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11 Settembre 2012 , ,

Thee Oh Sees PUTRIFIERS II

2012 - In The Red Records
[Uscita: 11/09/2012]

Thee oh Sees, Putrifiers II (In The Red Records# Consigliato da DISTORSIONI

 

Una diluizione nella psichedelia sciamanica e visionaria imbevuta di Suicide e ritmi sghembi. Qualcosa che in parte smussa le asperità abrasive e l’istintiva verve lo-fi dei precedenti lavori, moltissimi e azzeccatissimi per la verità, ma che in un certo qual modo porta avanti l’innata capacità del gruppo di mantenersi in orbite di leggerezza e frizzantezza, di compiere ripescaggi e rileggerli in chiave scanzonata, di mantenere orecchiabilità estrema e giocoso coinvolgimento servendosi di ripetitività ossessiva e folli baccanali rumoristi. Quindi un viraggio di rotta che però finisce per riportare alla luce i colori originali Thee oh Sees, le atmosfere disincantate ed evasive flower power che li contraddistinguono. Immersione sensoriale e sapientemente nostalgica nell’acido multicolor venata di rimandi rock e blues. Allusioni primordiali e sfuggenti ai conterranei Grateful Dead, polistrumentalità ammorbidita, deviata tra ricerca melodica – che ci riporta alla vena cantautorale espressa in “Castlemania” - e sperimentalismo allucinato, inquieto e sardonico, schizoide e irriverente che ci parla di una band che ha l’intelligenza di non prendersi sul serio.

 

 

Wax Face, chitarra romp e un garage punk piuttosto metronomico, da leggersi tra le righe. La poesia acustica di Wicked Park. La genialità di John Dwyer sa catturare stille e pulviscolo di retromania per buttarli magnificamente in caciara. Si serve in questo lavoro di esilarante devastazione dei tocchi di sax di Mikal Cronin, della tromba di Heidi Maureen e della viola di K Dylan Edrich. Del resto la vocazione Sees è votata alla teatralità, ad un art rock sospeso tra influenze beat anni ’60 scanzonate e allegre e texture grezza con groove nevrotico, tendente al no wave. Will we be scared è un esempio tangibile, con espliciti richiami al suono Pixies. O So Nice che sembra un raduno mistico e naturalistico tra oriente e cultura hippie: i Velvet Underground in visone che piombano nell’harem di Ravi Shankar. Le nenie alienate di Alan Vega sono rielaborate in chiave ludica e sicuramente meno oscura in Lupine Dominus e Putrifiers II. Screziature di colori lividi nei coretti demenziali di Flood’s New Light e Goodnight Baby. Tutto artisticamente stupefacente e coerente, perfino nell'orrore in crescendo espresso nell'artwork di copertina, semplicemente disgustosa.

Romina Baldoni

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