayall, Leaping Christine, blues emotivo e carico di elettricità, la chitarra e la voce bluesy di Green donarono sublimi emozioni, la ritmica fece un lavoro perfetto, le bluesharps, le tastiere di John e la sezione fiati fecero il resto, un disco indimenticabile, tra i best album del british blues.

 

Ai Bluesbreakers si unì poi il batterista Mike Fleetwood e dopo un po’ di gigs con questa line up, i tre giovani Green, Fleetwood e Mc Vie lasciarono Mayall per formare i Fleetwood Mac, altra formazione storica prima del blues inglese e poi superstar del rock internazionale almeno sino agli anni 90; parallelamente Ainsley Dunbar formò l’omonima A.D. Retaliations. John Mayall oramai cosciente del suo ruolo di talent scout e di chioccia del rock britannico continuò per la sua strada andando a selezionare altri giovani musicisti della scena blues, sicuro di cogliere nel segno. Dopo avere ascoltato il 18enne David O’ List, poi con i Nice di Keith Emerson, scoprì un nuovo talento della sei corde, il 17enne Mick Taylor, tramite un annuncio su Melody Maker, dopo avere provato altri chitarristi come Geoff Krivit (Dr.K Blues Band), il nero Terry Edmonds e John Moorshead  john mayall crusade(A.D.Retaliations, Heavy Jelly, Graham Bond).

 

Nuova formazione e nuovo lp: “Crusade” (Decca, 67) con Mick Taylor, un ritrovato Mc Vie al basso e Keef Hartley alla batteria, musicista proveniente dall’ottima mod band The Artwoods e ai fiati  Rip Kant e Chris Mercer. Il disco, il solito mix di classici del blues e di composizioni Mayall/Taylor, fu un ennesimo successo, la qualità fu sempre ai massimi livelli, il ruolo di voce solista fu in carico a Mayall, dopo che con lui si erano alternati ottimi vocalist blues come Clapton e Peter Green; Oh Pretty Woman, un classico del Mayall sound, una fantastica I Can’t Quit You Baby di Dixon, Driving Sideways di Freddie King, il blues Death Of J.B. Lenoir, si fecero notare in una strepitosa track list di ottimi brani.

 

Fu un momento d’oro, tutto andava nel verso giusto e la fama dei Bluesbreakers raggiunse sempre più dimensioni internazionali, in USA e in Europa, i tours fuori dai confini britannici divennero sempre più frequenti e sempre meglio remunerati, da segnalare nel 1967 la registrazione di un mini lp con quattro brani, sempre per la Decca, con l’armonicista americano Paul Butterfield, rarità che si può ritrovare nella versione expanded della cd-r americana di A Hard Road e la partecipazione di JM a registrazioni con i pianisti blues Champion Jack Dupree e Eddie Boyd. Ai Bluesbreakers, nel marasma di una scena rock e blues sempre più viva e agitata, si unirono il virtuoso batterista JohnJOHNMAYALLALONE Hiseman e il sassofonista Dick Heckstall Smith, vecchi marpioni del British blues e con questa line-up, con Mick Taylor, Keef Hartley e i bassisti Keith Tillman e Paul Williams, registrarono i due lp live: “The Diary Of A Band vol.1&2”.

 

I due volumi erano un report di un tour in GB, Olanda e Irlanda del 1968,  l'incisione approssimativa ma contenevano lunghi brani jazz blues, con un afflato psichedelico e le virtù soliste dei vari musicisti in primo piano; fonti (da verificare) affermano che in un brano ci fosse Jimi Hendrix alla chitarra solista. Ad interrompere la frenetica attività dei Bluesbreakers, il primo lp solista di Mayall: “The Blues Alone” (Ace of Clubs, 67) dove Mayall cantò e suonò tutti gli strumenti da quel polistrumentista di razza qual'era ed è tuttora, il solo Hartley collaborò con il suo drum set in alcuni brani: un disco asciutto e frugale, essenzialmente blues dove si evidenziò anche una vena melanconica nelle composizioni di John, che ritroveremo poi in alcuni lavori americani degli anni 70, le liner notes di copertina furono scritte da John Peel, dj, talent scout e tuttologo del rock inglese sino agli anni 2000.

