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17 Agosto 2014 , ,

Ty Segall MANIPULATOR

2014 - Drag City Records
[Uscita: 26/08/2014]

manipulator                                                  # Consigliato da Distorsioni

Ty Segall, ex enfant prodige di Laguna Beach, California ma beniamino e mascotte della Bay Area, chiude un cerchio iniziato nel maggio del 2012 quando uscì il primo di quattro dischi pubblicati in poco più di un anno: “Hair”, in collaborazione con White Fence, che puntava lo sguardo verso un garage sbilenco e in odore di pop psichedelico anni ’60, proseguito poi con le uscite a nome rispettivamente di Ty Segall Band e Ty Segall, “Slaughterhouse” e “Twins”, rilasciati prima della fine dell’anno. Il 2012 è stato quindi un anno mirabilis per Segall che si è distaccato definitivamente con questi tre album dalla scena psych garage di San Francisco: sono lontani i tempi di “Melted” (2010); Slaughterhouse, forse il miglior disco di Segall, è un magma ribollente di garage punk, noise e rock’n’roll isterico, mentre Twins riapplicava la solita formula  canzone più adatta al pubblico indie- mainstream, una sorta di svolta stoogesiana al power pop.

 

Mentre è poi occupato in una furiosa attività live, nell’agosto del 2013 rilascia “Sleeper”, album che guarda ai sixties più folk, ai Byrds, al Dylan del 1966, a CSNY: folgorato, sembra essere diventato il fiore all’occhiello del classic rock nel mondo indie. Cita Neil Young (che diventa una sorta di nume tutelare, di cui si farà anche tatuare il nome tysegallsull’interno del braccio), Black Sabbath, Jimi Hendrix, Iggy Pop e di lì ad ottobre uscirà infatti “Fuzz”, primo disco dell’omonimo complesso in cui Segall suona chitarra e batteria per un suono definito “proto -metal”, dai risultati discutibili. Con “Manipulator” , album che ha impiegato 14 mesi per poter vedere la luce, Segall approda in un certo senso nel mondo adulto: non è più il ragazzino di 19 anni a cui John Dwyer mise una chitarra in mano, ma un uomo di 27, che calmati gli spiriti della giovinezza si concentra e richiede un po’ più di tempo per mettere a fuoco le proprie istanze artistiche. E Drag City lo accontenta mettendo a sua disposizione uno studio di registrazione nel “senso classico del termine”. 

 

Manipulator non è quindi solo un disco in cui si contano ben 17 canzoni (contro, ad esempio le appena 9 di “Horn The Unicorn” del 2008) ma è anche un disco che possiede una maggior qualità di arrangiamenti, una maggior cura, si sente la presenza di una produzione e di un lavoro di overdub, che in altri dischi di Segall erano sacrificati a favore dell’emozione di pancia. Segall mette a frutto ciò che ha imparato in questi ultimi anni eTy-Segall_Manipulator_Tour_Dates_2014 quello che ne viene fuori è l’aufhebung dei diversi generi sperimentati: nella seconda parte del disco si sente l’influenza folk di Sleeper (The Clock, The Hand, Do You Want To Know? (Sue,)Green Belly, nelle ballate The Feels e Stick Around). Nella prima parte, a farla da padroni sono i singoloni à la Twins, come la title-track, Tall Man Skinny Lady, The Singer, It’s Over, Who’s Producing You?, Susie Thumb , ma non mancano momenti che fanno pensare a quel capolavoro rabbioso e sbavante che fu Slaughterhouse (The Faker, The Crawler, Feel) con un un incedere sabbathiano, oscuro e al tempo stesso ritmicamente quasi krauto, dove Segall inalbera assoli di fuzz, colate di distorsioni rovinose.

 

I momenti più freak, per gli amanti del minore Hair, si possono riscontrare in Mistery Main, una filastrocca jangle pop dai toni vagamente psichedelici, con alcune note di pianoforte. Se musicalmente Segall sembra aver rafforzato la propria scrittura, aver guadagnato una certa confidenza col formato canzone, liricamente i contenuti sembranoty-segall-sleeper-stream ruotare attorno alla figura dell’artista e al mondo dello spettacolo. Non solo nei titoli (Who’s Producing You, The Singer o  Manipulator sono piuttosto esemplificativi come titoli) o nei testi (“Sitting in the screen/ She wants to be free”, da Susie Thumb), anche nella tensione nei confronti del successo, dello showbiz, per dirla in termini poco nobili. Una cosa è certa, l’opera di Segall è segnata a restare, come esempio di una mente capace di rivoltare i generi musicali e di poterli  come se fossero vestiti malconci, cosa che solo pochi grandi sanno davvero fare.

 

Voto: 8.5/10
Ruben Gavilli

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