Shel Shapiro – “Beatnix”: Le storie, le poesie e la musica della Beat Generation 10 Agosto 2015, Balestrino (SV)
Sono le 21,30 di lunedì 10 agosto quando Shel Shapiro sale sul palco eretto nelle suggestive Antiche Scuderie del Castello dei Marchesi del Carretto a Balestrino, splendido borgo nell’immediato entroterra in provincia di Savona. Coadiuvato ottimamente da Daniele Ivaldi alla chitarra acustica e Andrea Vulpani alle tastiere e fisarmonica l’ex Rokes propone, per la rassegna di teatro “Stars a Balestrino” della quale da tre anni è direttore artistico, lo spettacolo teatrale “Beatnix” incentrato sui protagonisti di quel movimento intellettuale e culturale che va sotto il nome di Beat Generation scritto con il compianto Edmondo Berselli, e del quale è anche regista.
Più che un vero monologo teatrale l’opera di Shel è un’amabile conversazione col pubblico su quella che è stata la storia dell’America dalla grande depressione del 1929 fino al 1967 in un lungo e accattivante excursus di quasi due ore inframmezzato dalle letture delle prose, delle poesie e dalle canzoni storiche che hanno accompagnato la caduta economica degli USA e la loro rinascita. Ed ecco che raccontando la grande crisi, momento in cui i protagonisti beat erano ancora bambini o adolescenti parte If i had a hammer di Pete Seeger, poi il racconto va avanti come in un romanzo di Faulkner su strade aride e polverose, tra uomini alla ricerca di un lavoro e tra gli hobos che viaggiavano di frodo sopra i treni, finché si arriva e si supera la seconda guerra mondiale e cominciano a fioccare le storie e gli aneddoti su quel gruppo di sballati che hanno cambiato le regole letterarie e comportamentali negli USA fino a quel momento conosciute.
La follia della madre di Allen Ginsberg, la lettura di momenti pregnanti di “Urlo”, quelli di brani di “Sulla strada” (e come non cantare Route 66), l’omicidio involontario della moglie di William Burroughs perpetrato dallo stesso scrittore sotto l’effetto della mescalina in un tragico gioco di tiro a segno, la sua fuga in Marocco, la lettura de “Il pasto nudo”, i folli interminabili viaggi automobilistici di Jack Kerouac e Neal Cassady attraverso l’America, le intemperanze di Gregory Corso che lo porteranno più volte in carcere, la lettura di un frammento della sua poesia più famosa “Bomba”, l’alcol, le droghe, il sesso esibito bellamente e non più nascosto. Sono tra gli ingredienti dell’affascinate narrazione, graditissima al pubblico, che si sommano all’esecuzione di This land is my land di Woody Guthrie, Ring of fire di Johnny Cash, Blowin' in the wind di Bob Dylan e altri classici situati nei momenti storici dell’epoca fino alla nascita del movimento hippie, tra cui gli assassinii dei fratelli Kennedy e di Martin Luther King che aveva un sogno come i Mamas and Papas di California dreamin’.
Tra le cose migliori dello spettacolo i brani letti nella splendida traduzione italiana di Fernanda Pivano, a fronte di quelle numerose e pessime che purtroppo circolano impunemente sia in rete che su libro. Tra i peccati veniali, la figura di Lawrence Ferlinghetti trattata un po’ troppo frettolosamente senza letture e senza citare la libreria/casa editrice City light punto di riferimento e di ritrovo imprescindibile per gli autori beat, e nessuna citazione, neppure di sfuggita, alle donne che pure c’erano: Janine Pommy Vega, Denise Levertov, Anne Waldman, La Loca, e la magnifica Diane Di Prima. Tutto comunque comprensibile per non ingigantire lo spettacolo e se ci si è voluti concentrare sui magnifici quattro: Kerouac, Ginsberg, Burroughs e Corso, tralasciando i pur numerosi e bravi epigoni del favoloso quartetto.
Sfacciatamente osando dare un consiglio di regia a un gigante, in tutti i sensi, come Shel Shapiro, qualche immagine dei protagonisti o dei vari momenti storici, proiettata su uno schermo alla sue spalle non sarebbe stata male. Certo, per chi conosce la Beat Generation è stato un piacevole e godibile ripasso, per gli altri forse la magnifica scoperta di un gruppo di persone che hanno cambiato il mondo al punto, come afferma Shel nel finale, che il loro messaggio è tuttora attuale e portato avanti ancora ai giorni nostri. Finale emozionante, per chi è cresciuto a pane e Rokes, quando dopo queste parole Shapiro dice che senza la Beat Generation forse non sarebbero nate certe canzoni mentre partono gli accordi di E la pioggia che va. Groppo alla gola, almeno per chi scrive, e applausi scroscianti a scena aperta.
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