 

Venti di cambiamento: Mayall, il British Blues progressivo, la psichedelia, la svolta acustica.

 

JohnMayall-BareWiresDopo i due lp dal vivo i nostri tornarono in studio e John Mayall (nel frattempo soprannominato dai fans The Manchester’s Lion) partorì uno dei suoi massimi capolavori, “Bare Wires” (Decca, 68), co-prodotto da Mayall e Vernon e primo esempio di rock blues progressivo con la blues-suite iniziale lunga oltre 22’ e senza alcuna cover del blues made in USA: solo composizioni firmate Mayall/Taylor, con i fiati di Chris Mercer, Henry Lowther e D.H.Smith in grande evidenza ed uno scintillante Mick Taylor alla solista, un album complesso, innovativo e pregno di sonorità jazz, che fece da apripista alla nascita dei Colosseum, di lì a poco messi in piedi da John Hiseman e D.H. Smith; Bare Wires raggiunse il n.3 delle charts in GB, il n.1 in Francia e il n.59 negli USA. Ma nel luglio 68 i Bluesbreakers in quanto tali si sciolsero e Mayall incise “Blues From Laurel Canyon” (Decca, 68); il disco fu l’ultimo inciso per la Decca, la sua registrazione seguì un lungo soggiorno di JM negli USA, proprio al Laurel Canyon conosciuto anche come Topanga Corrall, zona della California allora meta preferita di musicisti rock, artisti, hippies e freaks vari.

 

Proseguì la linea compositiva di JM, vide un cameo di Peter Green nel brano First Time Alone, una certa tendenza alla sperimentazione con l’utilizzo delle tablas e un ruolo importante per l’Hammond suonato dallo stesso Mayall; alcuni brani memorabili, The Bear dedicata a Bob Hite dei Canned Heat: “I been living with the Bear, in a big house full of blues…” recitava l’incipit del testo, 2401 omaggio a Frank Zappa e Miss James ricordo di qualche piacevole esperienza con la groupie Catherine James. Un disco molto americano, che precedette il definitivo trasferimento di Mayall negli USA proprio nella zona del Laurel Canyon in California a fine 1969; un altro gran bel lavoro con qualche limite tecnico in fase di registrazione, le cd-rJohn mayall rimasterizzate offrono un ascolto ben diverso da quello dei vinili originali e l’ultimo con Mick Taylor che nel 1969 divenne la lead guitar dei Rolling Stones invece dello scomparso Brian Jones.

 

Sempre nel 69 uscì l’antologia “Thru The Years” per la Decca/London con molti brani inediti di grande qualità e il 12 luglio del 69 Mayall registrò il suo quarto album live: “Turning Point”, al Fillmore East di New York e pubblicato per la Polydor; fu un altro momento top della produzione Mayalliana. Una formazione a 4 inedita con oltre a John alla voce, bluesharp, tastiere e chitarra ritmica, il sassofonista Johnny Almond, il bassista Steve Thompson e il chitarrista acustico John Mark, abolita la batteria, Mayall in quel tempo considerava i batteristi dei troubles makers e con un incredibile mood jazz blues semi acustico pieno di feeling e di perizia strumentale: The Laws Must Change, I’M Gonna Fight For You JB dedicata al bluesman JB Lenoir (sorta di guida spirituale per John Mayall), So Hard To Share, Thougts About Roxanne, Saw Mill Gulch Road, la lunga California e il trip armonicistico Room To Move vero cavallo di battaglia di John Mayall in tutti i suoi concerti. Sound engineer Eddie Kramer (Hendrix, Led Zeppelin), un disco fantastico, nessun altro commento, è troppo noto a chi ama questa musica, nella cd-r del 2001 ben tre brani inediti (con questa line up anche il cd postumo “Live At Marquee 69”). Il 27 giugno del 1970, i Bluesbrakers suonarono al Bath Free Festival, uno dei più grandi mayallpointrock festival inglesi di quegli anni, con una inedita formazione ad hoc: oltre a John, c’erano Peter Green alla chitarra, Rich Grech al basso e violino, Ainsley Dunbar batteria e Rod Mayall, fratello di John all’organo Hammond, questa la track list del loro concerto:

