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17 Giugno 2018 , ,

Etran De L'Aïr No. 1

2018 - Sahel Sounds
[Uscita: 4/06/2018]

Niger     #consigliatodadistorsioni

 

La label Sahel Sounds di Christopher Kirkley si distingue per aver concentrato la sua attività nello scoprire e dare visibilità internazionale a musicisti dell'Africa Occidentale che fino a quel momento avevano limitato la loro attività nell'ambito della propria regione di origine. E' questo il caso di Etran De L'Aïr, attivi dal 1995 e provenienti dalla regione montagnosa del Nord del Niger chiamata appunto Aïr e di base nella città di Agadez, una delle capitali del desert blues, e al centro fin dalla sua fondazione di traffici e commerci che ne hanno fatto una città multiculturale. Numerose le guitar band che suonano nelle più importanti cerimonie civili e sociali, matrimoni, battesimi, feste, eventi pubblici. Anche gli Etran De L'Aïr sono attivi in questo circuito e nella loro musica si respira concepire l'attività artistica come evento collettivo e sociale, punto di incontro di un'intera comunità. Le due chitarre soliste, più una terza ritmica, si alternano e rincorrono in lunghe tirate strumentali trascinanti e irresistibili, in grado di scatenare balli ritmici e l'entusiasmo di chi ascolta. Perché per i musicisti del Sahel la musica nasce e vive nel contesto sociale di appartenenza e non può prescindere da un senso profondo della comunità e della condivisione di tutti gli aspetti della vita.

 

Nelle comunità tuareg la chitarra elettrica è diventato lo strumento attraverso il quale esprimersi, supportata dai groove potenti e meccanici costituiti dalle percussioni e dal basso, numerosi ed eccellenti gli esempi di musicisti nigerini che incentrano la loro musica sullo strumento a sei corde, da Bombino a Les Filles d'Illighadad, dal Group Imarane ai Tal National a Mdou Moctar. Non fanno eccezione gli Etran, il cui punto di forza è l'intreccio delle due chitarre con i loro vibranti assolo che si inseguono e si avvolgono in un suono  trascinante e ipnotico dalla forza irresistibile, le note della chitarra sembrano allungarsi indefinitamente, penetrare nei nervi e nelle cellule, e come droni avvolgenti ti legano nelle spire di un blues dal fascino antico e psichedelico. C'è qualcosa di magico e misterioso reso ancor più iresisitibile dai cantilenanti  canti tribali e ancestrali che sembrano provenire dalla notte dei tempi. Non è facile trovare negli ultimi anni un esempio più mirabile e affascinante dell'assolo di chitarra che innerva Mon Amour, sublime nella sua disarmante semplicità, le corde vibrano come le emozioni dell'animo umano, sembrano parlarci e suggerirci parole che invitano alla comunione e all'amore, alla gioia e alla libertà. Ogni brano è una cascata di suoni ipnotica e scintillante, come nei torrenziali nove minuti di Hadja, un lentissimo e implacabile crescendo con il drone circolare della chitarra che stordisce e lascia attoniti, diciamocelo pure dischi di guitar rock così in Occidente non se ne fanno più, l'unico paragone possibile è forse con le phin band thailandesi. Davvero  "No. 1" è uno dei dischi più sorprendenti e affascinanti usciti in questa prima metà dell'anno.

Voto: 8/10
Ignazio Gulotta

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