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9 Gennaio 2016 , , ,

David Bowie ★ (Blackstar)

2016 - Sony Music
[Uscita: 08/01/2016]

Inghilterra   #consigliatodadistorsioni     

 

Blackstar_album_coverDavid Bowie è sempre stato una creatura dalla natura sfuggente ed irriducibile per cui si dovrebbe scomodare l'impiego di una ermeneutica di tipo psicoanalitico, considerato come ogni album abbia sempre coinciso con l'inaugurazione di un nuovo ciclo di mutazione artistica. E' come se non si facesse in tempo ad assimilare questa continua evoluzione nella genetica della sua musica che lui è già da un'altra parte, lontano anni luce da tutto il resto, costringendo sempre gli altri a rincorrerlo e a tentare di decodificare il suo simbolismo. Perché l'arte di Bowie risiede in un lavoro di decostruzione della forma canzone che ne espande i limiti strutturali, aprendosi sempre a nuove soluzioni e sfruttando al meglio le nuove tendenze, senza mai cavalcare la coolness. Se “The Next Day” intendeva ricreare l'assetto sonoro delle sessioni berlinesi in brani che mantenevano un loro classicismo di impronta tipicamente bowieana, con "★ (Blackstar)" siamo su un terreno del tutto diverso, quello di una sperimentazione che guarda al jazz come paradigma di libertà espressiva. 

 

bowie1Se nell'album precedente, in cui si volgeva uno sguardo al passato pur smarcandosi dall'estetica di “Heroes”, aleggiava un'algida malinconia, con ★ Bowie ha scritto il manifesto di un futurismo postmoderno che non ha termini di paragone con nessun lavoro precedente. Tutto è nato dalle sessioni di registrazione del brano Sue (Or in a Season of Crime) in cui Bowie ha collaborato con l'orchestra di Maria Schneider, pluripremiata direttrice e compositrice jazz. Da quelle registrazioni Bowie intuisce le potenzialità di sfruttare il lessico del jazz mescolandolo a quello del pop e dell'elettronica. Per fare questo rovescia la prospettiva di osservazione mettendo insieme una band composta da musicisti di estrazione jazzistica come il sassofonista Donny McCaslin, la cui presenza è preponderante in tutto l'album, il bassista Tim Lefebvre, il chitarrista Ben Monder, il tastierista Jason Lindner e Mark Guiliana, di recente entrato tra i dieci migliori batteristi al mondo. Il risultato è un disco da cui scaturisce un flusso sonoro denso, a tratti oscuro e claustrofobico ma con frequenti squarci di luce. 

 

bowieL'iniziale Blackstar è una suite di quasi dieci minuti dall'andamento circolare che si apre alle vibrazioni di “Amnesiac” dei Radiohead fino a quando entra in scena il sax McCaslin, facendo capire come mai Kendrick Lamar e i Boards Of Canada siano stati citati dal produttore Tony Visconti come alcune delle fonti di ispirazione del disco. Se in 'Tis a Pity She was A Shore il sax di McCaslin ricorda le destrutturazioni di Ornette Coleman poggiate su un tappeto ritmico pulsante, con la bellissima Lazarus i toni si placano ed i fiati assecondano la sinuosa natura notturna ed inquieta della traccia, rilasciando aromi alla David Sylvian. Nell'avant jazz di Sue (Or in a Season of Crime) c'è uno spaventoso lavoro sulla parte ritmica, grazie a bowie2Mark Guiliana che dà una prova di tecnica eccellente con le sue sovrapposizioni ai pattern dall'attitudine Massive Attack, mentre la successiva Dollar Days ha un'anima teatrale più vicina all'esperienza di “Hunky Dory”. La conclusiva I Can't Give Everything Away rasenta la perfezione, come l'assolo conclusivo e misurato di Ben Monder sulle cui note cala il sipario. Nonostante ★ dividerà la critica, così come i fans, è innegabile il fatto di essere di fronte ad un disco che guarda al futuro con la sfrontatezza di chi non deve dimostrare nulla e che irradia raggi in tutte le direzioni come un prisma attraversato dalla luce, arrivando a toccare luoghi che non a tutti è possibile raggiungere.  

 

Voto: 8/10
Giuseppe Rapisarda

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