 
LIVE SHOW: June 27, 1970 Bath Blues Festival, Shepton Mallet, England 
It Might As Well Be Raining,I Might Catch Up With You, No Place To Go,
Crazy Woman, My Pretty Girl, What's Wrong Now

 

The seventies

 

john mayall usa unionCon l’arrivo degli anni 70, Mayall iniziò il suo percorso americano, cominciato con la performance al Newport Jazz Festival del 5 luglio 69 e proseguito con nuove formazioni composte per lo più da musicisti americani, decine di gigs in giro per gli USA e la pubblicazione di tre nuovi dischi per l’etichetta Polydor: “Empty Rooms” (69) registrato tra Londra, NY e Los Angeles, con una formazione mista angloamericana: John Mark, Johnny Almond (poi protagonisti con Mark & Almond, mirabile e raffinata band soul jazz) e il bassista (ex Canned Heat) Larry Taylor, un buon disco, che non fece però gridare al miracolo, poi “USA Union” (70), album dai contenuti ecologisti, con il ritorno della chitarra elettrica nelle mani sapienti di Harvey Mandel (anche lui ex Canned Heat) e il micidiale violino elettrico di Don “Sugarcane” Harris. Una sequenza di grandi brani pieni di blues feeling e originalità, memorabili Crying, My Pretty Girl, Took The Car, Nature’s Disappearing, una band che dal vivo dette il meglio con i vari solisti scatenati in tutta la loro bravura, soprattutto Sugarcane Harris, già collaboratore di Zappa, regalò emozioni profonde con il suo violino dai suoni strazianti (il cd postumo "Rock The Blues Tonight" del 1999 è cronaca di quei concerti incendiari); terzo album prodotto: “Back To The Roots”, doppio album in studio auto celebrativo, dove JM radunò molti dei suoi allievi passati e presenti: Clapton, reduce dallo scioglimento dei Derek & The Dominoes, Mick Taylor, Johnny Almond, Harvey Mandel, Keef Hartley, Paul Lagos etc.

 

mayallfusionUna formidabile cavalcata nel blues rock di Mayall, 18 songs da lui scritte, che ancora oggi tolgono il fiato a chi le ascolta, nel 2001 cd-r con 25 brani di cui 8 remix francamente da dimenticare. Sempre nel 1970 produsse e suonò con Albert King, ne uscì l’album "Lost Session", registrato nello studio di Wolfman Jack e pubblicato molti anni dopo nel 1986, quando i nastri della registrazione furono ritrovati negli archivi della Stax.  Nel 1971 JM registrò “Memories” (Polydor) un disco considerato minore, sempre con Harris al violino e con il chitarrista Jerry McGee ex dei Ventures, in un inusuale trio. Un lavoro, secondo me, da rivalutare, autobiografico, malinconico e intimista: Memories, Back From Korea, Separate Ways, Grandad, Play The Harp alcuni dei titoli, un sound delicato e rilassato, ma sempre caratterizzato dal punto di vista ritmico. Nel 1972 Mayall mischiò ancora le carte e diede una nuova linea al suo blues con l’organizzazione di una vera e propria big band, formidabile dal vivo, ne venne fuori “Jazz Blues Fusion”, cronaca di due concerti USA, uno tenuto a Boston e l’altro all’Hunter College di New York.

