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1 Giugno 2014 , ,

Fennesz BECS

2014 - Editions Mego
[Uscita: 29/04/2014]

Fennesz_Bécs-650x650#consigliato da Distorsioni

 

Christian Fennesz è uno di quegli artisti autentici che sono in grado di rinnovarsi ogni volta, senza stravolgere la propria impalcatura ideologico-musicale. Un gran pregio, davvero, indice, altresì, di grande coerenza espressiva e onestà intellettuale. Con questo “Bécs”, che segue di due anni la splendida soundtrack “AUN” e di ben sei il valido album “Black Sea”, ove non si voglia far menzione delle molteplici collaborazioni con artisti del calibro di David Sylvian e Ryuichi Sakamoto, il musicista austriaco confeziona un prodotto di eccellente fattura, affiancato da ragguardevoli coadiutori: Cédric Stevens al sintetizzatore modulare, Werner Dafeldecker al basso, Martin Brandlmayr e Tony Buck alla batteria e alle percussioni. Non si cada nella tentazione di ascrivere questo disco a una sorta di appressamento a stilemi pop, sol perché esso appare più aperto a sonorità meno consuete al geniale chitarrista e compositore Fennesz. Né è lecito, a nostro avviso, andare a ricercare improbabili filiazioni dal prodigioso “Endless Summer”, con gran profluvie di retorica. “Bécs” è un lavoro a sé, certo non alieno a quelle che sono sempre state, per grandi linee, le caratteristiche sonore e la peculiare traccia stilistica del Nostro.

 

fenneszUn album dalle fluenti e acquatili note, di quando in quando attraversate da repentini brividi elettronici, come nell’inaugurale Static Kings, o anche nella splendida Liminality, dove la chitarra di Fennesz, coniugata a sapienti intarsi di morbida elettricità, scorre via come su uno spettro di colori crepuscolari, spandendo cerebrali sinestesie e sensazioni di placida e poetica melanconia. Non mancano, certo, frammenti di maggior portata abrasiva, uno sfregamento degli strumenti sulla viva roccia del suono, diremmo: The Liar ne è l’esempio palpitante; Sav recupera sentieri di mera matrice sperimentale, cascate di suoni ambient che assumono incandescenza man mano che il filo musicale si snoda lungo i percorsi neurali della mente. Un notturno sinfonico per sintetizzatori è, invece, Pallas Athene, atmosfere di pura ascendenza meditativa  innervate su un tessuto sonoro sinuosamente elettronico, ebbro di riferimenti neo-classici (quasi un doveroso omaggio e un ovvio riferimento alla fulgida dea greca della sapienza, evocata nel titolo), per una traccia che rappresenta uno degli episodi artistici più efficaci di un disco che assurge a una tale rarefazione di note, e a una così intensa raffinatezza concettuale, da sfiorare il capolavoro.


Voto: 8/10
Rocco Sapuppo

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