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2 Novembre 2017

The Dream Syndicate 25 Ottobre 2017, Torino, Spazio 211


dream s.17P1040449 trioIl concerto

 

Un nuovo album formidabile è sicuramente il miglior viatico per ottenere un sold out, come si evince già intorno alle 21, vista la piccola folla di spettatori che inizia ad ingrossarsi col passare dei minuti: nessuno vuole perdersi l’occasione di un simile ritorno in terra sabauda. Quando le prime, potenti note di Halloween iniziano a diffondersi, il locale è stracolmo di teste ondeggianti , buona parte delle quali appartenenti a ragazzi ben al di sotto dell’età media che si prevedeva, a dimostrazione che il tanto strombazzato ritorno in auge del vinile ha permesso ai più giovani di entrare in contatto con le musiche di trent’anni fa, incise su dischi che si trovano frequentemente a cifre irrisorie. La doppietta composta da The Circle e 80 West, entrambe tratte dal nuovo “How Did I Find Myself Here?”, dimostrano che l’audience ha assimilato a dovere il nuovo dream s.17P1040449 trio (2)materiale e la risposta conforta il gruppo, che prosegue in maniera meno contratta rispetto all’inizio e regala una splendida Armed With An Empty Gun (da “Medicine Show”) prima di lanciarsi nella velvettiana Like Mary, nella quale iniziano a distinguersi le tastiere di Chris Cacavas, veterano di mille battaglie, prima coi Green On Red, poi solista, con o senza i Junkyard Love, e ultimamente in coppia con l’ottimo Edward Abbiati (raccomandato il loro “Me And The Devil”), nonché membro aggiunto dei Dream Syndicate sin dall’epoca del loro “Ghost Stories”, quarto e ultimo capitolo prima di questo magnifico ritorno.

 

dream s.17P1040449 trio (3)Dopo Filter Me Through You, ancora un estratto dal secondo album: Burn, intrigante come sempre. Ma per Steve Wynn e soci (compresa Linda Pitmon, sua moglie, che compare ogni tanto  a suonare qualche percussione) è il momento di tirar fuori dal cilindro una vera chicca: chi avrebbe scommesso di poter sentire Whatever You Please? Mi guardo intorno e tra gli anagraficamente affini scorgo più di un paio di occhi lucidi, sentendomi così meno solo in questa deliziosa bolla temporale provocata da un brano splendido che giaceva nel dimenticatoio da troppo tempo (apparteneva a Ghost Stories). Due pennate a far da intro e parte The Medicine Show, versione potente con pubblico partecipe che canta a dream s.16P1040370squarciagola. Wynn sorride, è entusiasta del calore che sente attorno alla sua creatura. Ed ecco l’idea di “momento clou” che alberga nella testa dei nostri: la batteria di Dennis Duck e il basso “che pompa” di Mark Walton annunciano la title track del nuovo album, ancora più funky che su disco e con la funambolica chitarra di Jason Victor a disegnarne i contorni psichedelici: si parte per la stratosfera, più di un quarto d’ora di goduria sonora così intensa che nessuno si accorge di lasciarsi cullare dal ritmo da così tanto tempo. Stiamo vivendo una serata indimenticabile.  Anche Forest For The Trees, con quell’incedere alla Long Ryders, non era prevedibile, ma appena il cappello di Walton comincia a seguire il ritmo dell’introduzione di  That’s What You Always Say  anche gli ultimi freni inibitori vengono abbandonati e tutti, anche i più canuti, fanno headbanging  finchè quel gioiello tratto da “The Days Of Wine And Roses” confluisce in una versione mozzafiato della stessa title track.  

 

...il rientro

 

dream s.17P1040449 trio (1)Steve saluta, gli altri s’inchinano, ma il pubblico non ci sta: ne vogliamo ancora, il muro di suono non è ancora demolito. Quella chitarra così “80’s english pop” che introduce la splendida Glide ci fa tornare alla bontà dell’ultimo album, prima di ripiombare nella magnificenza del lontano esordio di Tell Me When It’s Over : brividi scorrono nella schiena di chi all’epoca c’era, ma anche di chi si trova per la prima volta al cospetto di questi autentici rock heroes. L’aspettavamo, eccola: Boston piomba sulla sala in tutta la sua magnificenza, ed è un tripudio che raggiunge vertici impossibili da sopportare quando, nel bel mezzo della canzone, si distinguono le note “amiche” del ritornello di Refugee, un omaggio alla memoria di Tom Petty che tutti si attendevano in forma diversa e che proprio per questo risulta ancora più commovente. Questa volta se ne vanno davvero? E Merrytville? E John Coltrane Stereo Blues? Eccoli: rientrano, ma c’è solo più spazio per una When You Smile cantata senza microfono, dopo aver chiesto e ottenuto il silenzio totale. Lacrime. Vi vogliamo bene, ragazzi: tornate presto.   

 

Massimo Perolini

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