 

Con lui Larry Taylor al basso, Ron Selico alla batteria, i jazzisti Ernie Watts, Clifford Solomon e Blue Mitchell ai fiati e il chitarrista jazz blues Freddie Robinson, il risultato fu una micidiale miscela di rock, jazz e boogie ad alto impatto ritmico, con le bluesharp e il piano di Mayall impegnati a duettare con la scintillante tromba di Mitchell, il sax soprano di Solomon e il tenore di Watts e la chitarra di Robinson ad impartire lezioni di puro jazz stile; Country Road, Mess Around e Good Time Boogie, alcuni degli indimenticabili titoli del disco, che arrivò al n.33 delle chart inglesi e vendette bene anche in Italia. Da qui in poi permayall back to roots il Leone di Manchester si aprì un periodo di crisi d’ispirazione; i musicisti eccellenti con cui Mayall aveva suonato in passato erano nel frattempo diventati a loro volta delle rockstars e i nuovi arrivati ebbero sempre più un ruolo da comprimari, ad aggravare il momento di crisi un Mayall sempre più alcool dipendente, strano per uno che era sempre stato duramente critico con chi consumava droghe all’interno delle sue band e nel 1974 l’incendio del Topanga Corrall dove JM perse la sua casa e molti dei suoi beni, un colpo molto duro per lui. Il nuovo disco per la Polydor fu “Moving On”, un altro live, registrato al Whisky A Gò Gò di Los Angeles nel 1972 con una formazione simile a quella di JB Fusion, con il sax di Ernie Watts e un ritorno di Keef Hartley alla batteria, ancora un buon disco, ma il sound scintillante e ipercinetico del lavoro precedente fu solo un ricordo.

 

A questo seguì un ennesimo doppio live: “Ten Years Gone” (Polydor, 73), un lavoro noioso e ripetitivo, con Freddie Robinson, Sugarcane Harris e altri musicisti del giro jazz californiano; dopo di questo una lunga serie di dischi per Polydor, ABC Records e DJM Records che certamente non restano nella storia dell’epopea di JM, tra soul annacquato e un rock blues un po’ scontato, con solisti bravini ma non eccelsi e una pletora di live album, segno di una perdurante grave crisi creativa. Tra i pochi da segnalare: “Bottom Line” del 1979 con Randy Brecker, John Tropea, Paul Shaffer (attualmente band leader del tv broadcast Late Show di David Letterman) e altri jazzisti di fama e “Last Of The British Blues” del 1978, un live con il vecchio Bluesbreakers Steve Thompson al basso e un ritorno alle blues covers cpn il remake di The Bear da Blues From Laurel Canyon. Gli anni 70 finirono così, un pò ingloriosamente, con un John Mayall decisamente lontano dagli standard eccelsi della decade precedente, nonostante si fosse avvalso delle produzioni eccellenti di Don Nix, Allen Toussaint e Tom Wilson.

 

 

Gli 80’, 90’, 2.000… la rinascita

 

mayallrideNell’82, Mayall riformò i Bluesbreakers, con Mick Taylor, John McVie e Colin Allen e fece un lungo world tour; fu con questa formazione che vidi Mayall dal vivo per la prima volta, nel 1982, al Teatro Tenda di Lampugnano, a Milano (esiste un bootleg di questo concerto).

                             

26th November 82: Milano, Italy, Teatro Tenda

(An Eye For An Eye/Band introduction/Rock It In The Pocket/My Time After Awhile/You Never Can Be Trusted/Oh,Pretty Woman/Checkin' Up On My Baby Catfish Blues/I Should Know Better/Have You Heard/The Stumble/Ridin' On The Santa Fé/Room To Move/Baby What You Want Me To Do)  Note: With special guest Maggie Parker-Mayall on vocals on Room To Move and Baby What You Want Me To Do

 

Da questo tour uscì il cd “1982 The Reunion Concert”, un buon lavoro di classico rock blues con un ritrovato feeling. Nel 1984 cominciò la collaborazione con i chitarristi Coco Montoya e Walter Trout e il batterista Joe Yuele, che ricoprirà questo ruolo in seno ai Bluesbreakers per oltre 20 anni; i lavori discografici di quegli anni non furono particolarmente interessanti, ma dal vivo la band di JM ritrovò una certa grinta, soprattutto per merito di Trout, chitarrista dalla mano pesante, ma con un alto tasso di blues feeling. Dopo uno stop alle registrazioni di qualche anno, nel 1990 uscì il cd “Sense Of Place”mayaldays (Island), con composizioni di Mayall, Don Nix, Sonny Landreth, JJ Cale e altri: il dischetto segnò il ritorno nelle charts di JM dopo 15 anni di assenza. Fu in quei primi anni 90 l’incontro tra Mayall e il chitarrista texano Buddy Whittington, ottimo solista dagli umori southern rock e anche buon cantante blues, alla band si unì anche il tastierista Tom Canning. Con questa line up uscirono tra il 95 e il 99 alcuni buoni cd: “Wake Up Call”, che ebbe la nomination al Grammy e vide la partecipazione di Buddy Guy, Albert Collins e Mavis Staples, “Spinning Coin”, “Blues For The Lost Days” e “Padlock Of The Blues”, che videro un ritorno di JM su ottimi standard qualitativi, con del vero blues targato Mayall, la lead guitar di Whittington protagonista ad integrare e supportare l’armonica, la voce, le tastiere di John e il resto della band. Una rinascita attesa per anni ed una ritrovata serenità personale nella maturità.

 

Nel 2003 al compimento dei 70 anni, Mayall rimise assieme Eric Clapton, Mick Taylor, il veterano dello skiffle Chris Barber per un memorabile "70th Birthday Concert", da cui vennero tratti un cd e un celebre dvd; risultato da brividi e le medesime vibrazioni blues di 40 anni prim. Fu il primo contatto con il “nemico” Clapton dalla registrazione di Back To The Roots nel 1971 !!! Precedentemente nel 2001, il cd “Along For The Ride” con ospiti: Jeff Healy, Billy Gibbons, Bill Preston, Peter Green, Otis Rush, Steve Miller, DH Smith e molti altri grandi nomi, un doveroso omaggio a Mayall da parte del gotha del rock blues per il suo ruolo di formidabile band leader e propagandista blues a livello planetario. Poi l’ottimo “Road Dogs” nel 2005 e nel 2007 un cd totalmente dedicato ai classici del chitarrista nero John_mayall_toughFreddie King, intitolato: “In The Palace Of King”, con un fenomenale Buddy Whittington sugli scudi e Robben Ford prestigioso ospite, un ottimo lavoro di puro blues elettrico; nel 2009 “Tough”, ultimo interessante lavoro in studio con la nuova line-up.

 

Nel 2010 il cd “Live In London” (in vendita solo tramite il sito di JM) con il nuovo mark dei Bluesbreakers con il chitarrista texano Rocky Athas, erede di un Buddy Whittington ormai avviato verso una meritata e brillante carriera solista, il bassista George Rzab (ex Gov’t Mule) e il batterista Jay Davenport. Alla fine del 2012 Mayall e la band sono stati impegnati in un lungo tour europeo che ha avuto il suo inizio a Oslo e la fine a Londra; sono stati anche in Italia per due date, a Milano e Padova. In questi anni sono usciti sul mercato molti cd e dvd: antologie, live inediti con guest Albert King, Etta James, Buddy Guy e il meglio del blues afroamericano, rarità di tutti i tipi inerenti John Mayall e le decine di grandi musicisti che hanno con lui suonato in quasi 50 anni di attività. Oggi nel 2013 il quasi 80enne John Mayall, in splendida forma, canta e soffia ancora le blue note nelle sue Honer Marine Band, e ci regala momenti indimenticabili di quella musica meravigliosa che si chiama BLUES.

 

Guido Sfondrini

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